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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 42 (Nuova Serie), dicembre 2017

Percorsi di storia economica

Per una geografia storico-economica. Il Portogallo (Parte seconda: dal XVII secolo al 1926)

Abstract

Il Portogallo aveva fondato la propria ascesa economica sulla conquista e lo sfruttamento di vasti possedimenti coloniali. Nel corso dell'età moderna e contemporanea, tuttavia, il suo impero subì un progressivo ridimensionamento e la gestione dei traffici al suo interno passò in notevole misura nelle mani di operatori esteri (soprattutto inglesi). In compenso il paese beneficiò, nel secondo Settecento e per alcuni decenni dell'Ottocento, d'una crescita delle attività produttive, la quale tuttavia non fu abbastanza sostenuta da risollevarne le condizioni generali. Lo scontento della borghesia circa la situazione del paese determinò un succedersi di crisi politiche, che portarono nel 1820 alla nascita d'una monarchia costituzionale, nel 1910 all'instaurazione della Repubblica e infine nel 1926 alla presa del potere da parte dei militari.

1. I secoli XVII e XVIII

2. L'Ottocento

3. Dalla crisi della monarchia all'avvento della dittatura militare

4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

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1. I secoli XVII e XVIII

· La perdita di posizioni nel commercio internazionale

Nel 1580 l'invasione del paese da parte del re Filippo II portò al suo inglobamento nel dominio spagnolo. Morineau (1980) rileva tuttavia che dal punto di vista amministrativo il Portogallo mantenne una notevole autonomia, la quale si rifletté in ambito economico: non si verificò pertanto un inserimento degli spagnoli nelle aree di commercio dei portoghesi.

Un ridimensionamento della potenza commerciale portoghese si ebbe invece, nel corso del Seicento, per effetto dell'affermazione delle nuove potenze nordeuropee. Scrive Saraiva (2004) che in questo secolo si intensificarono gli attacchi inglesi, francesi e olandesi alle navi e alle colonie portoghesi, con conseguente perdita non solo di molti carichi, ma addirittura di vari insediamenti. Inglesi e olandesi seppero espandere la loro influenza anche per via diplomatica. Una volta che la rivolta nobiliare del 1640 ebbe condotto alla restaurazione della monarchia e quindi dell'autonomia dalla Spagna, il Portogallo si trovò obbligato a cercare l'appoggio britannico, per rafforzare la propria posizione sulla scena politica continentale; ma per ottenerlo dovette sottoscrivere (nel 1654) un trattato assai oneroso, che apriva agli operatori d'oltremanica il commercio nelle colonie e limitava la tassazione delle merci di provenienza inglese. Anche i Paesi Bassi riuscirono a imporre la firma d'un trattato ad essi favorevoli: nel 1661, pur di non dovere più sostenere la guerra in corso con tale paese, il Portogallo riconobbe le sue conquiste (le quali costituivano quasi tutte le colonie lusitane nell'Oceano Indiano e nel Pacifico) e concesse anche ai mercanti olandesi d'inserirsi nei commerci interessanti i possedimenti di cui continuava a disporre.

Questa perdita di posizioni è confermata da Deyon (1980), il quale aggiunge che gli olandesi riuscirono ad acquisire delle basi anche nell'Africa settentrionale. A metà del Seicento l'impero commerciale portoghese contava perciò soltanto due poli di grande rilievo (il Brasile e l'Africa sud-occidentale) ed aveva quale fondamentale centro di gravità il solo Oceano Atlantico. Si trattava peraltro d'un impero ancora assai prospero, come dimostra la consistenza dei flussi di merci che lo attraversavano: le colonie fornivano alla madrepatria o si scambiavano schiavi, avorio, piante coloranti, tabacco, zucchero e oro, mentre assorbivano prodotti dell'industria manifatturiera europea. La crescente partecipazione di inglesi e olandesi a questi traffici, tuttavia, stava ridimensionando anche i benefici da essi ricavabili.

· Il declino economico

Osservando queste trasformazioni, Saraiva (2004) valuta che nel Seicento il mantenimento delle colonie divenne meno redditizio e più dispendioso, venendo a costituire una fonte di spese più che di guadagni. Dato il ruolo centrale dello sfruttamento delle colonie nell'economia portoghese, ciò determinò un generale decadimento di quest'ultima. Risulta infatti che in quel secolo le entrate fiscali dello Stato derivanti dalla produzione interna di beni andarono diminuendo. In reazione a questa tendenza, verso il 1700 si tentò di promuovere l'attività manifatturiera, proibendo l'importazione di vari articoli; ma la mancanza di materie prime, di capitali e di competenze frustrò questi tentativi, facendo sì che la popolazione continuasse a ricercare le merci straniere e che queste, in violazione delle leggi, continuassero ad essere importate. Questa politica protezionista ebbe inoltre breve durata, in quanto l'azione diplomatica condotta dall'Inghilterra, dai Paesi Bassi e dalla Francia indusse la corona a riaprire il mercato nazionale ai tessuti di tali nazioni. Il guadagno maggiore che il paese trasse da questo tentativo, pertanto, fu forse rappresentato dalle concessioni fatte dall'Inghilterra in cambio della rinuncia al protezionismo, le quali determinarono un incremento del consumo di vini portoghesi da parte di quest'ultima.

· La ripresa dello sviluppo

Da Saraiva (2004) possiamo riprendere anche la ricostruzione delle vicende settecentesche del Portogallo. All'inizio di quel secolo si ebbe un miglioramento della condizione economica, dovuto però unicamente alla scoperta di miniere d'oro in Brasile, dalla quale derivò l'afflusso di nuova ricchezza nella madrepatria. Delle trasformazioni di maggior rilievo si verificarono invece dopo il 1750, per effetto delle riforme portate avanti dal marchese di Pombal, funzionario regio di origini borghesi (il titolo nobiliare gli fu assegnato proprio quale riconoscimento della sua attività al servizio della corona) che per oltre un ventennio si spese per la modernizzazione delle strutture dello stato, per il rinnovamento dell'insegnamento e per la promozione dell'economia. In quest'ultimo ambito si distinse per la propria opera d'incoraggiamento delle attività commerciali e industriali: egli infatti favorì - tramite la concessione di monopoli - la formazione di compagnie commerciali private, ma destinate ad agire sotto la direzione dello Stato; e similmente stimolò, concedendo loro dei privilegi, la nascita di nuove imprese, avendo anche cura di far affluire in Portogallo tecnici stranieri, che trasmettessero agli operatori locali le proprie più avanzate conoscenze. I risultati di questa politica furono positivi, in quanto aumentò di molto il numero delle manifatture presenti nel paese; il progresso delle medesime sul piano delle tecnologie impiegate, tuttavia, non fu tale da determinare, come all'epoca stava avvenendo in Inghilterra, l'introduzione delle macchine a vapore nei processi di lavorazione.

Dopo il 1777 il marchese di Pombal cadde in disgrazia e fu rimosso dal suo incarico. L'orientamento del governo a quel punto cambiò: fu introdotta una maggiore libertà di commercio, furono privatizzate delle manifatture di proprietà dello Stato e in generale furono adottati criteri di politica economica meno dirigisti. Lo sviluppo del paese, comunque, proseguì anche in questa nuova fase, grazie anche all'acuirsi della rivalità commerciale tra francesi e inglesi, che ponendo i primi in difficoltà sull'Atlantico offrì ai portoghesi maggiori possibilità d'azione.

2. L'Ottocento e il primo Novecento

· Le guerre napoleoniche e la perdita del Brasile

Questa fase di sviluppo ebbe termine all'inizio dell'Ottocento, quando il Portogallo subì tre successive invasioni da parte della Francia. Come spiega Tavares Pimenta (2011), Napoleone non aveva accettato le esitazioni della monarchia ad aderire al blocco continentale istituito contro l'Inghilterra (paese cui il Portogallo era strettamente legato dal punto di vista commerciale), decidendo così di occupare militarmente il paese. Nell'analizzare le conseguenze dei conflitti, Saraiva (2004) rileva come essi per anni abbiano sottratto molte braccia ai campi (in conseguenza degli arruolamenti) e abbiano esposto le imprese agricole e industriali a saccheggi e danneggiamenti. Questo stesso autore e Tavares Pimenta (2011) sottolineano inoltre come lo stato di guerra abbia provocato la fuga della famiglia reale in Brasile, la quale fu causa a sua volta d'un mutamento della politica regia nei suoi riguardi di cui fece le spese la madrepatria. Infatti il Brasile non fu più obbligato a commerciare soltanto con quest'ultima, potendo invece porsi direttamente in rapporti con gli altri paesi, a fini sia di esportazione di propri prodotti che di importazione di beni altrui. La situazione così determinatasi si protrasse anche dopo la fine delle guerre napoleoniche, in quanto i reali tornarono a Lisbona solo nel 1820; inoltre due anni più tardi il principe Dom Pedro, rappresentante del re in Brasile, proclamò l'indipendenza di quest'ultimo, facendo così seguire all'emancipazione economica della colonia quella politica.

· L'età delle riforme

La rivoluzione del 1820 e la guerra civile del 1832-34 resero possibile la trasformazione del Portogallo in una monarchia costituzionale e parlamentare. Secondo Tavares Pimenta (2011), sul piano dei rapporti sociali questo mutamento istituzionale portò alla presa del potere da parte della borghesia, la quale poté così imporre una politica economica rispondente alle sue aspirazioni. Successivamente al 1834 si ebbe difatti l'abolizione degli antichi privilegi feudali, delle decime ecclesiastiche e dei diritti regali, nonché delle imposte e dei diritti di monopolio che ostacolavano la circolazione delle merci; fu realizzata la piena unificazione legislativa e amministrativa del paese, facilitando così la creazione d'un mercato nazionale; lo sviluppo delle manifatture fu incoraggiato varando misure protezionistiche e diffondendo l'istruzione tecnica; gli ordini religiosi furono soppressi e i loro beni confiscati e rivenduti in grandi lotti, consentendo così la nascita d'un ceto di grandi proprietari fondiari borghesi.

Nella seconda metà del secolo si puntò a sviluppare le infrastrutture funzionali ai trasporti e alle comunicazioni (ferrovie, strade, porti, poste e telegrafi). Ciò favorì un incremento del commercio interno. Il prezzo da pagare per queste realizzazioni fu tuttavia pesante, poiché i governi dovettero incrementare la pressione fiscale e contrarre ingenti debiti con l'estero. A fare le spese di questa politica furono le classi lavoratrici, giacché a subire aumenti furono soprattutto le imposte sui consumi, mentre vennero salvaguardate le rendite fondiarie.

L'influenza politica esercitata dai grandi possidenti e dai gestori delle compagnie impegnate nell'esportazione dei prodotti agricoli imposero in questa fase l'adozione d'una politica commerciale liberista, che favorì le loro attività, ma fece crescere il deficit commerciale, in ragione del maggior valore dei beni manifatturieri che venivano importati rispetto alle produzioni agricole oggetto di esportazione. Essa comunque non impedì un certo sviluppo dell'industria, fondamentalmente nei settori alimentare, tessile, del tabacco, della ceramica, del vetro e del sughero. Si ebbe anche una limitata modernizzazione delle tecniche di produzione, con l'introduzione nelle fabbriche delle macchine a vapore.

Nel corso del secolo anche l'agricoltura subì delle trasformazioni, pur conservando dei caratteri arretrati. Léon (1980) sottolinea difatti come neppure in questa fase sia venuta meno la scarsità connotante la produzione frumentaria e si siano avuti miglioramenti della condizione dei contadini (con l'eccezione delle regioni settentrionali, dove comunque provvide ad alleviarla non soltanto la diffusione della viticoltura, ma anche l'emigrazione, che attenuò la pressione della popolazione sulle risorse agricole). Tavares Pimenta (2011) pone invece l'accento sui fattori di progresso che si determinarono: la notevole espansione della superficie coltivata, la diffusione di colture altamente produttive (patata e riso) e destinate alla commercializzazione (vite e sughero), la sia pur lenta introduzione di macchine agricole e concimi chimici. Tuttavia anche questo autore riconosce la persistenza di caratteri negativi, quali la coesistenza, accanto all'agricoltura rivolta al mercato, d'un'agricoltura di mera sussistenza e il fatto che lo sviluppo della prima si basasse soprattutto su un esasperato sfruttamento di lavoratori salariati.

3. Dalla crisi della monarchia all'avvento della dittatura militare

Rifacendoci ancora a Tavares Pimenta (2011), possiamo considerare il periodo compreso tra la fine dell'Ottocento e il 1926 come una stagione di pressoché ininterrotti turbamenti politici, al cui verificarsi molto contribuirono le difficoltà economiche in cui il Portogallo venne ripetutamente a trovarsi.

La modestia dei progressi di cui l'economia portoghese aveva beneficiato nel corso dell'Ottocento rese il paese particolarmente vulnerabile al peggioramento della congiuntura internazionale che si verificò nell'ultimo decennio del secolo. La crisi in cui il Portogallo precipitò accrebbe lo scontento della borghesia, già alimentato dal fallimento dei tentativi del governo di accrescere la propria presenza in Africa (proprio nel 1890 esso aveva dovuto cedere alla richiesta inglese di evacuare i nuovi territori che aveva occupato). Si giunse così, nel 1910, all'abbattimento della monarchia. Presto anche il nuovo regime repubblicano, tuttavia, divenne assai impopolare, in quanto l'economia risentì della partecipazione del paese alla prima guerra mondiale e della crisi internazionale del dopoguerra. Le famiglie aristocratiche e alto-borghesi che controllavano le principali attività economiche, inoltre, non apprezzarono il riconoscimento alle colonie d'inedite possibilità di autogoverno, che le sottrasse allo sfruttamento da parte della madrepatria, e le concessioni fatte al movimento operaio in materia di salari e diritti; mentre lo scontento del ceto medio fu alimentato dall'erosione dei propri redditi provocata dall'inflazione. La condizione d'isolamento in cui venne a trovarsi la classe politica repubblicana assicurò il successo alla sollevazione militare del 1926: dopo appena sedici anni di vita, la repubblica parlamentare venne così rovesciata e in suo luogo sorse un regime dittatoriale, destinato invece a perpetuarsi per un cinquantennio.

4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

Per una geografia storico-economica. Il Portogallo (parte seconda). Percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca. Si suggerisce inoltre la ricerca nel Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare e nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.

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