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Mercoledì 11 Luglio 2012 alle ore 16:39

763ª Seduta pubblica

Comunicato di fine seduta

Il Senato ha definitivamente convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile (ddl n. 3372).

Nelle ultime dichiarazioni di voto finali, già avviate nel corso della seduta antimeridiana, i sen. Viespoli (CN:GS-SI-PID-IB-FI), Serra (UDC-SVP-Aut:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI), Zanda (PD) e D'Alì (PdL) hanno dichiarato il voto favorevole dei rispettivi Gruppi. A fronte di una diffusa opinione volta a riconoscere al decreto il merito di ridefinire la missione fondamentale della protezione civile, così colmando il vuoto normativo determinato da una recente sentenza della Corte costituzionale, diversa è stata la valutazione rispetto alla precedente configurazione della protezione civile, giacché alcuni hanno manifestato apprezzamento per la netta discontinuità con la linea dei grandi eventi che, nell'ultimo decennio, ha fortemente segnato l'immagine pubblica e la stessa identità della struttura, mentre dal Gruppo PdL si è sottolineato come la protezione civile italiana sia da tempo ai vertici della qualità, sia a livello interno che internazionale, e costituisca il fiore all'occhiello del Paese. Positivo anche il giudizio sulla formula organizzativa a rete, che ruota intorno ad un sistema organico di più enti ciascuno dotato di distinte competenze e coordinati da un'autorità centrale. Voto contrario è stato dichiarato invece dal sen. Divina (LNP) che ha difeso le precedenti gestioni commissariali grazie alle quali sono stati avviati molti cantieri che hanno sostenuto la crescita in una fase difficile e che ha criticato la mancata previsione della possibilità di dedurre dall'IMU una polizza assicurativa contro i rischi di calamità naturali.

L'Assemblea ha quindi avviato la discussione congiunta del ddl n. 2914 di ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011; del ddl n. 3239 di ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra i Paesi dell'UE ad eccezione della Repubblica ceca e del Regno Unito, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012; e del ddl n. 3240 di ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012.

I relatori, sen. Dini (PdL) e Morando (PD), ne hanno illustrato i contenuti che delineano un complesso di interventi che si inseriscono in un ancor più ampio quadro di radicale revisione della governance economica europea quale risposta europea alla crisi dei debiti sovrani. Tale risposta si fonda su due pilastri: il rafforzamento delle regole e del monitoraggio comune per la disciplina fiscale (il cosiddetto fiscal compact) e la costruzione di meccanismi di sostegno finanziario per fronteggiare crisi di liquidità o periodi di difficile accesso ai mercati finanziari da parte di Paesi membri. Con i documenti da ratificare si sostituisce lo European Financial Stability Facility, cioè il primo intervento provvisorio messo in campo all'esplodere della crisi nel maggio del 2010, con il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), il cui organo decisionale centrale è il Consiglio dei governatori composto dai Ministri delle finanze dei Paesi appartenenti all'area euro, cui si aggiungono il commissario europeo per gli affari economici, il Presidente dell'Eurogruppo e il Presidente della Banca centrale. Tale organo decide normalmente di comune accordo ma in talune circostanze, per delle decisioni giudicate urgenti dalla Commissione europea e dalla BCE, è sufficiente una maggioranza qualificata dell'85 per cento dei voti espressi. Il contributo italiano è pari al 17,9 per cento e all'Italia, al pari di Germania e Francia, è riconosciuto un diritto di veto tanto sulle decisioni prese di comune accordo quanto su quelle urgenti. Il MES attiva la propria assistenza finanziaria soltanto a seguito della ricezione, da parte del Consiglio dei Governatori, della richiesta di uno Stato membro. L'accesso all'assistenza finanziaria del MES sarà offerto sulla base di un'analisi della sostenibilità del debito pubblico effettuata dalla Commissione europea di concerto con la BCE e, se possibile, insieme al Fondo monetario internazionale. Dal punto di vista dell'analisi politica, posto che nelle economie sviluppate non c'è stabilità monetaria senza stabilità finanziaria, va rilevato che se l'Eurozona fosse una Nazione sarebbe in quasi perfetto equilibrio, avrebbe un debito pubblico alto ma non eccessivo, avrebbe bassa inflazione, poco debito privato e un sostanziale pareggio delle partite correnti con il resto del mondo. Rispetto al passato, quando si sono a lungo contrapposte una ricetta di austerità espansiva e una volta al sostegno della domanda aggregata, oggi appare necessario operare contemporaneamente su tre versanti, quello dell'unione fiscale e dell'unione finanziaria, quello della crescita (specie per i riflessi sull'occupazione) e quello della solidarietà, una prospettiva ora resa più concreta dall'iniziativa del Governo italiano.

Nel corso della discussione sono intervenuti i sen. Bonino (Radicali nel PD), Divina, Boldi, Paolo Franco, Aderenti, Castelli, Massimo Garavaglia, Mazzatorta, Vaccari (LNP), Mascitelli, Belisario (IdV), Germontani, Contini (Terzo Polo:API-FLI), Malan e Azzollini (PdL). La gran parte degli interventi è stata a sostegno delle ratifiche considerate tra i provvedimenti più importanti adottati nel corso della legislatura. Il Gruppo IdV ha espresso delle perplessità considerando un grave errore assegnare al MES il ruolo di creditore privilegiato, cosa che alimenterà proprio quelle speculazioni finanziarie che si vogliono ostacolare. Nettamente contrario infine il giudizio del Gruppo LNP, soprattutto per l'impegno che l'Italia assume di rientrare in 20 anni di 60 punti di PIL, vale a dire di tre punti di PIL per ogni anno, un impegno assolutamente proibitivo per l'Italia.

Il seguito della discussione è stato rinviato a domani.

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