Il Presidente: Discorsi

La democrazia in Europa 20 anni dopo le prime elezioni libere

23 Ottobre 2009

Signor Presidente, Onorevoli Colleghi,
vorrei innanzitutto porgere un vivo ringraziamento al Presidente Bogdan Borusewicz che ci ha riunito a Danzica, città simbolo della storia del XX secolo. Settanta anni fa, nel 1939, Danzica subì l'aggressione nazista, da cui ebbe inizio la seconda guerra mondiale.
E dopo gli orrori della follia hitleriana, di cui furono vittime milioni di cittadini polacchi ed europei, la libertà e la democrazia sono state oppresse in Polonia e negli altri paesi dell'est per lunghi decenni.
Quella follia distruttiva che colpì in modo tragico milioni di ebrei nel tentativo di privarli della loro stessa inviolabile dignità.

A Danzica, con gli scioperi operai del 1980, nacque Solidarnosc, quella straordinaria esperienza politica all'origine del movimento che finì per travolgere il regime comunista.
E oggi ci riuniamo in Polonia, cuore dell'Europa, emblema del suo riscatto, della sua rinascita, della sua libertà conquistata con coraggio e tenacia, proprio su invito del Senato, la cui elezione nel 1989 fu la prima libera consultazione popolare oltre quella cortina di ferro che ha diviso l'Europa e che, proprio quell'anno, venne meno con la caduta del muro di Berlino.
Sono quindi onorato di celebrare con Voi, nell'anno che il Senato polacco ha voluto dichiarare "anno della democrazia", quel 1989 che costituisce un patrimonio ideale dell'Europa riunificata nel segno della democrazia e della libertà.
Un'Europa "unita nella diversità" che oggi più che mai deve trovare in sé la forza per andare avanti nel cammino dell'integrazione.
I popoli e i cittadini chiedono un'Europa virtuosa e non un'Europa virtuale.

Le politiche dei singoli Stati in settori delicati, quali l'ambiente, l'economia, l'immigrazione, la politica estera e di difesa, la giustizia, non possono che svilupparsi entro una condivisa e comune cornice etica e ideale.
Nessuna etica ed idealità può accantonare o eludere la ricerca di quel filo rosso che tiene unite le storie, le aspirazioni, i bisogni profondi degli individui.
Il tema dell'identità, delle radici comuni e cristiane dell'Europa non può essere tradito invocando in modo strumentale i principi di non discriminazione o di separazione della sfera pubblica da quella religiosa.
E' forse maturo il tempo, cari Colleghi, di recuperare il messaggio di pace che un illustre cittadino di questa nobile terra, Giovanni Paolo II, e il suo successore Benedetto XVI, entrambi figli della nostra Europa, hanno rivolto ai popoli e agli Stati perché la comune storia di civiltà sia la "forza di gravità", capace di attrarre le diverse Nazioni su un condiviso e riconosciuto codice morale.

Un'Europa vera, virtuosa e non virtuale, può aspirare ad essere uno spazio aperto solo a patto di non diventare uno spazio vuoto.
L'identità arricchita dall'incontro con l'altro non significa disperdere il proprio patrimonio spirituale e religioso, culturale, umanistico, ma esserne pienamente consapevoli, per proporsi come portatori di un'autentica ricchezza di umanità.
L'Europa di De Gasperi, Adenauer, Schumànn, non fu solo un'idea, né quella di oggi può apparire solo un'ideazione.
L'Europa deve, invece, essere l'ispirazione di uomini liberi per un avvenire di pace che tutti insieme dobbiamo costruire.
La strada dell'integrazione europea ha conosciuto accelerazioni, seguite da momenti di freno.
L'esito positivo del referendum irlandese e la recente firma del Presidente della Polonia stanno completando il percorso di ratifica del Trattato di Lisbona.
Attendiamo fiduciosi la Repubblica Ceca che, sono sicuro, completerà presto il mosaico istituzionale della nuova Europa, con un deciso rafforzamento del ruolo e delle competenze del Parlamento europeo e dei singoli Parlamenti nazionali.
Un'Unione europea più consapevole del suo ruolo saprà consolidare il rapporto anche con la Russia, un grande paese geograficamente e culturalmente dentro l'Europa, un partner privilegiato e strategico per la sicurezza del nostro continente e per le grandi questioni economiche, a partire dall'approvvigionamento energetico.
I Parlamenti e i nostri Senati d'Europa sono e devono essere i luoghi privilegiati di questa nuova sfida.
Una sfida che dobbiamo sapere raccogliere anche all'interno dei nostri Paesi, attraverso processi di riforma che sappiano valorizzare i momenti di sinergia tra le Istituzioni europee, quelle centrali e le realtà locali.
Riformare significa riconoscere e rinnovare, uscire dalle proprie chiusure e aprirsi alla cultura della fiducia e della speranza.

E' in questo contesto e con questo auspicio, Onorevoli Colleghi, che sarò lieto di accogliervi a Roma il 16 e 17 aprile prossimi, in occasione del X anniversario della nostra Associazione.
Discuteremo assieme del ruolo dei nostri Senati, punto di saldatura tra autonomie regionali ed Unione europea, architrave tra solidarietà e sussidiarietà, in un'epoca, quella della globalizzazione, che richiede a tutti noi il coraggio della chiarezza e della lungimiranza.
Vi ringrazio.




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