Il Presidente: Discorsi

Presentazione del rapporto CISF 2009 "Il Costo dei figli. Le domande della società, le risposte della politica".

15 Giugno 2010

Autorità, gentili Ospiti, Signore e Signori. Ho accolto con vivo piacere l'invito che mi è stato rivolto di aprire i lavori di presentazione del Rapporto sulla famiglia del 2009. Mi congratulo con quanti hanno contribuito all'elaborazione di un'analisi sicuramente puntuale e convincente, di stretta ed incalzante attualità. Il tema centrale del Rapporto è il "costo" dei figli, ma si potrebbe subito accompagnare da un altro sottotitolo: qual é il "futuro" dei nostri figli? Viviamo un momento davvero difficile a livello mondiale ed in modo del tutto particolare in Europa.

La crisi economica continua a determinare uno stato generale e soggettivo di incertezza e diffusa insicurezza. Ad oggi non emergono elementi sicuri per indicare l'effettiva conclusione dell'emergenza internazionale. Anche se si registrano segnali positivi legati alla crescita del PIL e della produzione industriale nel nostro Paese e nella UE, ad essi si affianca qualche preoccupazione relativa alla incertezza sulla stabilità della crescita. Prevalgono incertezza e instabilità anche nella percezione della crisi e nella programmazione e pianificazione di piani economici e finanziari. A tutti è richiesto uno sforzo supplementare non solo di fiducia, ma soprattutto di coraggio e generosità. Diventa indispensabile una forte e rinnovata alleanza tra imprenditori e lavoratori, tra impresa e famiglia, tra giovani e anziani. Pomigliano è un banco di prova per tutti. Non può e non deve prevalere la logica dei veti incrociati. Non è più il tempo del no o della fuga. Per salvare l'occupazione e la dignità del lavoro serve uno sforzo comune ed un sano realismo. Pomigliano non deve chiudere.

L'ambito economico finora ritenuto per definizione caratteristico di una specifica e propria progettualità politica richiede oggi la capacità di superare la stessa logica di parte. Alla generale e diffusa instabilità della situazione economica occorre rispondere con il linguaggio coraggioso e generoso della condivisione, della partecipazione, della responsabilità. Serve il linguaggio dell'unità e della reciproca comprensione, al di là del ritorno in termini di popolarità che la collaborazione possa far conseguire. A tutti - maggioranza e minoranza - le parole del Capo dello Stato indicano una strada comune da percorrere insieme fino in fondo e senza esitazioni o timidezze. Nessuno sforzo di confronto volto alla concreta e comune elaborazione di soluzioni efficaci può essere fatto cadere. Nessuno dica all'altro di essere più responsabile, ma ciascuno sia quotidianamente leale interprete e protagonista del bene comune. E' necessario partire dalla crisi economica per comprendere in profondità la stessa "questione familiare" e come i figli da speranza per l'avvenire siano diventati un onere e un costo. Vi è un pensiero molte volte inespresso all'interno della famiglia che tradisce un sentimento di paura: quando la ricchezza é limitata, si ritiene sia meglio essere in pochi a spartirla piuttosto che vederla dispersa tra molti. Gli economisti da tempo hanno superato l'impostazione di chi lega le nascite alla decrescita economica, ma resta ancora vivo il pregiudizio e l'egoismo di pensare solo in proprio, di salvare per sé quello che si ha e lasciare gli altri ad occuparsi dei propri problemi. Senza investimenti e risparmio nessuna forma di sviluppo è possibile. Del resto - come è stato efficacemente ricordato - la finanza si è inventata la crescita ed è stata così una delle principali cause della crisi che oggi viviamo: c'è stata una crescita basata sul debito e quindi una crescita falsa, truccata, nella quale le famiglie sono state praticamente costrette ad anticipare i consumi indebitandosi sulla previsione di redditi futuri.

Il quadro di finzione è saltato quando l'uscita dal mondo del lavoro delle persone anziane ha iniziato a rappresentare un costo insostenibile per una comunità che ha sempre meno persone giovani ad entrare nel processo produttivo. La crisi ha dimostrato con chiarezza che l'inganno della finanza sull'economia reale è legato anche alle "culle vuote". Non abbiamo riflettuto abbastanza sulle parole di Angelo Bagnasco quando ha parlato di "suicidio demografico" ed invece proprio i due pilastri fondamentali della crescita - famiglia e lavoro - rischiano di collassare per la mancanza di una prospettiva per i figli. Non si possono costruire case stabili e città sicure senza famiglie giovani e ricche di figli, garantite nella loro serenità di vita. La manovra finanziaria all'esame del Senato è un passaggio necessario e urgente. Non inganniamoci e non inganniamo: serve contenere per tempo e stabilmente la spesa pubblica. Il tempo delle cicale é finito. Spese superflue e privilegi sono oggi un'arroganza insopportabile. Il Senato e la Camera daranno segnali chiari e inequivocabili, di sobrietà ed equità. Nel passaggio parlamentare della manovra invito maggioranza e opposizione al confronto vero, perché serve il contributo di tutti per preservare la coesione sociale e, sottolineo, "nazionale". Lo ribadisco: la coesione sociale non è in alcun modo separata dalla piena coesione nazionale, che va difesa e resa visibile con chiarezza in ogni occasione, senza titubanze. Anche i rappresentanti della società civile e sindacali sono fondamentali nella ricerca di equilibri ragionevoli, attorno ai quali va costruito un consenso lungimirante. Dobbiamo far presto e guardare già oltre la manovra: chiediamoci qual è il destino della nostra comunità e dei nostri figli. Se l'attuale crisi dovesse registrare a livello mondiale altri momenti di tensione acuta - cosa che non possiamo affatto escludere - nel prossimo futuro non potremo più limitarci a pensare di salvare quello che abbiamo oggi. Lungo questa via la crisi non finirebbe mai.

Dobbiamo farci carico di una visione e di una prospettiva di speranza credibile per il futuro: i figli dall'apparire un costo debbono risultare un investimento; da un rischio economico per poche e solitarie famiglie coraggiose devono diventare un obiettivo sociale da tutti condiviso. Il tema della famiglia e dei figli va lasciato al di fuori della contesa politica, non per far calare il silenzio, ma anzi per essere tutti uniti in un destino comune che vedrà i nostri figli impegnati a garantire il futuro della nostra generazione. Non vorrei vi fossero fraintendimenti. La manovra all'esame del Parlamento ed in particolare la razionalizzazione della spesa pubblica non sono in alcun modo rinviabili: non siamo ancora completamente al riparo dalla molla speculativa che rischierebbe di mettere in seria difficoltà la nostra economia. Allo stesso tempo, però, dobbiamo dare una prospettiva ai ragazzi e alle famiglie più giovani. Senza la serenità del "potercela fare", senza la tranquillità di poter vivere, si rischia di tradire le aspettative dei nostri figli. Le giovani madri e i giovani padri non possono sentirsi gravati da una incertezza che toglie loro il respiro. La morsa della crisi non può togliere loro il tempo fondamentale per educare i propri figli. La missione educativa dei genitori deve restare prioritaria e centrale. Anzi, l'emergenza educativa oggi tende a coincidere con la stessa emergenza familiare. Senza esitazione dobbiamo garantire alle giovani famiglie il tempo dello stare insieme. Troppo spesso la povertà delle nostre famiglie è anche sinonimo di silenzio e di assenza con i propri figli, lasciati soli nella rete, nel deserto di svaghi che non trasmettono più loro la gioia di vivere. Per liberare le famiglie e i figli dalla rete della povertà di valori e della sfiducia serve una coraggiosa riforma strutturale e innovativa in grado di invertire la rotta.

Concretamente: congedi per madri e padri; sgravi fiscali; assegni. Il primo investimento dello Stato e dell'Europa può e deve essere la famiglia e ancor di più la famiglia giovane. E' un segnale preoccupante il continuo ritardo con il quale ci si sposa e nascono i bambini, il più delle volte un solo bambino. Rispetto all'attuale momento di crisi che attanaglia l'Europa ed il mondo, accogliamo l'invito di Benedetto XVI a non "valutare questa situazione solo attraverso un'analisi strettamente finanziaria". Non basta dire più lavoro, più impresa, più ricerca. Diciamo tutti e convintamente: più famiglia. E famiglia significa anche stabilità contro precarietà. Dobbiamo ripensare insieme quello che finora hanno portato concretamente flessibilità e mobilità rispetto alla vita quotidiana delle nostre famiglie. Dopo le manovre dell'emergenza, gli Stati dell'Europa devono subito progettare un piano comune e straordinario per la famiglia e per i figli, che restano un bene da riconoscere, preservare e soprattutto rilanciare. La famiglia é il luogo della solidarietà intergenerazionale dove l'equilibrio tra giovani e anziani diventa ricchezza umana e morale; é il luogo della condivisione; é la finestra aperta verso il mondo. Non chiudiamo quella finestra e usciamo dall'illusione di vivere solo il presente. Chi guiderà e garantirà il nostro Paese, la nostra comunità, la nostra gente, sono proprio i nostri figli: solo loro sono il nostro futuro.



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