Il Presidente: Discorsi

I Protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000

Discorso pronunciato al Forum Internazionale ConfCommercio che si è svolto nella Villa d'Este di Cernobbio

18 Marzo 2007

Signore e Signori,
davvero con piacere ho accettato il caloroso invito che mi ha rivolto il Presidente Sangalli a partecipare ai lavori del vostro Forum internazionale sull'economia italiana. E questo non solo per la lunga amicizia e stima che mi lega al vostro Presidente Sangalli - per il suo appassionato lavoro per la crescita della vostra Confederazione - ma anche perché, questo Forum, mi offre l'occasione per riflettere con voi sui temi economici, fuori da un contesto direttamente politico.

Come credo ben sapete, l'incarico che mi è stato affidato al Senato è molto più impegnativo di quanto io non potessi, onestamente, immaginare. Questa situazione non mi preoccupa più di tanto, sul piano personale, però, certamente, mi lascia davvero poco tempo per avere incontri e confronti qualificati come quello che si sta qui svolgendo. Ecco perché sono venuto davvero volentieri e vi ringrazio per l'invito. So che avete ascoltato già tante considerazioni e valutazioni di esperti qualificati e di esponenti delle Istituzioni. Io vorrei solo, brevemente, soffermarmi su tre aspetti che mi sembrano importanti in questa fase.

Il primo, dal quale vorrei partire, è quello che riguarda la nostra situazione economica.
Veniamo fuori da cinque lunghi anni davvero difficili, dove le tensioni internazionali - per i noti fatti del terrorismo di matrice fondamentalista - avevano concorso, in modo determinante, a rallentare l'espansione dell'economia europea e degli altri Paesi occidentali. L'Italia, anche per il peso della finanza pubblica, ha risentito di più di questa situazione e, addirittura, si sono formulate teorie e valutazioni sul possibile declino della nostra economia produttiva. Ricordo, chiaramente, la sorpresa di molti quando, nell'autunno scorso, alcuni centri di ricerca - e il Censis di De Rita fra i primi - cominciarono a dire che eravamo entrati in un percorso di ripresa che poteva avere i caratteri di un nuovo boom espansivo.
Il nostro Paese, le nostre imprese, la nostra capacità di lavoro hanno ripreso quota e hanno iniziato nuovamente a pedalare, soprattutto attraverso la maggior produzione di beni strumentali e di consumo, e l'aumento degli ordinativi dall'estero.
La realtà concreta, fuori da schemi ideologici, ha cancellato ogni visione declinista e ci ha riportati dentro un processo di crescita vero, del quale, però, dobbiamo cogliere bene i tratti peculiari, per sostenerlo e rafforzarlo, in un contesto economico globalizzato.
I dati del 2006 sono noti e hanno stracciato ogni previsione. Quelli del 2007 poi, valutati pochi mesi fa' in discesa rispetto all'anno precedente, saranno invece migliori.

Gli osservatori internazionali più scrupolosi ci dicono, poi, che non ci sono elementi che possano far pensare che, anche nel 2008, non si mantenga la stessa dinamica, intorno al 2% di crescita del PIL. Ripeto queste cose perché credo che dobbiamo considerare con più fiducia e positività questo andamento, che dipende soprattutto dalle capacità proprie interne dell'economia italiana, da quel "fai da te" che tante volte ci ha aiutato.
Dobbiamo maturare una più forte consapevolezza sulle qualità particolari del nostro sistema produttivo, che è robusto, è reattivo, ed è capace di adattarsi strutturalmente ai mutamenti delle esigenze dei mercati.

Trovo poi, davvero, politicamente un po' ingenuo quel tipo di polemica sui meriti di questa ripresa che - dobbiamo essere franchi con noi stessi e con gli italiani - nessun Governo aveva chiaramente previsto, né quello precedente, né quello attuale.
Dobbiamo, piuttosto, convincerci tutti, molto di più, che i grandi Paesi emergenti - come la Cina, l'India o il Brasile - non sono solo potenti competitori, ma sono, per una economia come la nostra, straordinari mercati per i nostri prodotti di qualità, e per la nascita di nostre nuove imprese in quelle aree. E' chiaro che, per fare questo, è necessario, ad esempio, che le nostre piccole e medie aziende vengano sostenute di più e meglio per proporsi i questi grandi mercati.
Dunque, una significativa ripresa è in atto, trainata dalle nostre capacità di export.

Quali sono allora i problemi economici da affrontare ?
Le misure di politica economica necessarie ?
Ed è questo il secondo spunto del mio intervento.
Un elemento di debolezza della nostra ripresa è proprio intrinseco al suo stesso carattere fondamentale che è quello dell'export. Questo significa, anzitutto, che la crescita è affidata, quasi esclusivamente, a condizioni esterne e che i suoi effetti sono concentrati i alcune aree e comparti e non sono adeguatamente distribuiti in tutto il Paese. Questo, in parte, spiega anche perché, lo sviluppo in atto, anche consistente, non è ancora accompagnato da un forte e diffuso clima di fiducia delle famiglie e dei cittadini.
Allora che fare per consolidare, per allargare, e per distribuire i frutti delle ripresa in atto e di quella maggiore possibile ?

Le risposte sono abbastanza semplici e complesse al tempo stesso.
Bisogna, infatti, intervenire sul sistema dei servizi e sul fronte della domanda interna.
Il grande pedale da spingere, per espandere la nostra crescita è, dunque, proprio quello dei servizi, alle imprese e alle persone, facendo di questo settore, non un comparto ausiliario, ma un fronte centrale della politica economica generale.
Sul tema delle liberalizzazioni alcuni primi passi sono stati compiuti, proprio nella direzione di rendere più efficienti e competitivi alcuni servizi e di potenziare le capacità di spesa del consumatore. Penso alle norme varate per la concorrenza dei servizi professionali, per semplificare le procedure per la distribuzione commerciale, per la vendita di prodotti farmaceutici, per incrementare i pagamenti elettronici, per i carburanti, per ridurre i balzelli su telefonini, mutui abitativi, passaggi di proprietà di automobili.

Non spetta a me entrare nel merito tecnico di ciascuna di queste misure.
Voglio solo sottolineare che la direzione di marcia mi sembra quella giusta e che, se vogliamo davvero modernizzare il Paese, dobbiamo capire che è necessario intervenire con il cesello sulle diverse tessere che compongono l'enorme mosaico dell'economia dei servizi. E con un cesello talvolta ben affilato se vogliamo grattare le incrostazioni che il tempo ha formato in molti comparti privi, da troppi anni, di aggiornamento.
Aprire al mercato una maggior quota di servizi è, dunque, una vera sfida per la crescita economica e credo che ora sia giunto il momento di intervenire anche con misure idonee per diminuire il costo dell'energia - anche aumentando la quota delle fonti rinnovabili e pulite - e per liberalizzare i servizi pubblici locali, superando anche prevenzioni ideologiche.

Voglio solo fare un esempio nel settore idrico: è chiaro che l'acqua è un bene pubblico primario e che le fonti e i grandi bacini di accumulo devono essere protetti e regolati, in modo stringente, da organismi pubblici. Ma perché la distribuzione finale, quella che porta i rubinetti nelle case e nelle imprese, non può vedere un incremento della competizione, una maggiore presenza di imprese private che, con regole serie, assicurino servizi più efficienti e tariffe più vantaggiose ? Con politiche mirate nel campo dei servizi si potenziano allora, le famiglie e i loro consumi, perché i risparmi conseguiti con una maggiore concorrenza possono andare ad incrementare il potere d'acquisto e la capacità di spesa per i consumi interni.

Ma non voglio poi sorvolare sul tema della politica sociale e delle necessarie innovazioni per tutelare di più il lavoro flessibile e precario, per riequilibrare la spesa pensionistica, per dare ammortizzatori sociali che sostengano i redditi.
Siamo alla vigilia di una tornata di confronti e di concertazione fra il Governo e le Parti sociali.
Il mio auspicio è che non ci si accontenti delle poche risorse disponibili, con la sola preoccupazione di distribuirle nell'immediato, ma che si pongano anche le basi per un ragionamento strategico, che abbia al centro alcune delle cose che ho cercato di dirvi sulle politiche dei servizi, sulla crescita della domanda interna e sul potere d'acquisto delle famiglie, dei lavoratori e di tutti i cittadini. Il ruolo che i vostri settori e le vostre organizzazioni devono svolgere è, in proposito, fondamentale, per contribuire ad un accordo equilibrato e robusto, che possa produrre effetti positivi per la crescita di tutti.

Prima di concludere non possono, però, non fare qualche considerazione più strettamente politica, sugli scenari della legislatura in corso.
Ed è questa la terza questione che vi propongo.
Pochi giorni dopo la mia elezione a Presidente del Senato, vedendo la concreta situazione che si era determinata, ho cominciato a dire che bisognava porre mano a cambiare questa legge elettorale che ha reso precaria la governabilità e che ha, praticamente, annullato ogni potere del cittadino nei confronti della scelta dei rappresentanti.
Oggi, questo confronto è finalmente partito e spero che trovi, entro tempi ragionevoli, primi elementi di convergenza larga, anche per dare certezza al sistema che, al termine della legislatura - che mi auguro sia nei tempi fisiologici - vi siano regole che diano stabilità e più forza ai Governi, che possono favorire coalizioni più omogenee per governare, e non solo per vincere le elezioni.

Credo anche che alcuni aggiustamenti costituzionali debbano essere delineati, soprattutto in materia di bilanciamento dei poteri fra centro e periferia - con una drastica riduzione dei conflitti e delle duplicazioni - e del completamento del federalismo fiscale, con un equilibrio più efficiente fra le esigenze di legare i territori con il proprio gettito tributario e quelle di una maggiore giustizia generale, per assicurare la piena attuazione dei diritti sanciti dalla Costituzione a tutti i cittadini italiani del nord e del sud del Paese.
Ho già detto che, per fare queste cose, non c'è bisogno di Governi a maggioranze variabili, ma di un Parlamento dove il bipolarismo si rafforzi e si esprima a livelli alti di capacità di confronto e di responsabilità. Sono profondamente convinto, senza retorica - e chi mi conosce sa che non c'è cosa che evito di più - che questa sfida sia possibile e che questa legislatura possa ragionevolmente portarci dei risultati positivi che consentano al nostro Paese una lunga stagione di crescita economica e democratica.



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