Il Presidente: Discorsi

Cerimonia per lo scambio degli auguri di fine anno al Quirinale - 2010

Discorso pronunciato dal Presidente del Senato, Renato Schifani, nel corso della cerimonia di presentazione degli auguri di Natale e Capodanno al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da parte delle Alte Magistrature della Repubblica (Palazzo del

20 Dicembre 2010

Signor Presidente della Repubblica,
è un onore per me formularLe, in occasione delle feste del Santo Natale e di fine anno, gli auguri più sinceri anche a nome del Presidente della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Presidente della Corte costituzionale, delle Autorità civili e militari della Repubblica e di tutti i presenti. A Lei ci rivolgiamo grati per l'autorevolezza con la quale interpreta il ruolo di garante dei valori e dei rapporti costituzionali e per l'impegno quotidiano da Lei con equilibrio esercitato in quella attività di moderazione e di persuasione morale che la nostra Carta assegna al Capo dello Stato, riferimento indispensabile della vita pubblica del nostro Paese.

Ci rivolgiamo a Lei come rappresentante dell'Unità della Nazione, che ci accingiamo, l'anno prossimo, a celebrare. Dovrà essere questa ricorrenza l'occasione, come Lei non si stanca di ripetere, "di un esame di coscienza collettivo" per ritrovare, attraverso una matura riflessione sui momenti salienti del lungo percorso che ha portato all'edificazione dello Stato unitario e quindi dello Stato repubblicano, le ragioni profonde del nostro essere Nazione. Dobbiamo e dovremo ricordare ai nostri giovani - spesso non pienamente resi da noi consapevoli - che grazie a questa conquista, l'Italia, Nazione antica, facendosi Stato, è entrata nella modernità. Nella storia del secolo tormentato che si è concluso, questa conquista è stata messa a dura prova dalle follie del regime totalitario e del terrorismo, sempre fortunatamente senza successo, consolidandosi le Istituzioni repubblicane nella comune casa europea e nell'ambito di provati rapporti internazionali.

Da quelle sfide ci siamo risollevati più forti e coesi grazie alle positive energie vitali così radicate nella nostra società e nel nostro popolo. Questa lezione della storia ci deve servire oggi per dare risposte alle paure, alle nuove linee di frattura che la crisi economica propone nel corpo della nostra, come di tutte le società occidentali in un mondo in cui anche il timore e le preoccupazioni sono ormai globalizzate. Serve una maggiore capacità di ascolto, di comprensione delle tante inquietudini; ma la storia ci insegna anche come debba essere ferma e coerente la condanna verso ogni forma di reazione violenta alle difficoltà. Nella ricerca, invece, di quelle vie, di quegli stessi percorsi che i nostri Padri tracciarono negli anni duri del dopoguerra.

Serve un comune senso di responsabilità, nell'interesse del Paese, che richiede oggi più che mai un rinnovato appello allo spirito di solidarietà e di coesione. Come Lei, Signor Presidente, ha molte volte ricordato e a tutti noi testimoniato senza incertezze, lo "spirito nazionale" è la linfa della nostra comunità e della nostra civile convivenza. Il "senso dello Stato" poggia sul sentimento di comune appartenenza alla Nazione, alla sua storia, al suo destino.

Nel segno di questo spirito e di questa coesione dobbiamo oggi, uniti, ricordare i nostri caduti nelle missioni militari di pace. L'impegno dei nostri militari nelle aree più difficili a difesa della legalità internazionale, per la costruzione di un mondo più pacifico e giusto, è il segno visibile della capacità di testimoniare l'ideale di un comune destino e di un rinnovato slancio di coesione nazionale. Una coesione che si ritrova nell'ampio e trasversale consenso fra tutte le forze politiche che segna in ogni occasione l'esame parlamentare dei provvedimenti che autorizzano la partecipazione italiana a queste missioni.

A pochi giorni da festività, tanto sentite e care, ai nostri militari e ai loro familiari va dunque un pensiero grato del Parlamento e dell'Italia tutta; un pensiero che rivolgiamo a Lei, Signor Presidente, che delle Forze armate, secondo la Costituzione repubblicana, ha il comando, nella consapevolezza degli ulteriori impegni che stiamo assumendo con i nostri alleati, proprio nel segno di quegli ideali e di quei valori che nutrono la nostra storia nazionale.

Una storia che si intreccia, oggi più che mai, con quella dell'Europa che è per noi italiani, come Lei non si stanca di ricordare, "una seconda Patria". La profonda crisi finanziaria ed economica esplosa nel 2008 pone all'Europa sfide cruciali. Come Lei ha efficacemente detto Signor Presidente o l'Europa "farà un balzo in avanti sulla via dell'integrazione" affermandosi come soggetto unitario capace di leadership insieme con altri sull'arena mondiale o "diventeremo spettatori". "O vi sarà dunque un'Europa più unita, più integrata e più consapevole delle proprie virtù e potenzialità, più risoluta ad avanzare, anche non tutta insieme", o vi sarà il declino. Siamo con Lei, Signor Presidente, pienamente consapevoli che la morte dell'Europa non lascerebbe neppure noi superstiti. Ogni sforzo è un preciso dovere di lealtà e coerenza per una storia che ci appartiene e ha segnato la rinascita ed il riscatto dei nostri popoli.

All'Italia spetta dare un contributo fattivo per vincere queste nuove sfide, nel segno della sua storia e dell'insegnamento dei nostri padri fondatori, da Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi ad Altiero Spinelli. In questo solco, la Sua lezione - Signor Presidente - interpreta un sentimento condiviso tra le forze politiche e parlamentari ed è per noi tutti un monito prezioso, un vero e proprio indirizzo politico costituzionale, che è emerso visibile nel voto unanime dell'Assemblea di Montecitorio e di quella di Palazzo Madama sul Trattato di Lisbona, come anche nell'ampia convergenza di valutazioni che vi è stata, sia in Aula al Senato, sia nelle Commissioni competenti tanto al Senato quanto alla Camera, circa la necessità di rafforzare la governance economica europea. Di fronte alle sfide nuove che stanno affrontando la moneta unica e tutti i paesi dell'area dell'euro, dobbiamo riaffermare e ritrovare le ragioni profondamente politiche della costruzione europea. La scelta dell'euro è storica e irreversibile, ed impone oggi una coesione sempre più profonda e convinta.

Signor Presidente, l'anno che si sta per aprire sarà, per il nostro Paese, decisivo. La spirale di polemiche, di tensioni ed anche purtroppo di violenza che vuole drammatizzare la vita pubblica del Paese non può e non deve intaccare l'attività delle Istituzioni. Le sfide che abbiamo di fronte richiedono stabilità, coesione, capacità di visione. I 150 anni dell'unità d'Italia testimoniano che la nostra Nazione ha saputo superare anche le prove più dure attraverso il senso di una appartenenza dove nessuno è rimasto spettatore, ma ciascuno ha saputo realizzare il protagonismo della virtù. I 150 anni dell'unità d'Italia sono il segno forte di una Nazione "ritrovata" e, ancora una volta, Istituzioni, politica, società civile, cittadini tutti sono chiamati a non disperdere un patrimonio così prezioso che è garanzia essenziale per una storia che insieme potremo raccontare alle future generazioni, la nostra storia di italiani.

Con questi auspici, rinnovo a Lei, signor Presidente, e a tutti i presenti, i più sinceri auguri.



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