Il Presidente: Discorsi

XXXI Congresso Nazionale Forense "L'avvocatura per una democrazia solidale, il cittadino prima di tutto"

Intervento del Presidente del Senato, Renato Schifani, al Teatro Petruzzelli di Bari

24 Novembre 2012

Autorità, cari Colleghi, Signore e Signori,
ringrazio il Prof. Guido Alpa e l'Avv. Maurizio de Tilla per il graditissimo invito a prendere parte al XXXI Congresso Nazionale forense.
Sono oggi in questa storica cornice del teatro Petruzzelli, per condividere con Voi tutti, i tanti problemi della giustizia ai quali dobbiamo dare soluzione.
Il titolo del congresso "l'avvocatura per una democrazia solidale, il cittadino prima di tutto" racchiude un significato profondo che va oltre le parole.
La centralità dell'individuo che ha il diritto di essere difeso al meglio, al di là della sua capacità economica, sia esso abbiente o meno, è il segnale della vostra ferma volontà di svolgere la professione in condizioni giuridiche ottimali.
Un tema di grande attualità in un momento difficile per la grave crisi economica che stiamo vivendo e dalla quale ogni professione, ogni attività di lavoro sono certo uscirà più forte e più consapevole.
Il prof. Alpa, nell'intervento introduttivo, ha paragonato l'attuale depressione economica a quella del dopoguerra. E non a caso. Ma il messaggio finale è e deve essere di ottimismo, sebbene siano a noi tutti note le difficoltà del momento sia legislative, sia di vita e professionali: come allora, saremo capaci di superare ogni ostacolo e ogni difficoltà.
La crescita, sebbene sia stata preceduta da onerose ma necessarie imposizioni di tasse ai nostri italiani, potrà essere avviata e realizzarsi attraverso riforme legislative di ampio respiro.
E attraverso politiche di crescita che consentano di riavviare il progresso sociale con l'istituzione di posti di lavoro.
E' questo oggi lo scopo primario della politica; di fronte a tensioni sociali che si susseguono con ritmi sempre crescenti, di fronte a manifestazioni spesso spontanee alle quali assistiamo giornalmente, al dovere dell'ascolto devono seguire i fatti.
La politica deve avere a cuore innanzitutto l'interesse dei nostri cittadini, il loro benessere, il loro diritto a poter svolgere un'attività lavorativa per poter fare fronte alle necessità individuali e familiari, direi alle necessità primarie, troppe volte in alcuni individui mortificate.
Al di là di ogni schieramento, al di là della dialettica tra partiti - oggi più che mai sotto i riflettori per le prossime competizioni elettorali che si svolgeranno a breve - credo sia indispensabile mettere da parte conflitti personali e scontri spesso fine a se stessi e, anche se siamo alla fine della legislatura, sapere gettare le basi per la ricrescita del Paese.
Non sono pessimista, tutt'altro, perché il lavoro che abbiamo portato avanti fino ad oggi è stato preparatorio e perché confido nel senso di responsabilità di coloro che rivestono ruoli politici.
Il problema al quale va data risposta con estrema urgenza è quello dei nostri giovani: diplomati, laureati, con corsi professionali aggiuntivi, oggi vivono con i genitori perché non hanno un proprio reddito.
I giovani sono anche al centro del vostro congresso.
Lo sono con l'esame di tutti gli aspetti giuridici racchiusi nella riforma forense giunta al Senato in terza lettura.
La necessità che i giudizi in Italia possano essere contenuti in tempi assimilabili a quelli degli altri Paesi dell'Unione Europea, è avvertita da tutti, in primo luogo dalla magistratura e dall'avvocatura che sono in prima fila nel difficile compito di amministrare i processi.
Possiamo dire che è un'esigenza condivisa, per non scoraggiare gli utenti della giustizia e quanti avvertono la necessità di rinsaldare il rapporto di fiducia con il mondo giudiziario che spesso appare lontano dalle legittime aspettative.
I nove milioni di giudizi penali e civili pendenti all'inizio del 2012, costituiscono un peso non accettabile e non ci pongono al passo con i tempi.
Ogni modifica che tenda alla deflazione del contenzioso va quindi accolta con favore, purché sia equa e conforme ai dettati della nostra Carta Costituzionale.
Non vorrei che, invece, la riduzione del carico della giustizia fosse il frutto dell'abbandono da parte dei cittadini della volontà di ottenere giustizia, causato dallo sconforto per i tempi di attesa.
Desidero fortemente che gli avvocati più giovani o coloro che si apprestano ad intraprendere la professione, non vengano penalizzati da adempimenti o oneri superiori alle loro possibilità economiche.
Trovo estremamente utile e direi indispensabile l'introduzione della previsione dell'aggiornamento continuo; trovo di grande efficacia per i risvolti che ne verranno, la linea della sempre maggiore specializzazione, per una ripartizione in settori delle così rilevanti tematiche giuridiche, per una qualificazione e una sempre più incisiva competenza dell'avvocatura che siano al passo con i tempi.
I corsi formativi previsti nella riforma, vanno in queste direzioni e pongono l'avvocatura in linea con le esigenze sempre più specifiche provenienti dal mondo esterno.
Ho letto il documento dei giovani avvocati, i loro dubbi, le loro proposte, le loro legittime aspettative, le loro domande di aiuto.
L'AIGA chiede l'attuazione della meritocrazia ed io credo fermamente che la selezione dei nuovi avvocati non possa essere disgiunta dalla contemporaneadisponibilità della classe forense ad arricchirsi di nuove risorse umane.
Un nuovo patrimonio di professionalità che costituirà il normale ricambio generazionale negli anni a venire e al quale dovrà essere affidato il compito di proseguire nell'eccellenza che oggi possediamo, e di tramandarla.
Su queste basi, tuttavia, per privilegiare la meritocrazia, sono certo che la classe forense saprà assicurare aiuti finanziari ai meritevoli non abbienti che desiderano intraprendere la professione, intervenendo in loro aiuto per consentire loro di affrontare gli oneri economici.
Credo, inoltre, che anche lo Stato debba essere in grado di adottare politiche di sostegno nel lungo percorso tracciato dalla riforma per sostenere l'esame di ingresso alla professione.
So che alcune voci di dissenso si levano contro specifiche disposizioni della riforma forense.
Il Parlamento è la casa di tutti e assicuro che il Senato valuterà il testo in piena autonomia, presterà la massima attenzione, si confronterà con le Associazioni per esitare una riforma che sia pienamente condivisa dall'intera classe forense, il tutto nel rispetto dei tempi ormai brevi di durata di questa legislatura.
Altro argomento al centro delle attenzioni dell'attività forense è stato e resta quello della mediazione.
Un istituto che, introdotto dalla legge n. 28 del 2010, ha presentato ampie sfaccettature.
Con la sua introduzione secondo le indicazioni nel 2008 dell'UE, il legislatore ha inteso velocizzare la giustizia italiana, per allinearla a quella della maggior parte dei Paesi dell'Unione europea.
La sentenza della Corte Costituzionale dello scorso 24 ottobre, ha segnato una battuta di arresto.
Non sono ancora note le motivazioni dell'Alta Corte e forse sarebbe opportuno attendere il deposito della sentenza per discutere con cognizione di causa.
Nel frattempo è all'esame del Senato l'emendamento relativo alla reintroduzione dell'Istituto della mediazione nell'ambito del disegno di legge sulle misure urgenti per la crescita del Paese.
Il tema merita il massimo approfondimento, grande rigore, innanzitutto sull'ammissibilità dell'emendamento, in relazione all'opportunità del suo inserimento in un contesto che si occupa dell'argomento giustizia limitatamente alla digitalizzazione di alcune sue procedure.
Sono a conoscenza dei giudizi positivi e negativi sulla effettiva utilità dell'istituto, definito da alcuni un non rimedio per la minima percentuale di definizione delle liti ed il rilevante onere economico; da altri ritenuto vantaggioso in termini di riduzione dei tempi delle liti e di buon esito nella composizione delle stesse.
Numerosi altri temi andrebbero presi in esame.
Fra questi è indispensabile trovare le risorse per dare un assetto completo e stabile al sistema giustizia.
Sembrerebbe un tema che stride con le scarse disponibilità economiche del momento, ma la macchina giudiziaria, che nonostante le difficoltà del momento riesce a procedere dignitosamente, arricchita dalle modifiche legislative necessarie, e con la ripresa economica che presto tornerà a vedersi, saprà superare ogni scoglio con autorevolezza, con professionalità, con spirito di servizio, grazie anche alle elevate capacità della classe forense.
Altri argomenti meritano la nostra attenzione.
Il problema del sovraffollamento delle carceri e della giustizia va affrontato con grande urgenza e nello spirito di coesione nazionale che è indispensabile per ogni processo di riforme.
La detenzione non può e non deve significare scontare la pena in condizioni non umane; la politica deve farsi carico delle esigenze dei detenuti, senza tralasciare quelle dei tanti cittadini che vivono nel rispetto delle nostre leggi ai quali vanno garantite sicurezza e serenità di vita.
Lo deve fare al più presto per essere all'altezza delle aspettative di un Paese libero e democratico.
La giustizia è sovraffollata da un tale numero di procedimenti che non vengono smaltiti in tempi rapidi, soprattutto nel settore civile dove la durata eccessiva dei procedimenti non è ancora all'altezza di uno Stato moderno e competitivo.
La lentezza dei processi produce effetti negativi sulla nostra economia.
Alcune riforme sono state approvate, ma occorre fare di più affinché il principio della certezza del diritto trovi piena attuazione.
Nel settore penale il principio di obbligatorietà dell'azione penale, cardine del nostro sistema, è ancora una semplice enunciazione.
L'effetto è quello dell'abbandono di fatto di alcuni procedimenti a favore di altri e della prescrizione di molti reati.
Riformare la giustizia è un problema complesso.
Ma è tempo di trovare rimedi a tutte le evidenti disfunzioni del sistema.
Le forze politiche devono dare il meglio anche in momenti critici che attraversano la vita di una nazione.
Servono lealtà, con voglia di fare e di riuscire, oltre ogni schieramento politico e ogni contrapposizione.
Una "giustizia più giusta" è garanzia per la nostra Nazione.
Da tempo l'Unione Europea ci invita ad adeguarci ai livelli degli altri Paesi membri.
Una riforma organica della giustizia darà ad ogni cittadino italiano quelle garanzie e quelle risposte che è lecito attendersi da un Paese moderno come il nostro.
La riforma deve riguardare l'intero sistema penale e realizzare il principio del giusto processo, la sua ragionevole durata, la certezza della pena, criteri equi e ampiamente condivisi sui termini di custodia cautelare, tema quest'ultimo che incide sul principio costituzionale di non colpevolezza prima di ogni condanna definitiva.
La parità fra difesa e accusa deve essere effettiva, perché è un obiettivo irrinunciabile ed insieme emblema di civiltà.
Per raggiungere risultati positivi in questi così delicati settori, serve il dialogo maturo, responsabile, capace di dare risposte al confronto costruttivo; occorre la volontà di smorzare i toni e le tensioni.
Se le riforme verranno esitate in modo serio, opportuno e armonioso, potranno realmente contribuire all'efficienza del Sistema Paese.
Voglio concludere con un grazie: grazie a voi tutti per quello che rappresentate, grazie per i vostri contributi, per i vostri sacrifici, la vostra lealtà, la vostra tenace volontà, di progredire e fare progredire la nostra Italia, e soprattutto per il ruolo strategico che svolgete di tutori dell'applicazione dei principi della legalità a favore dei cittadini.
Continueremo a lavorare insieme e la sinergia sarà vincente nella soluzione di ogni problematica e ogni vostra legittima richiesta.


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