Il Presidente: Discorsi

Convegno "Carta delle autonomie: per un percorso condiviso"

Intervento del Presidente Renato Schifani in Sala Zuccari

14 Giugno 2011

Signor Presidente della Repubblica,
Onorevoli Colleghi,
Illustri Relatori,
Autorità,
Signore e Signori.

La discussione parlamentare sulla "Carta delle autonomie" ha rappresentato un momento di importante collaborazione tra le forze politiche di maggioranza e di opposizione.
Il dibattito costruttivo, senza pregiudizi o forzature, su questioni fondamentali della vita dei cittadini e delle istituzioni dovrebbe rappresentare una costante nei rapporti politici e istituzionali, anche se dobbiamo constatare con amarezza come siano sempre più rare le occasioni di confronto in grado di costruire percorsi comuni nell'interesse generale dell'intera Nazione.
L'esame della "Carta delle autonomie" è pertanto un esempio di come sia possibile incontrarsi e condividere progetti duraturi, capaci di visione, pur provenendo da diverse storie politiche, culturali, ideali.

La questione complessa e difficile della riforma e della semplificazione dell'architettura costituzionale, è del tutto prioritaria, nonostante il confronto politico e le emergenze interne ed internazionali abbiano di fatto offuscato l'obiettivo fondamentale dell'ammodernamento dello Stato, che resta invece la risposta essenziale alle urgenze dei cittadini, al consolidamento del sistema rappresentativo, all'efficienza del pubblico potere.
E' giunto il tempo della chiarezza e nessuno può sottrarsi al dovere di scelte coraggiose.
Il messaggio che ci proviene dai cittadini è una vera e propria richiesta di progetti, azioni e comportamenti trasparenti, verificabili, concreti, capaci di rinsaldare il senso della comune appartenenza per un benessere che garantisca l'Italia di oggi e di domani.
L'autonomia è la storia che stiamo vivendo, quella che ci attende e ci sta di fronte, così come in passato era l'unità il più alto e nobile fine che la classe dirigente italiana seppe porsi come priorità per lo sviluppo equilibrato di uno Stato ancora da costruire.
Oggi il territorio è lo spazio della "prossimità istituzionale", dove nasce l'identità di un popolo, di una comunità e si consolida il "senso dello Stato".

Quel "senso dello Stato" che resta un elemento di coesione irrinunciabile, coscienza e sentimento di una nazione consapevole del proprio passato, capace di costruire la propria storia superando gli ostacoli di un presente troppo spesso caratterizzato da divisioni e fratture che non appartengono in realtà ai cittadini.
La riforma federale entro la logica dell'autonomia tra Stato, Regioni, Province e Comuni, è uno dei pilastri sui quali regge il valore decisivo e immodificabile dell'unità d'Italia.
L'altro pilastro è quello dell'appartenenza ad una comunità più ampia, che impone di per sé la logica della solidarietà su quella dell'egoismo: è questa la prospettiva di una storia dell'Italia dentro e per l'Europa.
Con il Presidente Napolitano, va ribadito che ogni ipotesi, separatista o indipendentista, è insostenibile e inimmaginabile.
Il fondamento delle Autonomie e dell'autonomia nella gestione della cosa pubblica resta pertanto il principio di uguaglianza che, nel sistema tracciato dall'articolo 3 della Costituzione, significa, anzi, impone il vincolo solidale come dovere inderogabile e cardine dell'intero ordinamento.
Ipotesi di sviluppo autosufficiente di una parte soltanto, fosse anche la più avanzata economicamente, sono contrarie ad un sano ed equilibrato federalismo, che rappresenta invece una risorsa e una leva di primaria importanza per tutti.
L'unità nazionale è il valore fondante delle stesse autonomie ed ogni arretramento o anche semplice sottovalutazione appaiono fuorvianti.

Anche l'Europa di tutto ha bisogno tranne che di piccoli principati o piccole patrie, roccaforti solo per poteri fuori controllo, modelli frutto del vecchio "centralismo" che scoraggiano la vera innovazione.
La sfida dell'autonomia è oggi l'impresa di chi vuole rinforzare il rapporto tra cittadini ed eletti e, come si legge nell'articolo 6, comma 1, della Carta, indirizzare Comuni, Province, Città metropolitane, Istituzioni tutte, ad organizzare "le rispettive funzioni fondamentali valorizzando, in applicazione del principio di sussidiarietà, l'iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento delle attività di interesse generale e per l'erogazioni di servizi e prestazioni di interesse pubblico".
"Sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza" sono il perimetro ideale entro il quale costruire un nuovo patto tra territori e Nazione.
Il cuore del federalismo e dell'autonomia è lo sviluppo sia del Nord sia del Sud del Paese. Una crescita a due velocità sarebbe paralizzante per l'intero sistema economico, politico, istituzionale.
Dobbiamo riconoscere che la logica dei trasferimenti, per come finora si è venuta a configurare, ha rischiato di far perdere al contribuente "la sua dignità di partecipe della vita statale", come scrisse con lucidità e attualità ancora intatte Piero Gobetti nella sua Rivoluzione liberale.

Ed in effetti la responsabilità degli amministratori richiede innanzitutto verificabilità della loro azione di governo ed amministrativa.
Una nuova generazione e classe politica di dirigenti regionali e locali può dimostrare agli elettori la propria capacità attraverso l'assunzione di un vincolo diretto di responsabilità.
Risponde pienamente ai valori costituzionali il collegamento tra potestà tributaria e decisione amministrativa, nel solco del moderno costituzionalismo che lega l'imposizione tributaria alla rappresentanza.
Come aveva ben chiaro Luigi Einaudi: "Gli uomini vogliono istintivamente rendersi ragione del perché pagano; e se quella ragione non è spiegata chiaramente gridano all'ingiustizia".
La fiscalità va, per così dire, "spiegata". Innanzitutto in termini di servizi resi alla collettività. Inoltre, in termini di solidarietà, equità, giustizia che prescindono dalla logica del dare-avere.

Il dualismo dell'economia italiana attanaglia fin dall'unità il nostro Paese e si può, si deve superare vincendo l'ineguaglianza. Nel Mezzogiorno si produce solo un quarto della ricchezza nazionale mentre vi risiede un terzo della popolazione ed i giovani che abbandonano gli studi prematuramente si attestano su percentuali esorbitanti.
Chi non lavora e non studia può essere vittima di sopraffazione e ricatto, soprattutto al Sud.
Il recupero e la piena realizzazione dell'unità nazionale è un progetto civile che deve coinvolgere tutte le componenti migliori del Paese ed impone un fronte comune della politica.
La riscoperta dell'unità del Paese è innanzitutto una necessità, una vera e propria possibilità culturale e sociale che non deve lasciare nessuno indifferente. A ciascuno si chiede il sano protagonismo dell'esperienza, dell'intelligenza e del cuore.

A ciascuno si chiede di sentirsi accomunato insieme agli altri, da un ideale che supera la fragilità del mito e si fa simbolo di civiltà.
La civiltà di una storia da raccontare con orgoglio per chi ne ha preso parte e capace di aprire nuovi orizzonti al contributo generoso delle future generazioni.
La lontananza che troppo spesso circonda la vita delle nostre istituzioni, può e deve essere superata.

Il 150° anniversario dell'Unità d'Italia significa riscoprire che ogni innovazione è possibile, ma ogni riforma sarà efficace e duratura solo nella continuità di una storia che è nata proprio per la costruzione delle Istituzioni parlamentari.
La centralità del Parlamento va anche oggi riscoperta quale presidio delle autonomie, delle istituzioni democratiche, di tutti i cittadini e di tutte le realtà.
Ringrazio pertanto gli organizzatori dell'odierno convegno per averci dato l'opportunità di discutere su un progetto di riforma di così ampio respiro, atteso dal Paese e segno di maturità di un'intera classe dirigente.

La Carta delle autonomie è un'occasione che mi auguro rappresenti davvero l'opportunità per realizzare insieme un modo avanzato e civile di confronto politico.



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