Il Presidente: Discorsi

Presentazione del Rapporto Censis "Giustizia e territorio"

23 Luglio 2008

È un grande piacere per me accogliere questa mattina, presso il Senato della Repubblica, la presentazione del Rapporto "Giustizia e territorio", curato, con la consueta completezza e lucidità di analisi, dal Centro Studi Investimenti Sociali.
Vorrei rivolgere un saluto all'Associazione dei giovani avvocati italiani, al Presidente del Consiglio Nazionale Forense, al Presidente e ai ricercatori del Censis e a tutti i partecipanti a questa giornata di riflessione sulla situazione della giustizia italiana.

I risultati del Rapporto, che saranno fra poco illustrati, costituiranno l'occasione e lo stimolo per un confronto - che sono certo sarà concreto e collaborativo - tra esponenti del mondo politico, giudiziario e forense, per discutere ed approfondire le priorità di intervento nei confronti del sistema della giustizia.
È urgente porre mano, senza indugio, ai tanti elementi di criticità descritti nel Rapporto: non va dimenticato che ad ogni ritardo, inadeguatezza e inefficacia del sistema della giustizia corrisponde il disagio e la pena di una persona umana.

Il Parlamento e la politica nel suo insieme devono quindi considerare la priorità dell'intervento in questa delicatissima materia per ciò che effettivamente è: non una riforma contro qualcuno o qualcosa, o a favore di questo o quell'interesse settoriale, ma prima di tutto una riforma a favore del cittadino, che in questo caso è, quasi sempre, un cittadino che soffre.
Quando si leggono le statistiche sulla durata dei procedimenti, sull'arretrato degli uffici, sugli errori giudiziari va sempre tenuto presente che ad ogni fascicolo, ad ogni provvedimento corrisponde la vicenda umana di una persona, che dal sistema della giustizia attende la tutela del proprio diritto o la giusta pena per l'errore commesso.

Una rapida ed efficace azione riformatrice è la risposta che tutti costoro attendono dalla politica e dalle Istituzioni.
Il sistema giudiziario è a tal punto un pilastro della convivenza sociale, che il livello di fiducia dei cittadini nell'amministrazione della giustizia coincide, in gran parte, con il livello di fiducia nei confronti dello Stato: rispondere con chiarezza e coerenza su questo terreno costituisce, per la politica, un'occasione preziosa di recuperare all'appartenenza civile quei tanti cittadini che la fiducia mostrano di averla ormai perduta.

Il mondo dell'Avvocatura, che entra ogni giorno in contatto con questa dolorosa realtà di crescente sfiducia nella tutela giurisdizionale, ha più volte richiamato la politica e le Istituzioni ad assumere le proprie responsabilità ed agire con coraggio in questo settore.
Il primo livello d'azione è costituito, naturalmente, dalle innovazioni organizzative.
La Commissione Giustizia del Senato, con una decisione che ha registrato la piena concordia di maggioranza e opposizione, ha deliberato di avviare una indagine conoscitiva sull'efficienza della spesa nel settore giudiziario: un importante contributo alla razionalizzazione e al recupero delle risorse finanziarie, necessario ad avviare le più ambiziose integrazioni dell'organico e dell'organizzazione giudiziaria.

A questo proposito, il Governo ha annunciato, presso le sedi parlamentari competenti, una serie di misure concrete, che prevedono, tra l'altro, il rafforzamento delle sedi giudiziarie più carenti di personale, attraverso una ridefinizione del concetto di "sede disagiata" e del meccanismo di incentivazione al trasferimento in essa, nonché la razionalizzazione dell'assegnazione delle cause e la creazione di un "ufficio per il processo", in grado di esaminare i flussi di lavoro degli uffici e i tempi di esaurimento dei singoli procedimenti.
È significativo notare come una parte rilevante di queste misure coincida con il contenuto di disegni di legge presentati da autorevoli esponenti dell'opposizione: è l'ulteriore conferma che sulla soluzione di molti fra i problemi della giustizia vi è una certa comunanza di obiettivi tra tutte le principali forze politiche.

Vi è però un secondo livello di azione, che esprime più direttamente la responsabilità del Legislatore di attuare le disposizioni costituzionali in materia di giustizia.
La Costituzione, infatti, nel nuovo testo dell'articolo 111 attribuisce esplicitamente al Legislatore ordinario il compito di regolare il "giusto processo" - sulla base dei requisiti costituzionali - ed in particolare di assicurare la "ragionevole durata" dei procedimenti.
Conosciamo tutti la frequenza e l'entità delle condanne inflitte all'Italia per violazione dell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che impone, come la nostra Costituzione, la ragionevole durata dei processi.

Del resto, già nel 1956, in occasione della seduta inaugurale della Corte costituzionale, il Presidente De Nicola ricordava che "giustizia lenta non è giustizia".
Sul fronte del diritto penale, la principale risposta potrà venire dalla riforma dei codici, che il Governo ha assicurato sarà presto sottoposta al Parlamento, nella forma di leggi delega che raccolgano il lavoro delle commissioni di esperti istituite, a questo fine, dai due precedenti Governi.

A questo proposito si possono cogliere due segnali molto positivi: da un lato la volontà manifestata dall'esecutivo di mettere al centro del lavoro riformatore le Commissioni giustizia di Camera e Senato, senza costituire ulteriori commissioni tecniche; dall'altro il riconoscimento della sostanziale identità di vedute con il lavoro svolto dal precedente Governo, che dimostra la vicinanza delle posizioni di maggioranza e opposizione e può costituire la base per un lavoro accurato e condiviso, nell'interesse del Paese.
Accanto alle garanzie per gli imputati e alla ragionevole durata, vi è naturalmente l'altra faccia di un processo giusto, che è costituita dalle garanzie per le vittime e dalla certezza della pena.

Un primo, immediato segnale in questo senso è stato offerto dalle misure contenute nei provvedimenti del "pacchetto sicurezza", il primo dei quali sarà approvato definitivamente dal Senato nel corso di questa settimana.
Non vi è, però, soltanto la giustizia penale.
Troppo spesso nell'immaginario collettivo i problemi della giustizia sono confusi con quelli della giustizia penale : in questo modo non si dedica sufficiente attenzione ai gravi problemi della giustizia civile, che a mio avviso determinano pesantissime ricadute sul fronte dello sviluppo economico dell'intera Nazione.

Come si può pensare, infatti, che un Paese che aveva, al 31 dicembre 2007, quasi cinque milioni di cause civili pendenti possa costituire un terreno fertile per l'iniziativa economica e lo sviluppo, in grado di attrarre gli investimenti stranieri ed offrire alle nostre imprese le condizioni per competere ad armi pari sullo scenario globale?
Il Censis delinea il quadro di un sistema che non tiene più il passo di una società che si evolve ben più velocemente dell'ordinamento giuridico.

Questa società in rapida evoluzione pretende risposte esaurienti in termini di qualità e rigore tecnico della decisione giudiziaria, ma anche e soprattutto in termini di certezza e rapidità dei tempi nei quali tale decisione viene adottata.
Una possibile risposta potrebbe essere una prudente ma sostanziale apertura a meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie, ponendo al servizio dei cittadini e delle imprese un ventaglio sempre più ricco di opzioni fra procedure giurisdizionali e procedure di tipo arbitrale, in linea con il crescente interesse manifestato, in questa direzione, dagli altri ordinamenti europei.

La tutela del consumatore e la risoluzione di controversie commerciali sono due tra i molti esempi di grandi aree di rapporti giuridici nelle quali il ricorso a metodi alternativi risulta di particolare utilità.
Si pensi alle conciliazioni presso le Camere di Commercio, che secondo il Rapporto Censis sono cresciute dal 2006 al 2007- nelle province considerate nell'indagine - del 50 per cento.
C'è davvero molto da fare.
Il mio auspicio è che il dibattito che seguirà l'illustrazione del Rapporto possa costituire l'inizio di un confronto alto e costruttivo fra Avvocatura, Magistratura e Istituzione parlamentare, affinché sia finalmente avviato un progetto coerente e coordinato di adeguamento e modernizzazione dell'intero sistema della giustizia italiana.



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