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Mercoledì 25 Luglio 2012 alle ore 12:05

776ª Seduta pubblica

Comunicato di fine seduta

Con 153 voti favorevoli, 138 contrari e 7 astenuti, il Senato ha approvato in prima lettura la riforma del Parlamento e della forma di Governo, nel testo proposto dalla Commissione e ampiamente modificato dall'Assemblea.

In sede di dichiarazioni di voto finali, il sen. Del Pennino (Misto-PRI) ha dichiarato l'impossibilità di votare a favore della riforma da parte del Gruppo Misto e della sen. Sbarbati (UDC-SVP-Aut:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Si tratta infatti di una riforma improvvisata, pasticciata e contraddittoria, frutto di uno scambio politico all'interno della vecchia maggioranza per ottenere da una parte un Senato federale di cui non si capiscono funzioni, composizione e modalità operative e dall'altra un semipresidenzialismo monco, soprattutto perché privo della necessaria riforma elettorale. Il tutto senza l'indispensabile revisione complessiva delle Autonomie locali oggi fonte di innumerevoli conflitti di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale.

Contrario il voto dichiarato dal sen. Pardi (IdV) che ha sottolineato sia i limiti del testo proposto dalla Commissione, frutto di un accordo tra le forze che sorreggono il Governo Monti, sia il testo finale ulteriormente peggiorato a seguito del baratto politico che ha portato alla ricostituzione della vecchia maggioranza di centrodestra intorno all'introduzione del Senato federale e del semipresidenzialismo. Il risultato è una profonda alterazione di tutti gli equilibri costituzionali in ossequio al falso assioma che la Costituzione attuale non consentirebbe di governare; anche se in realtà la riforma non vedrà mai la luce e con essa verrà meno anche la diminuzione del numero dei parlamentari.

Per il sen. Viespoli (CN:GS-SI-PID-IB-FI), che ha dichiarato il voto favorevole del Gruppo, proprio il Senato federale ed il presidenzialismo costituiscono i due pilastri della riforma in grado di corrispondere alle necessità di uno Stato moderno il cui livello centrale risulta parzialmente svuotato a seguito di successive cessioni di sovranità verso l'Europa e verso i territori. Il perimetro necessariamente ristretto della riforma impone l'istituzione di un'Assemblea costituente eletta insieme al prossimo Parlamento cui affidare il completamento del disegno riformatore.

Il voto contrario del Gruppo è stato motivato dal sen. Valditara (Terzo Polo:API-FLI) che ha lamentato come un accordo che avrebbe potuto introdurre immediatamente modifiche alla Costituzione volte a rafforzare i poteri del Premier, ad introdurre la sfiducia costruttiva, a creare una corsia preferenziale per i disegni di legge governativi, a superare il bicameralismo perfetto e a diminuire il numero dei parlamentari sia saltato a causa di un disegno politico strumentale con cui si tenta di introdurre il presidenzialismo, che pure è soluzione possibile se ampiamente condivisa, tentativo destinato a fallire con l'unica conseguenza di impedire la riduzione del numero di deputati e senatori.

Per il Gruppo UDC-SVP-Aut:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI è intervenuto il sen. D'Alia che ha duramente contestato la metodologia seguita dal PdL che ha fatto fallire il lungo lavoro svolto in Commissione che aveva portato ad un testo condiviso da una maggioranza superiore a quella dei due terzi. Per un puro calcolo elettorale, politicamente irresponsabile, la riforma non vedrà mai la luce, affossata dal ritorno all'idea dell'uomo solo al comando che già ha condotto il Paese nell'attuale situazione di crisi economico-sociale; unica possibilità di rimediare è concentrarsi sulla riforma elettorale. Il sen. Peterlini, a nome delle componenti autonomiste del Gruppo, ha invece dichiarato voto di astensione. Nettamente contraria la posizione espressa dal senatore a vita Colombo.

Il convinto voto favorevole del Gruppo è stato dichiarato dal sen. Calderoli (LNP), secondo il quale la priorità assoluta è far cadere il Governo Monti che ha peggiorato tutti i parametri economici rispetto al precedente Esecutivo e che sta facendo fallire il Paese avvicinando il Nord all'ipotesi di andarsene per proprio conto. Gli emendamenti della Lega sul Senato federale e del PdL sul semipresidenzialismo danno sostanza a una riforma altrimenti vuota e che anche la sinistra dovrebbe votare se si vuole evitare di eleggere un Capo dello Stato a scadenza, quale sarebbe il prossimo Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento il giorno in cui entrerà in vigore l'elezione diretta.

La sen. Finocchiaro (PD) ha evidenziato come, senza il tradimento dell'accordo tra le forze che sorreggono il Governo Monti operato dal PdL, oggi si sarebbe potuta votare una riforma contenente le riduzione del numero dei parlamentari, l'affievolimento del bicameralismo perfetto, la sfiducia costruttiva e l'aumento dei poteri del Premier, ed invece tutto viene travolto a causa di una forza politica inaffidabile che viene meno ad un impegno assunto dal suo stesso Segretario, dimostra di preferire un rinnovato feeling con la Lega Nord alla lealtà nei confronti del Governo Monti e rende quanto mai dubbia la prospettiva di modificare l'attuale legge elettorale.

Infine, il sen. Quagliariello (PdL) ha dichiarato il voto favorevole del Gruppo sottolineando come il primo voto espresso in Parlamento a favore dell'opzione presidenzialista rappresenti un fatto estremamente significativo per assicurare al Paese un'architettura istituzionale all'altezza delle terribili sfide dei tempi. Senza un messaggio forte nel segno del recupero di efficienza e credibilità delle istituzioni, anche la pur necessaria riforma elettorale non avrebbe alcun vantaggio. L'Aventino scelto dalla sinistra è una fuga dalla realtà e se le ragioni del dissenso sul presidenzialismo sono solo di metodo, il PdL è pronto a prevedere il referendum confermativo anche in caso di approvazione con una maggioranza dei due terzi.

Al termine delle dichiarazioni di voto, un breve dibattito cui hanno partecipato, oltre al Presidente Schifani, i sen. Gasparri (PdL), Calderoli (LNP), Rutelli (Terzo Polo:API-FLI) e Ceccanti (PD) ha evidenziato come la soluzione di alcune questioni di compatibilità tra disposizioni contenute nel testo approvato sarà affidata alla lettura che la Camera dei deputati si accinge ad avviare.

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