Il Presidente: Discorsi

Inaugurazione del Villaggio della Legalità

22 Maggio 2009

Autorità, Signore e Signori,
oggi sono qui nella mia terra di Sicilia, per inaugurare insieme a voi il villaggio della legalità.
Anche la data scelta conferisce a questa manifestazione un valore ed un significato particolari. Diciassette anni fa, il 23 maggio 1992, venivano uccisi per mano mafiosa Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco di Cillo, Antonio Montanaro. L'autostrada che collega Palermo all'aeroporto di Punta Raisi, veniva sventrata. La terra piegata sembrava dire che anche lo Stato era stato messo in ginocchio; e sembrava volere lanciare un messaggio di pessimismo e di dolore: tutto era finito, la mafia aveva vinto. E dopo appena 57 giorni, il 19 luglio 1992, in via Mariano D'amelio, un'altra strage mafiosa; perdevano la vita Paolo Borsellino, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina, Walter Eddie Cusina, Agostino Catalano. Emanuela Loi fu la prima donna agente della Polizia di Stato ad essere uccisa in servizio.

Molti di questi uomini della Polizia erano giovani come voi e tutti erano orgogliosi di scortare giudici come Falcone e Borsellino perché rappresentavano per i siciliani onesti la voglia di riscatto contro l'oppressione della mafia. Ed erano pienamente consapevoli del pericolo che correvano svolgendo il loro lavoro. Due stragi mafiose a distanza così breve l'una dall'altra, che rappresentavano l'attacco più alto della mafia allo Stato. La mafia brindava per l'eccellente riuscita degli attentati, i siciliani onesti piangevano la morte di tanti giovani e di due eroi.

Sembrava una sconfitta definitiva. Fu, invece, l'inizio di una risposta efficace e incisiva voluta da tutti, dalle Istituzioni, ma anche dalla gente siciliana. Un'unione di intenti per riuscire a contribuire alla rinascita della Sicilia. La stessa notte del 19 luglio 1992 lo Stato diede il primo segnale forte: tutti i detenuti mafiosi furono trasferiti dal carcere dell'Ucciardone in strutture carcerarie del Nord Italia di massima sicurezza. Il Parlamento votò con grande compattezza e coesione l'introduzione dello speciale regime del carcere duro, il 41 bis. Lo Stato mise in campo i suoi uomini migliori e risorse economiche eccezionali. L'Esercito fu chiamato a presidiare le maggiori città della Sicilia. Una risposta ferma che rivelò da subito tutta la sua efficacia.

Da allora molte cose sono cambiate. E dobbiamo quanto accaduto anche al sacrificio di questi nostri servitori dello Stato. Dopo le stragi la mafia non era più un "problema" soltanto delle forze dell'ordine e della magistratura; era cambiata la mentalità dei siciliani che avevano deciso finalmente di ribellarsi e di alzare la testa. I siciliani reagirono prima con manifestazioni formali, con cortei, con fiaccolate, sventolando dai loro balconi i lenzuoli sui quali avevano scritto il loro sdegno e la voglia di riscattarsi. Poi con fatti e atti concreti.

Dal 1992 molte cose sono cambiate; la magistratura e le forze dell'ordine hanno raggiunto risultati eccezionali che sono sotto gli occhi di tutti. Sono stati catturati numerosi latitanti.
Sono stati celebrati molti processi e inflitti numerosi ergastoli. Molti uomini della mafia hanno collaborato con la giustizia. Molte operazioni di polizia hanno scardinato dall'interno questa pericolosa organizzazione decapitandola dai vertici; gli arresti continuano e lo testimoniano anche le recenti operazioni della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri.

Ma quello che più rileva è la volontà dei siciliani di non tornare indietro. Libero Grassi fu ucciso il 29 agosto 1991 perché era l'unico imprenditore all'epoca ad essersi ribellato alle richieste estorsive della mafia. Oggi non sarebbe più solo; perché quello che oggi vediamo, è la vittoria della legalità; è il frutto di misure di prevenzione che hanno definitivamente sottratto alla mafia i beni che questa organizzazione aveva illegittimamente accumulato, attraverso violenza e prevaricazione, intimidazioni e omicidi, attraverso aggiudicazioni illecite di appalti, attraverso l'imposizione agli imprenditori del pizzo.

Oggi in tutta l'isola i commercianti e gli imprenditori hanno iniziato a ribellarsi al pizzo. Un'azione, questa, collettiva e coraggiosa che induce alla speranza; ribellarsi al pizzo si può e si deve fare. Denunciare è un preciso dovere che i siciliani cominciano a sentire; non è soltanto un comportamento eticamente corretto, è di più: significa vivere dentro lo Stato, credere nello Stato, contribuire alla rinascita di questa terra.

Lo stesso sentire, la stessa voglia di vincere che furono di Falcone e Borsellino, accomunano tutti i siciliani. Oggi sequestri e confische dei beni mafiosi di ingentissimo valore sono una realtà. La legge sull'aggressione dei beni della mafia è stata costantemente perfezionata.
Perché il miglioramento dei meccanismi legislativi attraverso i quali si può privare i mafiosi delle illecite ricchezze, resta e resterà per lo Stato un'autentica, effettiva priorità.

Occorre impedire il reimpiego dei capitali illeciti, che tuttora continua a ostacolare il vero e autentico sviluppo della nostra terra siciliana; gli investimenti della mafia in attività economiche nei settori più redditizi devono essere individuati con altissima rapidità. Così come è estremamente rilevante che dopo la confisca dei beni mafiosi, la loro gestione da parte dello Stato venga sottoposta a verifiche e controlli stringenti al fine di evitare che gli stessi soggetti a cui sono stati sottratti i beni, possano ritornarne in possesso.

Per questo il Parlamento si appresta a varare la nuova linea antimafia con norme sulla responsabilità delle persone giuridiche, sulla vigilanza e la confisca dei beni, su maggiori poteri e sul ruolo di primo piano e di garanzia da conferire ai Prefetti. Le nuove disposizioni in materia di sicurezza pubblica prevedono maggiori restrizioni anche per il carcere duro. E da Presidente del Senato vi assicuro che vigilerò affinché la nuova normativa possa avere piena attuazione in tempi rapidi.

Oggi ricordiamo i nostri martiri uccisi dalla mafia con un vero messaggio di speranza; costruiamo il futuro attraverso il villaggio della legalità con i prodotti coltivati dai cittadini onesti nelle terre confiscate alla mafia. E celebriamo la vittoria dello Stato sull'oppressione mafiosa; perché con questi prodotti della terra vengono consegnati simbolicamente ai siciliani i valori della legalità. Così si dimostra nei fatti che la scelta di stare con lo Stato contro la mafia è vincente ; così si contribuisce a rendere la Sicilia una terra libera da oppressione e da soprusi.

E' un momento di altissima valenza etica e morale che entra nei cuori e nelle menti di tutti. Un ideale passaggio di testimone che nessuno può permettersi di non raccogliere. La mafia si sconfigge non con proclami, ma con le azioni concrete. Voi giovani che siete qui così numerosi con noi, siete stati instancabilmente educati dai vostri professori alla cultura della legalità ed al rispetto dei principi fondamentali della nostra carta Costituzionale. Dovrete fare tesoro di tutti questi insegnamenti e dimostrare con le azioni quotidiane che questo patrimonio di valori è divenuto componente inscindibile del vostro essere. Perché se si agisce e si opera correttamente, si ha titolo per pretendere che anche gli altri lo facciano.

Le associazioni che sono sorte spontaneamente a sostegno dei commercianti e degli imprenditori che vogliono lottare, sono una splendida realtà. Oggi possiamo dire che questa organizzazione criminale è stata fortemente indebolita. Per questo non bisogna abbassare la guardia.

I continui arresti e sequestri dei beni mafiosi non hanno, tuttavia, ancora scardinato completamente questo sistema criminale; purtroppo, gli eventi lo insegnano, cosa nostra ha attraversato momenti bui ma ha con altrettanta capacità saputo ricostruire. Anche le Istituzioni devono continuare a credere e ad agire. Come affermava Falcone, occorre coinvolgere nella lotta le forze migliori delle istituzioni; "Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell'esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell'amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere". Fare il proprio dovere in Sicilia vuol dire molto di più di quello che questa espressione può all'apparenza significare.

Il richiamo va a tutti indistintamente, va alle forze politiche che devono sapere fare le proprie scelte senza indugiare in clientelismo, accantonando interessi di parte, operando con trasparenza, avendo quale unico punto di riferimento il vero ed autentico bene comune. Il richiamo va agli organismi politici e amministrativi chiamati ogni giorno ad operare delle scelte affinché sappiano fare prevalere sempre i sentimenti di solidarietà e di intransigenza. Va a tutti coloro che operano ogni giorno, perché sappiano rifuggire da accordi illegali, da facili convenienze.

La mafia vive nel nostro tessuto sociale ed ha bisogno per continuare a esistere di complicità; questa organizzazione criminale si può e si deve sconfiggere imparando a isolarla. E poiché la mafia blandisce il potere e le Istituzioni, si avvale di uomini insospettabili per perseguire i propri interessi, la politica non deve avere margini di tolleranza. Deve essere protagonista di questa lotta.

La trasparenza della politica, dunque, deve essere considerata la garanzia primaria di una società senza metastasi. Con questa consapevolezza potremo tutti insieme - parafrasando una espressione di Paolo Borsellino - fare in modo che "la Sicilia diventi bellissima".



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