Il Presidente: Discorsi

Assemblea della Confederazione Nazionale dell'Artigianato

Intervento del Presidente del Senato, Renato Schifani, presso l' Auditorium di Via della Conciliazione di Roma

15 Novembre 2012

Autorità, Signore e Signori,
sono lieto di partecipare all' Assemblea della Confederazione Nazionale dell'Artigianato.
L'artigianato italiano rappresenta da sempre al meglio la straordinaria vitalità del tessuto imprenditoriale del nostro Paese.
Le nostre piccole e medie imprese incarnano il dinamismo della forza dell'economia nazionale e riflettono le straordinarie capacità dei nostri imprenditori e degli attuali scenari del Paese.
Sono la grande ricchezza dell'Italia che ci viene riconosciuta in tutto il mondo, per l'eccellenza delle produzioni e dei saperi e mai come oggi costituiscono il fattore "strategico" su cui dover puntare per affrontare e combattere le difficili sfide del nostro futuro.


Il tema della vostra Assemblea è declinato in tre termini: Economia, Lavoro e Società.
Non vi è Economia senza impresa. E in Italia la stragrande maggioranza delle imprese è rappresentata dalla PMI.
A monte della crisi che oggi attraversa la nostra economia, ci sono le profonde trasformazioni degli ultimi decenni nella "divisione" del lavoro internazionale, determinate dall'emersione di nuovi produttori nella competizione.
Sono gli effetti degli attuali cambiamenti geo-economici del pianeta, che sono progressivamente mutati per effetto della globalizzazione.
La globalizzazione ha annullato la rendita di posizione dei Paesi in cui era nato il "primo" capitalismo, rimettendo in discussione il suo ruolo egemone, rispetto a territori considerati tradizionalmente in "via" di sviluppo.
Mi riferisco alla trasformazione in diversi settori e comparti dell'economia iniziata con le produzioni estere a maggior contenuto di manodopera.
Una inversione di tendenza, se consideriamo che in tutto il XX secolo, proprio questi Paesi avevano sostenuto lo sviluppo dell'industria manifatturiera italiana e di altre nazioni più avanzate.
Il fenomeno ha poi progressivamente interessato anche settori più innovativi.
Il segno inequivocabile di questo mutamento é rappresentato oggi dai processi di integrazione monetaria anche su scala continentale, come è avvenuto in Europa.


E la moneta, anch'essa nata con gli stati nazione, si è tramutata nel principale veicolo di superamento dei classici confini politici.
In questo contesto, la crisi internazionale iniziata nel 2008 ha solo messo ancora più a nudo le debolezze strutturali della competitività dell'economia italiana.
Nei consumi interni, poi, la progressiva riduzione del potere di acquisto delle famiglie dovuta alla diminuzione del valore di acquisto della moneta unica e all'aumento dei prezzi di prima necessità, i problemi sul versante occupazionale, le difficoltà nell'accesso al credito e la austerità delle politiche fiscali, continuano ad avere effetti fortemente depressivi sulla domanda.
E' evidente che proprio la piccola impresa, che opera prevalentemente sul mercato domestico, soffre perciò più di altre di questa fase mi auguro soltanto transitoria dell'economia nazionale.
Sono fattori ben risalenti nel tempo attribuibili in parte al mancato adeguamento del Paese ai nuovi scenari competitivi.


Si impone perciò oggi all'Italia, come non mai, l'adozione di strategie di difesa a supporto delle imprese.
Non mi riferisco ad aiuti diretti in senso proprio, ma alla necessità di rimuovere ben noti fattori di contesto che ne limitano l'azione.
Alle imprese, a loro volta, dobbiamo chiedere di non lesinare gli investimenti nell'innovazione dei prodotti, dei processi e della tecnologia, per far fronte all'aggressività delle produzioni che provengono soprattutto dai mercati emergenti.
Questa è l'unica strada per consolidare il posizionamento competitivo del nostro sistema produttivo, specialmente nei classici comparti del made in Italy, che rappresentano il fulcro della nostra economia.
Siamo consapevoli che tutto questo comunque non basta.
Occorre infatti agire anche sulle altre leve del sistema.
Le istituzioni sono chiamate a compiere ogni sforzo per trovare soluzioni ad antichi e nuovi problemi che sono sempre più complessi, e non più rinviabili.
In particolare, vanno affrontate e portate a soluzione le sfide per la riduzione complessiva e lo snellimento del peso della macchina pubblica, e va perseguita costantemente la riduzione del carico fiscale.
Il miglioramento della qualità dei servizi nella giustizia, così come nei servizi pubblici locali, é un obiettivo divenuto cruciale e irrinunciabile per rafforzare l'apparato produttivo.
Le PMI vanno inoltre aiutate e agevolate con politiche pubbliche a sostegno della spesa in ricerca e innovazione: due priorità indispensabili per rilanciare efficacemente le prospettive di sviluppo nella difficile fase che stiamo vivendo.



Quanto al Lavoro, alla centralità di questo diritto consacrato nella nostra carta costituzionale, l'azione di riforma deve mirare a soluzioni che lo collochino come momento fondamentale della vita individuale e collettiva, prima ancora che come fattore della produzione e dello sviluppo economico.
I dati economici ci dicono che la bassa crescita della produttività del lavoro italiana, comparata a quella delle altre economie, non è legata solo alla dinamica dei fattori e non dipende soltanto da investimenti "insufficienti".
Bisogna, allora, intervenire sulla effettiva capacità del sistema di istruzione e di formazione professionale per riuscire a fornire tutti gli strumenti di base utili per l'accesso dei giovani al mondo del lavoro.
Il tema della concorrenza, poi, riveste un ruolo decisivo, non solo sul piano economico, ma su quello politico e della coesione sociale.
Come segnala puntualmente l'autorità garante per la concorrenza, occorre infatti rimuovere gli ostacoli e semplificare l'accesso e la concorrenza nei mercati regolamentati, generatori spesso di costi impropri per il sistema delle imprese.

Società, è il terzo termine della tavola rotonda di oggi.
La coesione sociale è messa oggi a grave rischio proprio per la difficile fase economica.
Si rende perciò quanto mai necessaria l'adozione di una combinazione di politiche sociali, dell'istruzione e della formazione professionale, e del mercato del lavoro, che favoriscano ad ogni livello il riconoscimento del merito individuale e della responsabilità.
Le analisi di tutti gli organismi internazionali sottolineano infatti che le società nelle quali vi è speranza di poter avanzare nella scala sociale grazie ad abilità, talento e sforzi personali - piuttosto che grazie alle opportunità risultanti dal proprio ambiente socioeconomico - presentano sempre un rilevante dinamismo.
Una più elevata mobilità sociale intergenerazionale contribuisce indubbiamente a migliorare l'efficienza economica mediante una migliore allocazione del talento, ma assicura, al tempo stesso, un miglior clima di coesione sociale.
Economia, lavoro e società sono, allora, strettamente intrecciati.
Prima di ogni azione di politica economica, occorre infatti rimettere il Lavoro, dipendente o autonomo che sia, al centro dell'economia per promuovere lo sviluppo armonico della società.
Il lavoro è infatti il fattore dove le persone collocano le loro aspirazioni e i loro sogni.
La più grande responsabilità che grava sulla politica oggi è quella di garantire il lavoro ai tanti che lo hanno perso o hanno rinunciato a cercarlo per effetto della crisi economica.
Bisogna creare nuova occupazione.


Cercare risposte alla crisi vuole dire intraprendere un percorso che recuperi la politica industriale senza riserve e con volontà bipartisan.
Dare concretezza alla parola crescita deve significare non solo volontà di attuarla, ma deve essere un risultato concreto da realizzare in tempi accettabili e mi auguro più brevi possibili.
Servono i fatti, perché i sacrifici che sono stati imposti agli italiani assumono significato solo se accompagnati e seguiti da una effettiva ripresa che restituisca serenità a quanti attendono risposte adeguate e reali.
Ogni futura riforma dovrà avere come obiettivo prioritario quello di restituire fiducia, serenità e benessere agli italiani.
In questa direzione la politica ha una grande responsabilità ed un compito gravoso da portare a termine.
Lo deve fare mirando alla coesione sociale che è il presupposto indispensabile per attuare le riforme.
Lo deve fare perché l'Italia ha il diritto di tornare a sorridere e a sperare, dopo tante difficoltà ed ostacoli.
Lo può fare perché il nostro Paese possiede ricchezze di grande valore non solo economico, ma soprattutto intellettuale ed etico.


Se sapremo sfruttare questo tesoro, a breve potremo lasciarci alle spalle le tensioni sociali, le sofferenze, le difficoltà e tornare ad essere una Nazione competitiva all'interno e all'esterno dei nostri confini, e lontana da affanni economici.
I vostri sogni, i vostri obiettivi, devono essere al centro della responsabilità politica.
Di questo, proprio Voi, siete oggi i migliori testimoni.



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