Il Presidente: Discorsi

Cerimonia per i 125 anni della Banca Etruria

Discorso pronunciato ad Arezzo, in Piazza San Jacopo, in occasione della cerimonia per i 125 anni della Banca Etruria

19 Ottobre 2007

Autorità,
Signore e Signori,
con vivo piacere ho accolto l'invito della Presidenza della Banca dell'Etruria a essere qui con Voi per celebrare i 125 anni dalla fondazione.
I festeggiamenti che avete organizzato nel cuore della Vostra bella città - con la presenza di tante Autorità, di operatori economici, di cittadini - sono la dimostrazione più forte ed eloquente dell'attaccamento, del riconoscimento, che la comunità di Arezzo ha nei Vostri confronti.

125 anni rappresentano una storia lunga, quasi quanto quella dell'Unità d'Italia.
La Banca Mutua Popolare Aretina, che è all'origine della Vostra odierna istituzione, nasce proprio in quel clima di espansione economica e di sviluppo che caratterizzò i decenni di fine secolo.
Un clima di forte iniziativa sociale ed economica nel quale, "dal basso", attraverso la responsabilizzazione diretta di piccoli e medi operatori economici delle diverse zone del Paese, nascono Banche locali, Banche popolari e mutualistiche, Casse rurali e Casse di risparmio.

Tra le cose nuove che si verificarono in quel periodo - oltre alla prima industrializzazione di alcune importanti aree del Nord - vi fu anche questa fondamentale pagina di iniziative mirate a raccogliere e a valorizzare il risparmio dei cittadini e delle famiglie. I risultati di questo lungo impegno sono sotto gli occhi di tutti.
Basta osservare molte aree del Paese, dove lo sviluppo economico ha assunto proprio questo carattere "locale", con la collaborazione stretta e virtuosa tra Banche, famiglie e imprese.
E anche qui, ad Arezzo, l'espansione dell'economia si è notevolmente giovata di questa particolare e originale presenza.

La Vostra Banca è cresciuta, ha incorporato altre piccole realtà territoriali, ha cambiato nome, proprio per indicare il suo riferimento ad un'area appena più vasta, ma è sempre rimasta ancorata alla sua ragione originaria, al suo legame con il tessuto produttivo di questa realtà.
Soprattutto, poi, non ha perso quel suo carattere di Banca Popolare, ovvero di una Banca con una platea larga di Soci, con una proprietà diffusa, con una vocazione alla socialità economica che è un carattere peculiare del modello di crescita di molte zone d'Italia.

Alla politica si pongono oggi molte domande.
Nelle più recenti e libere espressioni dei cittadini riscontro una grande voglia di partecipazione diretta, una voglia di esserci, di avanzare delle richieste, di testimoniare la propria presenza e il proprio contributo.
Penso alla larga partecipazione di oltre 5 milioni di lavoratori italiani al referendum sull'Accordo per il Welfare sottoscritto fra il Governo, i Sindacati e la Confindustria.
Ho seguito poi la significativa manifestazione di Alleanza Nazionale, una importante forza politica dell'opposizione, sabato scorso a Roma.

E credo si debbano anche considerare con attenzione gli oltre 3 milioni di italiani che si sono volontariamente recati, nella recente domenica, ad esprimere le loro preferenze per l'elezione dei dirigenti del Partito democratico.
Questa voglia esplicita di partecipazione confligge nettamente con chi formula valutazioni solo negative sulla politica.
Certo, è necessario introdurre un maggiore rigore e una maggiore sobrietà in tutte le forme della vita pubblica e nelle spese delle Istituzioni.

Alcune cose importanti, come Parlamento, le abbiamo già fatte.
Altre misure sono necessarie per ridurre i costi e per eliminare alcuni privilegi che si sono creati nel tempo.
Tuttavia, credo anche che non si possano accettare attacchi generalizzati alla vita pubblica, alle Istituzioni democratiche, alla politica.
Il nostro Paese è entrato da alcuni anni in una condizione di bipolarismo: questa è una conquista positiva della nostra democrazia.
Ma ho spesso sottolineato, e voglio ripeterlo in questa occasione, che gli schieramenti politici devono assumere responsabilità più mature, per la tenuta delle Istituzioni, per la ricerca - almeno sui grandi problemi - delle convergenze necessarie per definire risposte adeguate alle attese di larga parte dei cittadini.

Quindi - pur nell'asprezza del confronto e della dialettica, e anche dello scontro quando è necessario - credo si debba respingere ogni forma di politica "urlata".
Ogni forma di politica che riduce se stessa all'insulto, o che sostiene la chiusura aprioristica al dialogo, al confronto, su questioni fondamentali, mi sembra davvero inadeguata a rispondere alle aspettative che il Paese esprime.
Credo che la politica debba recuperare equilibrio e senso di responsabilità, debba coltivare l'arte del buon governo come espressione non di una parte ma come responsabilità di tutti, dell'intero Paese.
Quell'arte che ha consentito in realtà come la vostra - e in tante altre dell'Italia centro-settentrionale - di raggiungere i livelli di crescita e di benessere che, in pochi decenni avete conseguito, anche grazie all'impegno di Organismi come la Vostra Banca.

Certo i problemi non mancano e talune disuguaglianze sono ancora forti.
In un mondo sempre più aperto, dove la competizione è divenuta globale, l'impegno della politica per una più forte coesione sociale e per una maggiore stabilità ed efficienza delle Istituzioni rappresenta una sfida davvero strategica che dovremmo, tutti insieme, accettare e vincere.



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