Il Presidente: Discorsi

Auguri di fine anno

Discorso pronunciato al Quirinale in occasione dello scambio di auguri di fine anno

20 Dicembre 2006

Signor Presidente della Repubblica,
sono davvero lieto di esprimerLe, in occasione delle festività del Santo Natale e di fine anno, gli auguri più affettuosi anche a nome del Presidente della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Presidente della Corte Costituzionale, delle Autorità civili e militari della Repubblica e di tutti i presenti.
Voglio cogliere l'opportunità che mi è offerta oggi per manifestarLe, interpretando certamente il sentimento del Paese intero, gratitudine e riconoscenza per il forte senso di equilibrio con cui Ella sta esercitando la Sua responsabilità. Attorno al Capo dello Stato, primo custode della Costituzione repubblicana, tutti gli italiani, qualunque sia il loro credo politico, si ritrovano uniti.

Siamo al termine di un anno che ha visto importanti appuntamenti per la vita civile e politica del Paese: le elezioni generali, l'insediamento del nuovo Parlamento che, come primo atto, ha eletto Lei alla più alta Magistratura della Repubblica, la formazione di un nuovo Governo e lo svolgimento del Referendum sulla Costituzione. I cittadini italiani, con la loro partecipazione e con le loro scelte, sono stati i protagonisti di questa intensa stagione che ha avviato la nuova Legislatura.
Abbiamo celebrato, proprio quest'anno, i sessant'anni della Repubblica. Era il 1946. L'Italia stava appena emergendo dalle macerie fisiche e morali della guerra e da una dittatura che, per oltre due lunghi decenni, aveva oppresso intelligenze e coscienze.
Prendeva le mosse, in quei mesi, una stagione difficilissima, senza dubbio la più impegnativa del nostro Paese. Una stagione di ricostruzione e di crescita, di attuazione dei principi cardine della nostra Repubblica.

Noi dobbiamo alla grandezza delle leadership politiche di allora - a quelle della maggioranza e a quelle dell'opposizione - se l'opera è stata possibile.Sappiamo bene che nella Costituente sono state scritte pagine tra le più alte e nobili del confronto culturale e politico dal dopoguerra ad oggi. Ora che l'anno volge al termine il mio auspicio è che non si disperda la memoria viva di quella stagione, che è memoria di avvenimenti ma anche di uomini, di volti, di pensieri, di parole e di simboli perché su di essi poggia la solidità del nostro edificio repubblicano.
A quei "genitori" della nostra democrazia, a quelle donne e quegli uomini che hanno scritto la Costituzione e guidato il Paese negli anni drammatici del dopoguerra, credo, davvero, che dobbiamo rendere l'omaggio che meritano. Soprattutto, dobbiamo amare l'Italia come essi l'amarono. E desiderare, con la stessa intensità con cui essi la desiderarono, l'unità del Paese.
Unità territoriale, certo, ma anche unità forte di intenti e di sentimenti.

«Il nostro principale assillo è rinsaldare l'unità della Nazione e la coesione della società italiana».
Queste Sue parole, Signor Presidente, pronunciate nell'incontro con Papa Benedetto XVI, devono collocarsi all'apice degli intendimenti di tutti coloro che hanno a cuore il bene dell'Italia.
Quest'impegno, ne sono sicuro, è avvertito da quanti hanno responsabilità pubbliche, ad ogni livello.
La "politica" non deve privilegiare più gli elementi di pregiudiziale contrapposizione. Deve piuttosto animare il confronto, anche dialetticamente aspro, ma in una cornice di vero rispetto e di considerazione per le ragioni dell'avversario.

Voglio qui rammentare ancora un passo del Suo discorso del 15 maggio davanti al Parlamento riunito: «Il fatto che si sia instaurato un clima di pura contrapposizione e di incomunicabilità, a scapito della ricerca di possibili terreni di impegno comune, deve considerarsi segno di un'ancora insufficiente maturazione nel nostro Paese del modello dei rapporti politici e istituzionali già consolidatosi nelle altre democrazie occidentali».
Nei mesi trascorsi ancora troppo pochi passi sono stati compiuti nella direzione di un rasserenamento dei rapporti tra gli schieramenti politici che è, insieme, premessa e condizione perché il sistema bipolare - oggi così profondamente radicato nel sentimento degli italiani - evolva verso una condizione di effettiva maturità.

Mi sento di auspicare, quindi, che il nuovo anno segni momenti decisivi lungo questo percorso di maturazione. In tal senso rivolgo un appello alle Forze politiche, tutte, affinché cresca la consapevolezza di questa necessità e operino, convintamente e coralmente, a questo scopo.
Un bipolarismo maturo è, dunque, un bipolarismo temperato. Un sistema, cioè, saldamente ancorato ad una base comune e condivisa che consente sì una forte dialettica tra le parti, senza per questo oscurare ciò che unisce, né tantomeno precludere la possibilità di convergenze in nome di obiettivi primari per il Paese come, appunto, alcune qualificanti riforme.
Le regole fondamentali per la nostra vita comune, dunque, devono sempre essere scritte con una larga condivisione. Ma il bipolarismo, per consolidarsi davvero, ha bisogno anche di un forte senso di lealtà di fondo, di una lealtà davvero "sostanziale", e non solo formale, di tutto il sistema pubblico.

Le Istituzioni sono di tutti e devono garantire tutti, al di là delle maggioranze che democraticamente si costituiscono per l'esercizio delle responsabilità di orientamento e di governo.
Imparzialità non significa astratta neutralità delle Istituzioni.
Istituzioni moderne devono piuttosto improntarsi ad una efficacia nuova che significa, anzitutto, senso di leale collaborazione con le altre Istituzioni della Repubblica e con tutti i cittadini, che significa assunzione chiara di responsabilità e significa - ancora - la possibilità di essere valutate e giudicate per le azioni svolte, e non solo per gli atti o le decisioni politiche da cui hanno preso vita.

Questo impegno è, davvero, alla base del necessario sforzo di riforma e di semplificazione di tutti gli apparati pubblici che i cittadini e le imprese ci chiedono a gran voce.
Dopo anni di difficoltà l'economia del Paese dà primi segni di ripresa. Al di là dei dati, l'elemento significativo è offerto dalla vitalità del nostro sistema produttivo, dalla capacità di reggere la competizione internazionale e l'espansione di economie, come quelle asiatiche, caratterizzate da eccezionali tassi di sviluppo e di penetrazione nei mercati.
Siamo però, appunto, ai primi segni. La crescita va incoraggiata e agevolata. Nel 2007 è attesa, non solo dalle imprese, una fase di rilancio che riesca a sfruttare al meglio il vento della congiuntura favorevole.

Il nuovo anno ci offrirà un risultato significativo sul piano interno ed internazionale: il ritorno sotto la soglia del 3 per cento del rapporto deficit/Pil. E' necessario, però, che questo equilibrio virtuoso si confermi e, quindi, che resti alta la vigilanza sui flussi di spesa pubblica anche allo scopo di evitare che, nel futuro, eventuali ulteriori aggiustamenti ricadano pesantemente solo sulle spalle dei cittadini.
Un Paese moderno non può più sopportare i livelli di evasione fiscale che si registrano in Italia. Centinaia di milioni di euro vengono sottratti alle politiche di sviluppo, alle politiche sociali, alle politiche per l'innovazione, alla ricerca, alla promozione dell'eccellenza: la denuncia morale contro questo comportamento ai danni degli italiani che pagano le tasse e rispettano le leggi si deve levare alta e deve essere costante.
L'equilibrio tra una giusta e proporzionale pressione fiscale, e l'efficacia complessiva dell'azione dello Stato e di tutto il sistema pubblico deve rappresentare un obiettivo costante delle Istituzioni a tutti livelli.

Il 2007, Signor Presidente, non sarà un anno come gli altri per l'Europa. In primavera cade il cinquantennale dei Trattati di Roma che, ricordo, il Parlamento italiano, con una iniziativa congiunta delle Camere, si appresta a celebrare in maniera forte insieme a tutti i Parlamenti dell'Unione.
L'Unione europea ha bisogno di riprendere il suo cammino di coesione, la "lunga marcia" verso la costruzione di quel soggetto politico centrale nello scacchiere mondiale, davvero necessario per noi, per l'Europa, per contribuire alle nostre responsabilità di europei nello sviluppo del mondo.
Lo scenario internazionale è cambiato profondamente. Equilibri economici e geopolitici sono mutati in questi decenni. Ed è bene farsi carico dei cambiamenti e delle novità e misurarsi con esse.
Il nostro Paese, con tutte le Istituzioni che qui sono rappresentate, con tutti i suoi cittadini e le sue cittadine, è chiamato ad assumersi nuove e più consapevoli responsabilità.

Con questi auspici rivolgo ancora un sincero augurio a Lei, Signor Presidente, e a tutti i presenti.


Informazioni aggiuntive

FINE PAGINA

vai a inizio pagina