Il Presidente: Discorsi

Celebrare la Nazione

Intervento pronunciato al convegno internazionale di studi nei 150 anni dell'unità d'Italia

10 Marzo 2011

Autorità, Illustri Relatori, Signore e Signori

L'unità d'Italia non è nostalgia di un passato trascorso, né esaltazione mitologica; è invece valore di civiltà e sviluppo, perché proiettata verso un destino da esplorare insieme. Un tempo si indicava nello Stato italiano, ancora da costruirsi, il "baluardo contro lo straniero", secondo la nota immagine offerta da Machiavelli. Oggi l'unità d'Italia non è e non sarà contro lo straniero, ma è presidio di umanità in grado di non far sentire nessuno come escluso dalla dignità inviolabile della persona.

Con senso di realismo e giustizia è pertanto lecito chiedere all'Europa di non voltare la testa di fronte a sfide decisive e difficili come l'immigrazione. Allo stesso tempo è doveroso mantenere e rafforzare l'impegno per una accoglienza coerente con i valori che sono la traccia più profonda dell' identità di noi italiani.

Siamo stati popolo di emigranti e pertanto abbiamo un dovere di comprensione maggiore. Ma dobbiamo anche riconoscere che se i flussi migratori continuano con un'intensità elevata, da soli rischiamo di non reggere. La legalità, la giustizia, la solidarietà non sono valori contrapposti. Senza rispetto della legge, senza sicurezza e controllo del territorio, anche l'accoglienza dell'immigrato sarebbe inefficace. Nessuna legalità e sicurezza sarebbero durature se considerate beni esclusivi di chi ha avuto la fortuna di nascere e rimanere in una terra senza guerre, conflitti, emarginazioni.

La logica dell'inclusione resta la sfida della politica. L' obiettivo dell'integrazione è una necessità per tutte le istituzioni democratiche. E quanto sta accadendo in molti Paesi del Nord Africa è un fatto nuovo, importante, un movimento di libertà che dobbiamo difendere oggi e anche in futuro.

Nessuna Istituzione può vincere le sfide della modernità senza una fattiva collaborazione tra gli Stati e gli organismi internazionali, che sono il risultato di storie spesso travagliate, eppure vincenti, perché ispirate dagli ideali di solidarietà e giustizia.

Vi sono Stati - come l'Italia - più esposti di altri, in prima linea, sia per la posizione geografica sia per la propria vicenda storica. E in questi giorni il nostro Paese è protagonista negli aiuti, nei soccorsi e anche nelle strategie di lungo periodo. L'Italia è un Paese più vicino di altri ai popoli in ricerca della democrazia e come tale non può che essere considerato al centro delle future scelte e politiche internazionali.

Gli effetti delle scelte internazionali si ripercuoteranno innanzitutto sui Paesi del Mediterraneo e sull'Italia, che non può essere lasciata sola. E non va lasciata sola la piccola Lampedusa dove l'emergenza dei flussi migratori rischia di compromettere la serenità sociale se non la stessa sopravvivenza di molte famiglie che si reggono sul turismo quale principale se non esclusiva fonte di reddito.

L'Italia ha il diritto-dovere di chiedere e realizzare scelte di equilibrio, giustizia, saggia composizione dei conflitti, nel pieno rispetto delle libertà inviolabili dell'uomo che nulla, neppure la cosiddetta ragione politica, può mai comprimere. «Unità nazionale e unità sovranazionale» sono - come scrisse Giovanni Spadolini - «la vera e massima eredità del Risorgimento che riaffiora contro tutti gli spettri della dispersione e della frantumazione».

Riscoprire e costruire l'identità nazionale significa allora innanzitutto «fare un grande esame di coscienza e di intendere la storia della civiltà italiana», come ebbe modo di affermare Benedetto Croce. Il passato dimostra che ci sono state idee e percorsi diversi, opinioni differenti, progetti politici non omogenei anche rispetto all'edificazione dell'architettura unitaria dello Stato. Eppure l'unità venne realizzata con il coraggio e la generosità del sapere pratico di quanti riuscirono a guardare lontano, oltre il contingente.

Anche oggi, laddove le diversità diventano steccati, è certo il ritardo nello sviluppo complessivo del Paese. Quando invece la parte vincente e maggioritaria sa ascoltare e accettare il contributo di tutti, quando la minoranza si apre fino in fondo alla sfida del confronto e alle soluzioni di equilibrio che ne possono derivare, si riesce davvero a valorizzare tutto quello che ci unisce, a riscoprire il senso di una appartenenza che possa essere visione del futuro.

Per tutte le forze politiche, il primo banco di prova è la riforma della giustizia. Serve una seria, trasparente, equilibrata ricomposizione di ogni frattura e solo attraverso il contributo di tutti è possibile superare le contrapposizioni che durano da troppo tempo. Le Istituzioni e l'intera classe politica possono e debbono valorizzare fino in fondo il valore costituzionale dell'unità, che significa riconoscere nell'Italia, nello Stato, nella Costituzione, «la casa che si può desiderare in uno stile od in un altro, ma che comunque è il tetto che ci ripara» tutti, secondo le parole di Arturo Carlo Jemolo.

Il passaggio decisivo per l'Unità d'Italia resta l'Assemblea costituente. La Costituzione è l'espressione di una nazione «ritrovata» dopo le lacerazioni più forti e drammatiche di un tempo che per alcuni - penso a Salvatore Satta - segnò quasi la «morte della patria». Eppure dopo l'abbandono morale si riscoprì la ragione più profonda dello stare di nuovo insieme. Attraverso la volontà democratica e costituente, la Nazione non è più «incosciente», ma è finalmente «patria», coscienza di un popolo, di quello che vuole essere.

Perché non prevalga solo l'evocazione, sentirsi «patria» significa essere comunità, vivere come identità arricchita dall'incontro con l'altro, riuscire a superare le divisioni per una ritrovata unità di impegni e progetti che diano fiducia di un destino comune. Il nostro destino.



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