Il Presidente: Discorsi

Paolo Bufalini e la costruzione dell'Italia democratica

Intervento del Presidente del Senato Renato Schifani in Sala Zuccari

15 Dicembre 2011

Signor Presidente della Repubblica,
Autorità, Colleghi, Signore e Signori,

ripercorrere la biografia di Paolo Bufalini significa rievocare i passaggi più significativi e nevralgici della storia dell'Italia repubblicana: dalla scelta antifascista, alla lotta per la Liberazione, fino alla svolta dei primi anni Novanta del secolo scorso.
Decenni che Bufalini ha attraversato da testimone e da protagonista: dirigente di primo piano del suo partito, il Pci, senatore per trent'anni, raffinato intellettuale, Bufalini fu innanzitutto uomo di Stato come testimoniano le sue posizioni ideali e politiche nella lotta contro il terrorismo e la sua intensa e discreta attività nel tenere aperto il dialogo tra il suo partito e il mondo cattolico.
Ciò in particolare in momenti cruciali quali la stesura dell'articolo 7 della Costituzione, la definizione della legge sul divorzio, il successivo referendum e, infine, la revisione del Concordato.

La scelta di campo, la "scelta di vita", come dirà poi il suo amico Giorgio Amendola, fu individuata da Bufalini in età giovanile, da studente: già nel 1937, a ventidue anni, si iscrisse al partito comunista clandestino, e nello stesso anno aiutò proprio Giorgio Amendola a fuggire in Francia.
I primi segni di una coscienza antifascista si erano manifestati negli anni trascorsi al liceo romano Visconti, e frequentato anche da Antonio Amendola, fratello di Giorgio, e figlio di Giovanni, leader dell'opposizione democratica e liberale, che morì vittima delle persecuzioni fasciste.
L'attiva militanza antifascista costò a Bufalini il confino di polizia. Fu quindi chiamato alle armi: dopo l'8 settembre, in Montenegro, si schierò contro le truppe tedesche.
Catturato dai nazisti, fu inviato in un campo di concentramento in Austria, dal quale fuggì nel 1945.
Il rientro in patria segnò l'inizio di una vita spesa nella militanza politica nelle file del suo partito.
Segretario regionale in Abruzzo nel '49, l'anno seguente in Sicilia fu prima vicesegretario e poi segretario della Federazione comunista di Palermo. Lasciò qui il testimone a una generazione di giovani dirigenti, tra i quali, voglio ricordare Pio La Torre, vittima della mafia e padre della legge sulle misure di prevenzione, pilastro di quella legislazione che ancora oggi è presidio essenziale nella lotta contro la criminalità organizzata.

Senatore nel 1963, rimase ininterrottamente a Palazzo Madama fino al 1992 sempre come protagonista eminente e riconosciuto da amici e avversari della vita politica della nostra Assemblea.
Negli anni si affermava la sua statura di dirigente nazionale del Pci e si affinavano le sue qualità di personalità rispettosa del dialogo e del confronto.
Non fu un caso se il suo partito decise di affidargli il rapporto, delicato e difficile, con la Chiesa cattolica.
E decisivo fu il suo ruolo in quel lavorìo politico-diplomatico che portò nel 1984 alla revisione del Concordato.
In un discorso parlamentare del 1978, Bufalini trattava con particolare chiarezza ed efficacia il tema del rapporto con le confessioni religiose.
Un passo appare particolarmente significativo: "La laicità dello Stato, quale è tratteggiata dalla Carta Costituzionale, chiede a tutti - cattolici e non cattolici, credenti e non credenti - di concorrere insieme all'opera di edificazione di una democrazia in cui tutti possano riconoscersi, fuori di schemi privilegiati e fuori di ogni forma di discriminazione diretta o indiretta. La scelta di costruire rapporti con le confessioni religiose, sulla base di trattative bilaterali, (...) mantiene ai nostri occhi tutto il significato di una svolta storica e costituzionale di grande momento, una svolta, cioè, che vuole coinvolgere i diversi interlocutori in un dialogo rispettoso dei princìpi di libertà riconosciuti a tutti...".
Paolo Bufalini credeva profondamente nell'Istituzione parlamentare come luogo supremo del confronto democratico.
Così affermava in un discorso del 1966: "Le posizioni politiche devono essere chiare. Le lotte politiche devono svolgersi alla luce del sole, nel pieno rispetto delle prerogative del Parlamento e dell'autonomia propria di tutte le assemblee elettive. E' questo, secondo noi, un terreno decisivo per il dialogo, per il confronto, la ricerca di intese e di unità tra tutte le forze democratiche e progressive, sia laiche, sia del mondo cattolico e della stessa Democrazia cristiana. E' un terreno decisivo al pari di quello della lotta per la salvezza della pace e dell'indipendenza dei popoli, della lotta per la giustizia sociale, il progresso e il rinnovamento della nostra economia".

Concetti e parole che conservano un'innegabile attualità e che contengono oggi più che mai, di fronte alle sfide che ci troviamo ad affrontare, insegnamenti preziosi.
E che fanno comprendere come Paolo Bufalini sia stato un uomo, un antifascista, un dirigente politico, un parlamentare che ha dato un alto contributo alla costruzione dell'Italia democratica.
Proprio per onorare la figura di questo nostro eminente collega, il Senato della Repubblica ha deciso di pubblicare in un volume i suoi discorsi parlamentari.

Sono lieto di dare l'annuncio proprio in questa giornata di ricordo di un uomo illustre della nostra Nazione.



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