Il Presidente: Discorsi

Celebrazione del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi

Discorso pronunciato nell'Aula del Senato

4 Luglio 2007

Signor Presidente della Repubblica,
Signor Presidente della Camera,
Autorità,
Signore e Signori,
con questa Assemblea straordinaria presso il Senato della Repubblica intendiamo aprire la celebrazione del Bicentenario dalla nascita di Giuseppe Garibaldi.

Prima di dare la parola agli oratori ufficiali di questa commemorazione consentitemi di esprimervi un mio pensiero su questa straordinaria figura che ha percorso tutto il nostro Risorgimento, fino all'Unità dell'Italia, e che proprio nel lavoro parlamentare ha concluso la sua vita, prima del definitivo ritiro nell'isola di Caprera.

La personalità di Garibaldi è multiforme, come i suoi interessi in molteplici campi e, soprattutto, come le sue azioni in molte regioni del mondo a sostegno dell'emancipazione e della libertà dei popoli. Forse nessun'altra figura riassume come lui le passioni, gli entusiasmi, le speranze, le idee del primo Ottocento.

Garibaldi è stato definito, da un autorevole storico, "un rivoluzionario disciplinato". Mi sembra una espressione efficace che riassume il suo movimentismo, la sua fede nell'azione, nel fare, con il suo senso radicato delle istituzioni. Lui, repubblicano, che consegna l'Italia meridionale al Re Vittorio Emanuele II. Lui che pronuncia il celebre "Obbedisco", frenando il suo impeto per la liberazione di Roma prima del tempo.

Come pochi Garibaldi sente profondamente gli umori popolari, le sofferenze e le ansie delle diverse classi sociali, specie delle più umili. Di tutto questo fu interprete positivo. Sente le trasformazioni della società e si muove sulla scena come un moderno eroe di massa, come un moderno comunicatore naturale, interprete di nuovi bisogni collettivi.

Corsero dietro a lui aristocratici, borghesi, intellettuali, liberali e non, popolani, financo taluni sacerdoti a smentire un suo presunto senso antireligioso. Il suo fu, per la prima volta, un esercito di tutti, un esercito volontario, sostanzialmente non violento, mosso dal desiderio di animare il popolo, di risvegliarne la coscienza e l'impegno per una Patria comune.

Garibaldi fu, e rimane, molto amato nell'immaginario e nel sentimento popolare, e meno in quello di talune elite colte e intellettuali. Eppure, ritengo che il suo carattere vitale e vulcanico rimane iscritto profondamente nel nostro carattere nazionale. Garibaldi fu, al tempo stesso, animato da uno spirito pragmatico e duttile. Non si fermava mai di fronte alle sconfitte. Piuttosto ne faceva tesoro per cercare il modo di vincere. E ritengo, altresì, che la sua figura e il suo impegno dovrebbero essere riletti, senza pregiudizi ideologici, senza occhiali interessati a parziali verità storiche.

Comprendere a fondo Garibaldi vuol dire, infatti, comprendere e amare il nostro straordinario e multiforme Paese, le nostre tante identità locali di Paese non centralista, le nostre diversità culturali, le nostre tradizioni. Auspico vivamente che l'occasione di questo Bicentenario, che ha già stimolato nuove letture e riflessioni, possa impegnare i nostri giovani a capire questo grandioso personaggio, nella sua italiana intelligenza e semplicità, nella sua passione al servizio di una Repubblica democratica da costruire, che lui immaginava e mai vide compiersi.



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