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Giovedì 23 Ottobre 2008 alle ore 09:33

76ª Seduta pubblica

Comunicato di fine seduta

Il Senato ha concluso la discussione generale del ddl n. 1108 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 137 recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università, già approvato dalla Camera dei deputati, rinviando alla seduta pomeridiana la votazione della proposta di non passare all'esame degli articoli avanzata dal sen. Morando (PD).

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Gelmini ha difeso il provvedimento oggetto di una campagna di falsificazione e di ingiustificato allarmismo che ha finito per sottoporre all'opinione pubblica un decreto virtuale molto lontano dallo spirito e dalla lettera della proposta ministeriale, fondata su dati inoppugnabili e su problemi di cui tutti a parole chiedono la soluzione. Il Ministero intende operare per una scuola migliore, ponendo al centro della sua azione lo studente, la sua preparazione e le opportunità per il suo futuro ed avendo l'obiettivo di restituire autorevolezza e dignità professionale ed economica agli insegnanti, anche attraverso un uso oculato delle risorse e il ricorso ad un modello di scuola che la allontani dalla sua attuale condizione di stipendificio che ha finito per proletarizzare la figura del docente. Malgrado la strumentalità delle proteste in atto e in attesa che l'opposizione voglia davvero avanzare proposte migliorative del decreto, il Ministro ha annunciato che convocherà nuovamente tutte le associazioni degli insegnanti, degli studenti e dei genitori a patto che oggetto del confronto sia il merito reale del decreto.

Le argomentazioni contrarie al decreto sono state sviluppate dai sen. Carlino, Lannutti, Astore (IdV), Negri, Poretti, Mongiello, Sbarbati, Blazina, Bertuzzi e Vittoria Franco (PD). Il decreto, privo di reale valenza innovativa ed anzi per molti aspetti ispirato a visioni restauratrici ed anacronistiche, risponde esclusivamente a ragioni di ordine finanziaria, secondo un'impostazione che considera la scuola alla stregua di una mera voce di spesa da tagliare. Nell'ambito di un disegno chiaramente volto a mettere in crisi la scuola pubblica in favore di quella privata, il provvedimento stravolge persino la scuola primaria, finora considerata esempio di qualità nell'offerta formativa, attraverso il ritorno al maestro unico del tutto incompatibile con le esigenze degli studenti e con la formazione specialistica degli insegnanti, una misura che determinerà la fine del tempo pieno e che non produrrà effetti positivi sulla spesa in considerazione delle risorse che andranno destinate all'aggiornamento professionale. Inaccettabili poi le norme che ghettizzano gli studenti stranieri e giustificato appare l'allarme per il futuro degli insegnanti in esubero e dei precari e per il destino delle scuole nei Comuni di montagna e delle isole minori.

A favore del provvedimento sono invece intervenuti i sen. Fasano, Musso, Sibilia, Firrarello, Compagna, D'Ambrosio Lettieri, Bevilacqua, Possa, Latronico, Quagliariello (PdL), Pittoni e Aderenti (LNP), i quali hanno sottolineato l'assoluta necessità di fronteggiare l'emergenza educativa in atto nel Paese sia attraverso una razionalizzazione amministrativa sia riformando il modello formativo offerto. Da troppo tempo la scuola è stata utilizzata quale ammortizzatore sociale, con il risultato di un numero di insegnanti superiore, in rapporto al numero degli studenti, a quello dei principali e più efficienti sistemi scolastici europei e dei conseguenti bassi livelli di retribuzione. Indispensabili anche gli interventi volti a restituire dignità ed autorità alla figura del docente, a garantire il diritto allo studio e al corretto svolgimento delle lezioni, a contrastare fenomeni socialmente allarmanti che discendono dall'inerzia, dal lassismo e dal disprezzo delle regole. Proprio per la serietà della proposta, che dimostra ancora una volta la capacità del Governo di assumersi la responsabilità di decidere oltre ogni conservatorismo e a dispetto delle resistenze corporative, risulta ancora più grave la decisione dell'opposizione di cavalcare una protesta ideologica che ripercorre una ritualità ormai indifferente persino al colore politico del Ministro di turno.

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