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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 47 (Nuova Serie), ottobre 2018

Speciale: Scienza e umanesimo. I seminari della Biblioteca

Intervento di Lucia Votano

Per lo "Speciale" del 2018, dedicato al seminario svoltosi su impulso del Sen. Zavoli, già Presidente della Commissione per la Biblioteca e l'Archivio Storico, sul tema: Scienza e umanesimo, un'alleanza?, riportiamo in questo numero l'intervento di Lucia Votano, dopo quelli di Pietro Greco, di Mario Morcellini e di Giulio Giorello.

Prima donna a dirigere il più grande centro di ricerca sotterraneo del mondo, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Lucia Votano ha dedicato la sua vita alla ricerca nell'ambito della fisica delle particelle elementari.


Premessa

Uno sguardo alla società odierna

Necessità di una maggiore diffusione della scienza

Implicazioni sociali della ricerca scientifica

Che cosa possiamo fare, dove possiamo agire per migliorare la qualità del rapporto tra scienza e società?

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Premessa

L'innovazione delle idee e quella del linguaggio sono sempre andate di pari passo nella storia.

E così la nascita (o rinascita) della scienza moderna nel seicento ha significato oltre a una rivoluzione epistemologica anche l'affermarsi di un nuovo lessico che rifletteva le nuove categorie del pensiero, i nuovi strumenti di ragionamento.

Questo parallelismo è continuato nel corso dei secoli e oggi lo straordinario sviluppo della conoscenza scientifica e la sua accentuata specializzazione, cui stiamo assistendo soprattutto dal XX secolo, hanno prodotto una molteplicità di nuovi lessici, parole e soprattutto significati differenti dal passato, che rimangono di uso quasi esclusivo degli esperti.

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Uno sguardo alla società odierna

Ludwig Wittgenstein ha detto «I limiti della mia lingua sono i limiti del mio mondo»; in altri termini, se non abbiamo a disposizione una parola per esprimere un concetto, non possiamo formularlo. Il nostro lessico determina quindi i limiti di ciò che possiamo discutere e capire.

Al gap cognitivo tra la scienza, o meglio tra i vari settori della scienza, e la gran parte della popolazione si accompagna quindi anche un gap linguistico che esclude buona parte dei cittadini da una consapevole partecipazione a discussioni e decisioni su argomenti scientifici.

L'enorme diffusione e la facilità di accesso alle informazioni, ad esempio sul web, possono dare l'illusione che ai nostri giorni questo divario cognitivo e linguistico tra scienza e cittadini si sia attenuato.

È vero il contrario, la diffusione dell'informazione è spesso accompagnata dall'aumento di superficialità; abbiamo l'illusione di poter accedere a tutto, ma difficilmente abbiamo le competenze per comprendere qualsiasi tipo d'informazione. Per non parlare poi di talk show o dibattiti in cui si ha la netta impressione che perfino le parole comuni abbiano divorziato dal loro significato. Dobbiamo perciò ammettere che internet o i social media ci hanno abituato a considerare la nostra opinione sempre pertinente e rilevante, anche quando non è così.

Sotto quest'aspetto, il livello culturale delle persone può non essere rilevante, perché costatiamo frequentemente come il problema non riguardi solo gli strati di popolazione a più bassa scolarità.

D'altra parte io stessa mi rendo conto, per fare un esempio, di essere rimasta ancorata a un significato della parola 'vita' molto diverso da quello che ha assunto oggi per la biologia, la genetica, o le biotecnologie, etc.

È pur vero che non possiamo pretendere che tutti i cittadini abbiano una qualche conoscenza di tutte le discipline scientifiche e dei loro lessici ma molti episodi recenti di cronaca italiana dimostrano che pochissimi, a parte gli addetti ai lavori, conoscono il senso profondo della stessa parola 'scienza'.

Non parlo dell'essere consapevoli di quale rivoluzione del pensiero umano essa abbia prodotto, o del dibattito filosofico se essa sia o no un disvelamento di una verità oggettiva o solo una sua rappresentazione.

Parlo di cosa significhi fare scienza, su cosa si fondi la sua affidabilità e di quanto sia intrinsecamente democratica. E ancora, di quali siano i suoi limiti e il senso della sua transitorietà e precarietà temporale. Non si deve 'credere' agli scienziati perché portatori di un rinnovato principio di autorità basato sulla loro superiore competenza in uno specifico argomento, dobbiamo fidarci di loro perché la scienza è ancora oggi, dopo quattro secoli, l'unico approccio metodologico inventato dall'uomo, potremmo dire l'unica convenzione internazionale, che ci consente una conoscenza della natura condivisa, universale, intersoggettiva, ancorché destinata a essere superata nel tempo.

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Necessità di una maggiore diffusione della scienza

Stante l'esistenza di un divario conoscitivo e lessicale tra scienza e società, ci si deve chiedere se sia così importante colmarlo e perché. In altri termini può il cittadino comune vivere e prosperare bene facendo a meno del concetto e di nozioni base di scienza, e dall'altra parte può essa svilupparsi e progredire appartata, lontana dalla società e non curarsi della sua diffusione e condivisione con l'opinione pubblica?

E a monte di tutto, abbiamo o no bisogno in Italia e in Europa, di aumentare il volume complessivo di ricerca scientifica?

Vorrei rispondere riportando alcuni ben noti argomenti a favore della tesi che abbiamo bisogno di una maggiore diffusione della scienza.

- La scienza e la ricerca scientifica sono ormai parte integrante, anzi egemone, del più ampio concetto di 'conoscenza' che è diventato il principale motore delle dinamiche di sviluppo culturale, sociale ed economico di una nazione. La stretta correlazione tra la 'ricerca' soprattutto di base, l'istruzione e la formazione, la cultura in genere, cioè tra il livello del sapere di una nazione e il suo sviluppo economico e sociale è ormai un fatto acquisito e dimostrato scientificamente.

- La giusta aspirazione di larghe parti della popolazione mondiale a condizioni di vita migliori, la necessità di uno sfruttamento sostenibile delle risorse del pianeta stante l'aumento rapido della popolazione, l'emergenza dei cambiamenti climatici, possono trovare aiuto nella ricerca scientifica, ancorché si tenda a considerare la scienza, confusa con la tecnologia, essa stessa causa di alcuni problemi quali quelli climatici.

Tuttavia non basta continuare ad aumentare quello che io chiamo il PIC, Prodotto Interno lordo di Conoscenza (o Creatività) che sia a livello planetario o di un singolo paese, occorre che la distribuzione della 'conoscenza' sia maggiormente uniforme perché la diversità di accesso a essa determina un aumento delle diseguaglianze tra i diversi paesi e tra cittadini.

Una prova è l'acuirsi delle diseguaglianze sociali e della distribuzione della ricchezza negli anni della recente crisi, nonostante la società della conoscenza abbia continuato a diffondersi nel mondo.

Dobbiamo preoccuparci quindi in Italia e in Europa non solo di tenere il passo a livello globale con adeguati investimenti in cultura e ricerca, ma anche di garantire una maggiore democrazia nella distribuzione e gestione del sapere.

Inoltre negli ultimi decenni i rapporti fra scienza e società sono cambiati radicalmente al di là dalla nostra volontà.

L'immagine dello scienziato che vive isolato dalla società nel suo laboratorio comunicando esclusivamente con i suoi pari è ormai da qualche tempo sorpassata.

La ricerca è una professione esercitata all'interno di organizzazioni che forniscono i mezzi per svolgerla e lo scienziato dipende da coloro che lo stipendiano e lo finanziano. Non è più un soggetto conoscitivo autonomo che può scegliere in modo completamente libero modalità e tempi della sua ricerca.

Tutto ciò è vero anche per la scienza di base, detta curiosity-driven, che deve però continuare a godere della più ampia libertà nella scelta delle priorità delle sue strategie scientifiche, purché esse siano suffragate dal confronto aperto e su scala globale fra 'pari'.

Personalmente appartengo al mondo della ricerca fondamentale; la scoperta del bosone di Higgs, delle oscillazioni dei neutrini, o delle onde gravitazionali sono lontane da applicazioni pratiche immediate e difficilmente suscitano apprensioni, paure e sospetti di natura sociale o etica. Inoltre nel nostro campo il risultato delle ricerche è immediatamente reso pubblico, messo a disposizione dell'intera umanità. Se mai la competizione internazionale spinge a pubblicare prima di altri i risultati di una ben determinata ricerca.

Tuttavia anche noi dobbiamo rendere conto alla società dei finanziamenti ricevuti e dei risultati ottenuti. Dobbiamo costantemente convincere lo Stato che eroga la quasi totalità dei finanziamenti, ma anche i cittadini, delle ragioni per cui è necessario e conveniente per la società investire ingenti risorse in qualcosa di cui non s'intravede a breve l'utilità, piuttosto che destinarli a settori i cui benefici sono più immediati quali la sanità o altro. Dobbiamo ricordare a chi ha potere decisionale che gli investimenti in ricerca scientifica e in cultura rappresentano un'occasione di sviluppo a medio a lungo termine del nostro Paese.

È anche nostro dovere spiegare come i successi in campo scientifico, o quanti Nobel riesce a conquistare un Paese, non dipendano solo dalla bravura dei ricercatori, dai fondi ricevuti, ma anche da come funziona l'intero sistema-paese: dal livello delle sue università, dalla possibilità di contare su programmazioni certe e di lunga durata di mezzi finanziari e capitale umano, dalla necessità di porre rimedio all'emigrazione intellettuale giovanile, dal poter contare su regole amministrative agili ed efficaci e sulla collaborazione con industrie ad alto contenuto d'innovazione tecnologica.

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Implicazioni sociali della ricerca scientifica

Ci sono ovviamente altri settori della scienza in cui le implicazioni sociali ed etiche della ricerca sono più evidenti: tipicamente le scienze della vita, l'intelligenza artificiale, o ancora le nanotecnologie, settori che per di più sono finanziati anche dai privati, con ovvi problemi di diffusione dei risultati su riviste e piattaforme pubbliche aperte a tutti.

Sempre più spesso, e così deve essere in una società democratica, le decisioni importanti che riguardano il lavoro degli scienziati in questi campi sono il frutto di una complessa negoziazione con una serie di soggetti sociali: i politici nazionali e locali, le imprese, i gruppi d'interesse o di pressione. Spesso tali decisioni sono anche sottoposte all'attenzione del grande pubblico, le cui opinioni si riflettono poi sul comportamento dei media e dei politici.

In una società matura dal punto di vista democratico è necessario imparare a trovare il giusto equilibrio tra esigenze diverse, evitando da una parte che le decisioni siano prese 'in sfregio' alla scienza, cedendo all'attacco degli incompetenti o intolleranti e ripetendo antichi errori, e dall'altra prevaricando in nome della scienza il bene comune.

Lo sviluppo di nuove tecnologie, allo stesso tempo effetto e causa della ricerca scientifica di base, crea profondi cambiamenti nella società che hanno bisogno di attente riflessioni da parte di tutti prima di farsi sorprendere impreparati alla loro gestione. Per esempio si assiste già a una diminuzione dei posti di lavoro a basso e medio contenuto di conoscenza o a una loro eccessiva precarizzazione per effetto dello sviluppo dell'intelligenza artificiale.

Già si parla tra gli esperti della cosiddetta Human enhancement revolution,cioè il potenziamento dell'uomo a livello mentale o fisico da ottenere con l'impianto di chip nel cervello, sangue sintetico e ingegneria genetica, come di qualcosa che non è fantascienza ma che potrebbe essere possibile in tempi non troppo lunghi.

Come può il politico, l'imprenditore, il giornalista e in genere il cittadino comune essere parte attiva e consapevole di un processo decisionale democratico che riguardi temi scientifici con così profonde implicazioni etiche, sociali, filosofiche, se, per dirla con Wittgenstein, non ha le parole per esprimere i concetti oggetto di discussione?

E in genere come può un cittadino diventare più consapevole, mettersi al riparo da fake news, padroneggiare i criteri di discriminazione tra vero e falso mentre legge un giornale, s'informa sui social network o chiacchiera al bar con gli amici, se non possiede alcuni concetti base sulla scienza?

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Che cosa possiamo fare, dove possiamo agire per migliorare la qualità del rapporto tra scienza e società?

Possiamo facilmente immaginare due linee d'intervento, la prima riguarda l'istruzione e la formazione permanente, la seconda la comunicazione della scienza.

1. Istruzione e formazione (apprendimento) permanente

Una sessione del convegno è dedicata al sistema dell'istruzione in Italia, vorrei pertanto solo ricordare alcuni dati:

- In Italia il numero di laureati è troppo basso. Tra la popolazione in età attiva (18-64 anni), solo il 18% ha una laurea, la metà esatta rispetto alla media Ocse; considerando poi solo le ultime generazioni, la situazione non migliora moltissimo: abbiamo il 26% di laureati nella fascia 25-34 anni, mentre la media Ocse è 43%. Siamo penultimi tra i paesi della comunità europea. Inoltre scorporando i dati per discipline, il divario rispetto agli altri paesi diventa molto più accentuato nelle discipline cosiddette STEM.

- L'Italia è uno dei paesi sviluppati con il minor numero di ricercatori al mondo. Sono poco più del 4 per mille (settore privato e pubblico) degli appartenenti alla forza lavoro, mentre la media europea è l'1%, e, giusto ad esempio, la Corea l'1,2%. Inoltre scorporando settore pubblico e privato, è evidente che la presenza dei ricercatori nelle imprese italiane appare particolarmente sottodimensionata.

La scuola in Italia è generalmente di buon livello, tuttavia a mio avviso sarebbe necessario che gli insegnanti evidenziassero maggiormente la connessione tra le diverse discipline, aggiungendo uno sguardo storico alla scienza, al suo ruolo nella storia del pensiero. È arrivato il momento di superare l'anacronistica dicotomia tra cultura umanistica e cultura scientifica. Il mondo è diventato terribilmente complesso e solo un nuovo umanesimo intriso profondamente di scienza può aiutarci a comprendere e governare i nuovi fenomeni sociali ed economici.

Vorrei infine porre l'accento sull'importanza della formazione permanente.

Nella raccomandazione della UE n. 2006/962 che riguarda l'apprendimento permanente sono state individuate e definite otto competenze chiave ritenute indispensabili per un buon inserimento dei cittadini europei nel contesto sociale e professionale e per il pieno esercizio della cittadinanza attiva. Tra queste, figurano oltre alla comunicazione nelle lingue straniere, la competenza matematica, in campo scientifico e tecnologico, e la competenza digitale.

In Italia questa raccomandazione in realtà è stata già recepita dalla meglio nota legge Fornero n. 92 del 2012 nella quale per la prima volta si parla del diritto all'apprendimento permanente. Occorre quindi applicarla con maggiore determinazione.

In tale ambito vorrei citare una buona prassi di sistema per diffondere cultura e formazione scientifica tra tutti gli interlocutori di un territorio.

Nei Laboratori del Gran Sasso è stato realizzato con successo in anni recenti il programma "La Società della Conoscenza in Abruzzo" in collaborazione tra la Regione Abruzzo e INFN-LNGS, finanziato nell'ambito del P.O. FSE Abruzzo.

L'obiettivo era promuovere un processo di condivisione della conoscenza e della tecnologia propria dell'INFN con il tessuto culturale, sociale e produttivo del territorio, contribuendo a costruire una rete stabile tra mondo della ricerca, Università, imprese, scuole e Regioni allo scopo di allargare sempre di più lo stimolo all'innovazione.

Il programma si è articolato in vari interventi che hanno coinvolto 204 aziende, 53 scuole e 3.150 studenti, sono stati forniti corsi di aggiornamento per insegnanti di materie scientifiche ed è stato realizzato un Centro di Eccellenza formativa (CFA) nel campo della fisica astro particellare.

2. Comunicazione della scienza

Già da qualche tempo anche la parola 'comunicazione' (della scienza) ha mutato di significato, non è intesa più come Public Understanding of Science, cioè trasferimento unidirezionale al grande pubblico, ma si preferisce parlare di coinvolgimento, bidirezionalità, comunicazione partecipativa.

La comunicazione della scienza, in sintesi, è divenuta una scienza essa stessa, ovviamente multidisciplinare, e non intendo certo sostituirmi ai professionisti di tale campo. Posso solo portare la mia personale esperienza e testimonianza.

Fino al 2012 il Laboratorio del Gran Sasso era visitato da circa diecimila persone l'anno, per lo più giovani studenti delle scuole superiori ma anche cittadini di ogni età. Poter visitare in ogni suo angolo il laboratorio sotterraneo fugava paure e dicerie su presunte misteriose attività, più di qualunque spiegazione ancorché chiara ed esaustiva dei suoi programmi scientifici.

Nel Laboratorio si svolgevano anche altre attività di divulgazione quale: laboratori didattici anche per i più piccoli dove si costruivano semplici esperimenti, stage di studenti che venivano inseriti nei gruppi di ricerca, un concorso per stimolare l'apprendimento scientifico nelle scuole, Infine il Progetto "Gran Sasso Princeton" dava ai migliori neodiplomati della regione Abruzzo l'opportunità di trascorrere tre settimane di studio nella prestigiosa Università di Princeton negli Stati Uniti.

Tutte iniziative che riscuotevano un notevole successo.

La cosa che però più impressionava i visitatori o i fruitori delle varie iniziative era l'entusiasmo, la passione che riscontravano nei giovani ricercatori, per lo più precari, che usualmente contribuivano ai programmi di divulgazione. Si creava un'empatia, un senso di fiducia verso il mondo della ricerca scientifica, che viceversa sembra progressivamente scemare nella società.

È questo un vantaggio della comunicazione fatta dagli addetti ai lavori, non dai professionisti della comunicazione che hanno tuttavia altri compiti e producono un differente valore aggiunto.

Credo che occorra essere un po' ottimisti, il successo ad esempio dei festival di scienza e cultura dimostra che c'è interesse nella popolazione, è necessario quindi adoperarsi ancora di più per non deludere le aspettative dei cittadini e migliorare continuamente la comunicazione della scienza.

Scienza e società hanno bisogno l'una dell'altra, il loro armonico e simbiotico sviluppo è l'unica garanzia per uno sviluppo economico e sociale equilibrato.

[Testo scritto inviato dall'autrice]

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