Il Presidente: Discorsi

Conservatori liberali

Gubbio

10 Settembre 2005

1. Tre modi di discutere

Questo incontro di Gubbio avviene in un momento politico particolarmente caldo. Non c'e soltanto la competizione con la sinistra, normale in epoca pre-elettorale, ci sono le tensioni nella maggioranza e anche le discussioni dentro Forza Italia. Queste tensioni sono tanto forti che talvolta e sembrato che arrivassero a mettere in discussione le ragioni dello stare insieme della coalizione. Percio mi concentrero solo su questo punto.

Quando in una coalizione si discute del "se" e del "perche" si deve stare assieme, lo si puo fare in tre modi: o si discute in modo surrettizio, o si discute di divergenze politico-programmatiche, o si discute di identita.

Un modo surrettizio e quello di parlare in superficie di politica e nel sottofondo del leader oggi e del premier domani. A questo modo di discutere mi sottraggo, perche la discussione comincerebbe dalla coda e non dalla testa. Uno puo onestamente pensare che un leader abbia piu appeal elettorale di un altro. Ma nessuno puo ragionevolmente credere che solo il cambiamento di leader, lasciando tutto il resto inalterato (supposto che si potesse lasciare inalterato), conduca una coalizione alla vittoria. Le elezioni politiche sono una competizione di programmi e di credibilita. Se il programma e convincente e il leader lo presenta in modo credibile, il resto viene da se.

Un altro modo surrettizio e quello di parlare solo di formule e di combinazioni politiche. Una di queste e il "Centro", che sarebbe da rifare o da mettere assieme, con un bricolage che prenda pezzi da qualunque parte vengano. Trovo questa formula vuota, perche non e accompagnata da alcuna particolare indicazione di tipo programmatico diverso da quello che il centrodestra indico agli elettori nel 2001. Ne mi sembra convincente dire che, siccome le riforme non le ha fatte la destra che c'e e non le puo fare, come gia non le fece, la sinistra che c'e, allora le deve fare il centro, che pero non c'e. Questo e un curioso paradosso. Le riforme le ha fatte la sinistra e le ha fatte la destra, l'una e l'altra seguendo programmi presentati ai cittadini. Se queste riforme non sono giudicate sufficienti, e ragioni certamente ce ne sono, e solo perche se ne vuole delle altre e di altro tipo. Ma chi vuole altre riforme non ha altro modo che indicare precisamente quali, convincere gli elettori, e impegnarsi in prima persona o a favore dell'uno o l'altro schieramento.

Un terzo modo di discutere che a me sembra surrettizio e quello di parlare di legge elettorale proporzionale. Se c'e una conquista che dobbiamo mantenere e che da noi e arrivata persino piu tardi che in Giappone, e la democrazia bipolare e dell'alternanza. Questa democrazia - che e l'opposto di quella ben nota dell'Italia repubblicana, secondo cui io, nelle urne, do il voto alla tua lista e tu, in Parlamento, ne fai quel che ti pare - e l'unica che mette al centro i cittadini, i quali possono cosi scegliere il governo e alla fine del mandato giudicarlo, ed e l'unica che assicura quella stabilita di cui ogni governo ha bisogno per governare.

Non c'e dubbio che il maggioritario scelto dall'Italia per realizzare la democrazia bipolare dell'alternanza sia uscito storto, perche concepito storto, voluto storto, realizzato storto. Non c'e dubbio che esistano sistemi elettorali proporzionali - si pensi alla Spagna e alla Germania - che assicurano ugualmente lo scopo dell'alternanza. E non c'e dubbio che i sistemi elettorali non sono dogmi di fede. Ma ai difetti dell'attuale maggioritario - primo fra tutti quello di rango costituzionale dei poteri del premier - non si puo ovviare con la proposta di capovolgere, alla Camera, il rapporto fra quota maggioritaria e quota proporzionale. E persino banale dirlo. Quella proposta, primo, creerebbe due maggioranze diverse nei due rami del Parlamento; secondo, a destra come a sinistra, aumenterebbe la conflittualita fra gli alleati, tanto piu impegnati a farsi concorrenza quanto piu il grosso dei loro parlamentari dipenderebbe dalla quota proporzionale; terzo, impegnerebbe i partiti piu nella competizione fra limitrofi che in quella con gli avversari. Insomma, la legge elettorale si puo correggere, ma per mantenere il bipolarismo e rafforzare la coesione delle coalizioni.

Passo allora al secondo modo di discutere dentro la coalizione, quello che ho detto politico-programmatico. Questo e il terreno piu promettente e piu utile, ma, a dire il vero, mi e sembrato anche il piu povero. Mi chiedo: quale parte del programma del 2001, presentato a nome della Casa delle liberta dal premier Berlusconi, deve essere cambiata, quale rifiutata, quale aggiornata? E siccome la situazione internazionale e europea e mutata, in particolare dopo il settembre 2001, che altro si deve aggiungere e che cosa si deve correggere?

Purtroppo, la discussione oggi non verte su questo terreno.

Vorrei ricordare che il programma del 2001 era la risposta alla sfida della modernita. Siccome l'Italia a questo appuntamento era arrivata per ultima e appesantita dall'eredita degli ultimi governi, furono messe al centro del programma una serie di innovazioni. Le ricordo: le istituzioni, la pubblica amministrazione, lo stato sociale, il mercato del lavoro, il sistema pensionistico, le liberalizzazioni, le infrastrutture, la scuola, la ricerca, l'universita. Sappiamo come sono andate le cose: alcune riforme sono state fatte, per merito di tutti, altre meno, altre sono in cantiere. Il bilancio a me sembra positivo, ma e normale che se ne discuta. Ci possiamo lamentare di non aver fatto meglio e di non aver fatto prima. Possiamo dire che l'impresa era difficile e il tempo poco.

Ma possiamo lamentarci del programma? E cambiato qualcosa rispetto alle esigenze allora individuate? Non e piu il nostro programma? Eppure quello era, e resta, un programma tipicamente di centrodestra, e per il quale il centrodestra e piu titolato del centrosinistra, perche si tratta di correggere e smantellare proprio cio che storicamente il centrosinistra ha fatto. Prima di noi e anche piu di noi, hanno gia corretto e smantellato Reagan, la Thatcher, Bush padre, Bush figlio, e Blair, del quale si puo dire che fa una politica di sinistra solo perche, nel suo paese, si chiama "laburista". E promettono di correggere e smantellare Sarkozy in Francia e la Merkel in Germania. Se anche altri seguono la nostra strada, perche noi dovremmo abbandonarla? Io non credo che ci siano molte alternative. Questo di oggi e il villaggio del mercato globale: o ti attrezzi e cambi gli assetti oppure non e che continui a galleggiare come ai tempi andati, un giorno con i dazi, un altro col debito pubblico, un altro ancora con la svalutazione: semplicemente vai indietro. Ricordate il discorso di Blair a Strasburgo il 23 giugno scorso? Chiedendo all'Europa di cambiare, ha detto: . Questo era lo stesso discorso di Berlusconi e del centrodestra del 2001. E questo e il discorso da fare ancor oggi. Del resto e l'unico discorso che i cittadini capiscono: perche e chimica sociale, non alchimia politica.

Ma per affrontare la sfida della modernita, occorre alla destra soprattutto identita e consapevolezza di se, tanto piu adesso che le sfide della modernita aumentano e rinascono minacciose quelle della pre-modernita. E qui siamo al terzo modo di discutere le ragioni dello stare assieme. Qual e l'identita della destra? Siccome questo e il tema che da tempo piu mi appassiona, perche lo ritengo il piu importante, lo prendero di punta.

2. L'identita della destra alla prova

La domanda dell'identita solitamente viene fuori in due modi: o perche qualcuno te la chiede, o perche qualcuno te la nega. Con il referendum sulla procreazione assistita ce l'hanno chiesta. Con il fondamentalismo e il terrorismo islamico cercano di negarcela.

Che cosa era in gioco nel referendum? Non qualche emendamento alla legge, approvata il giorno prima e che forse si poteva correggere in Parlamento qualche giorno dopo. Non lo Stato laico, perche nessuno lo mette in discussione, se non gli stessi laicisti che vogliono ingabbiarlo nella loro ideologia laicista. Non la separazione religione-politica o morale-diritto, che i liberali hanno conquistato da secoli e che e ancora una conquista da tutelare, soprattutto a fronte delle teocrazie islamiche. Erano in gioco domande cruciali per la nostra identita.

Queste: la dignita della persona e ancora un valore per noi o no? L'embrione e qualcosa o qualcuno? La vita di un embrione e uno strumento per soddisfare diritti e desideri oppure vale in se? La ricerca scientifica e un bene supremo, un progresso sempre e comunque a cui subordinare tutti gli altri, o ha dei limiti etici? E alla fine: quei valori che fanno parte integrante, fondante, e identitaria, della nostra tradizione cristiana, sono ancora validi per noi, li dobbiamo ancora coltivare, dobbiamo cercare di collocarli nel miglior compromesso possibile con altri valori, oppure non contano piu nulla, dobbiamo essere tutti secolarizzati, agnostici, atei, immemori della nostra storia?

Se e questo che era in gioco - ed era questo - allora li la destra la sua identita l'ha trovata. Ha risposto: noi, in politica, siamo laici, ma non siamo laicisti, e percio, sia che siamo credenti sia che non lo siamo, apprezziamo la tradizione cristiana nella quale siamo nati, ne professiamo ancora i valori e cerchiamo di combinarli gradualmente, prudentemente, saggiamente con gli altri valori che la storia ci propone.

Questa risposta era giusta, mentre era sbagliata la risposta della sinistra. Era giusta - la risposta della destra - perche aveva capito che la maggior parte della gente non intendeva abbandonare la terra cognita in cui vive per la terra artificiale in cui domani forse si trovera a vivere. Era giusta perche aveva capito che Giovanni Paolo II aveva avuto successo nel suo invito a non avere paura. Era giusta perche aveva inteso perche la Chiesa cattolica aveva eletto Papa Ratzinger, proprio colui che, da cardinale, aveva invitato a togliere la religione dal "ghetto della soggettivita".

Era invece sbagliata la risposta della sinistra. Sbagliata perche supponente, perche arrogante, perche violenta. Sbagliata perche non si recidono cosi, a colpi di superciliosi articoli di giornale, le nostre radici. Sbagliata perche l'etica pubblica non e roba da pochi cosiddetti illuminati alla macchina da scrivere o in uno studio ginecologico. L'etica pubblica - cioe il nostro ethos - ne si detta con un articolo di fondo ne si paga con una parcella.

La risposta giusta sull'identita la destra l'ha trovata anche sul problema del fondamentalismo e del terrorismo. Intanto, la destra chiama questo fenomeno per quello che e: oggi e fondamentalismo e terrorismo islamico, come ieri era di altro tipo. Gia chiamare le cose col giusto nome serve. Cosi come serve distinguere, se si vogliono prendere le misure corrette, il radicalismo, il fondamentalismo religioso e il terrorismo nazionalista, quando e la dove sono diversi.

Che cosa e questo fenomeno? Che cosa sta accadendo? Sta accadendo che alcune elites radicali islamiste, ora distanti, ora diverse, ora addirittura ostili alle masse islamiche, hanno da tempo - da molto prima dell'11 settembre - un disegno: si tratta, ai loro occhi, di una rivincita storica dell'Islam sull'Occidente, una "reconquista" al contrario, da ottenersi in due tappe, non necessariamente in successione cronologica: l'abbattimento di quei regimi arabi e islamici che mantengono rapporti buoni con l'Occidente, considerati corrotti, e la guerra all'Occidente stesso, considerato degenere, il Grande Satana.

Sono deliri? Noi europei per primi dovremmo sapere che la categoria del delirio non paga: anche Hitler, con il suo Mein Kempf, delirava. Ma poi vennero le occupazioni naziste in Europa e la seconda guerra mondiale, che l'Europa pacifista aveva voluto scongiurare insabbiandosi la testa a Monaco nel 1938. Bin Laden e certamente molto diverso da Hitler, ma non c'e ragione per ritenere che sia meno conseguente di Hitler. Soprattutto dopo i morti di New York, Madrid, Londra e tanti altri posti, i suoi deliri dovrebbero essere presi sul serio.

Come ha reagito la destra italiana? Io credo alla maniera giusta: ha fatto un'analisi corretta della situazione, si e adoperata affinche l'Europa non si dividesse, quando la Francia di Chirac e la Germania di Schroeder l'hanno divisa, si e schierata con l'America. E soprattutto ha difeso i fondamenti della nostra tradizione, che e la tradizione giudaico-cristiana, proprio quella che, nei loro comunicati, fondamentalisti e terroristi dichiarano di voler abbattere.

Oggi la situazione non lascia scelte. Di fronte al fondamentalismo e al terrorismo, l'Occidente o si difende o si arrende. La destra italiana non ha mostrato di volersi arrendere. L'intervento in Afghanistan si spiega cosi. La nostra decisione di essere presenti in Iraq si spiega cosi. Perche, se il fondamentalismo o, come era nel caso del terrorismo di Stato di Saddam Husein, sfonda le linee e vince li, allora puo dilagare anche altrove.

Dobbiamo aver chiara la posta in gioco. Essa e molto di piu degli equilibri internazionali, della coesistanza, della stabilita delle aree critiche. E in gioco la difesa della nostra identita. E cosi torno al punto. Quale identita?

3. Il conservatorismo liberale

In tutto il mondo, dire destra vuol dire conservatorismo. In particolare in Europa e in America, vuol dire conservatorismo liberale. Ora, l'aggettivo "liberale" da noi non provoca problemi: liberali in Italia oggi sono soprattutto quelli che non lo sono mai stati e che il liberalismo lo hanno sempre combattuto. Il sostantivo "conservatore" da invece sospetto e fastidio a tanti, anche fra di noi, tanto che puo accadere di sentire qualcuno dire che noi, in realta, siamo la vera sinistra, con una inconscia attribuzione di nobilta culturale a tutto cio che viene dalla sinistra. Invece noi dovremmo rivendicarlo, il sostantivo "conservatore". E cerco di spiegare perche.

Il conservatorismo liberale non e un ossimoro giornalistico, ne una formula da equilibri politici di Palazzo. E una rispettabile e vecchia dottrina politica con tanto di autori insigni, di opere celebri, di leader politici. La signora Thatcher ne era un esempio. Il presidente Bush ne e un altro esempio. I cosiddetti "neo-conservatori" un altro esempio ancora. In questa dottrina, l'aggettivo "liberale" mette l'accento sull'autonomia degli individui, sul primato dell'individuo-persona rispetto allo Stato, sulla liberta della societa civile, sugli ideali di liberta da estendere a tutti. Si tratta di quella parte della dottrina che, in politica, porta alle liberalizzazioni, alla sussidiarieta, alla competizione, al libero mercato, alla liberta di ricerca, alla riduzione della pressione fiscale, allo Stato non invasivo, eccetera.

Il sostantivo "conservatore" integra tutti questi principi e queste politiche e li mette assieme in una cornice: la tradizione. Questo della tradizione e un concetto fondamentale, perche la tradizione e la fonte della nostra identita. Ed e un concetto quasi sempre trascurato dai liberali, mentre invece e sempre stato al centro dell'attenzione e delle politiche dei popolari, dei cattolici, dei democratici cristiani. Anche se si guarda dentro Forza Italia, si vede che la componente cattolica e quella piu attenta alla questione dell'identita. "Moderato" di solito non vuol dire nulla, ma su un punto i moderati hanno ragione ad invocare la moderazione: sul fatto che dobbiamo essere prudenti, cauti, moderati, appunto, nel cambiare la nostra natura identitaria. La questione dell'identita si puo mettere in questi termini. Perche noi siamo noi? In che cosa siamo diversi dagli altri? Qual e la nostra autocoscienza? La risposta e questa: noi siamo noi perche siamo figli della nostra tradizione. Quale tradizione? La risposta e questa: la tradizione giudaico-cristiana.

Inutile, miope e anche rischioso girarci attorno. L'ho detto tante volte. Noi discendiamo da tre colline: il Sinai, il Golgota, l'Acropoli. E ci si siamo formati in tre capitali: Atene, Gerusalemme, Roma. Dopo, sono successe tante cose, abbiamo imparato tante lezioni, ci siamo mescolati, ora con violenza ora pacificamente, con tanta gente. Il risultato e che siamo meticci: meticci per razza e meticci per cultura. Ma questa e una banalita. E un fatto storico elementare e incontrovertibile.

Cio che non e banale e non e elementare e una domanda, che invece molti vogliono ignorare, esattamente come - pressoche gli stessi - avevano voluto, a loro danno, ignorare la posta in gioco al referendum. E cioe: a questo nostro meticciato, per razza e per cultura, dobbiamo far corrispondere anche un'identita meticcia, cioe indistinta, cioe generica, cioe debole, cioe vaga, cioe, alla fine una non identita? Oppure possiamo e dobbiamo attribuirci un'identita ben definita?

La domanda e piu che fondata: e cruciale. In questo Occidente, in questa Europa, in questa Italia, possiamo ancora dirci chi siamo, da dove veniamo, perche crediamo in questo e quello? Possiamo ancora voler respirare l'aria delle tre colline da cui siamo scesi? Oppure, anziche la fonte battesimale della nostra identita, dobbiamo considerare quei colli altrettanti miti antichi, come pensano gli atei e i laicisti, i quali hanno cosi paura di se e delle loro origini che considerano razzismo persino porre il problema della nostra, e anche della loro, identita?

Il preambolo alla Costituzione europea ha cercato di dare soluzione a queste domande. Ma ha partorito questa risposta: l'Europa ha una "eredita spirituale e morale"; oppure quest'altra: l'Europa ha una "eredita culturale, religiosa e umanistica". Ma anche questo e banale e deliberatamente lacunoso: dire che noi in Europa abbiamo una eredita spirituale, morale e religiosa e come dire che i figli hanno dei genitori. La domanda vera e: quale eredita?

Se non si da una risposta a queste domande, perche si ha paura e si vuole nascondere la nostra identita, allora non si riesce neppure a mettere insieme una politica dell'integrazione degli immigrati, che sempre piu numerosi vengono da noi e che noi accogliamo. Guardate che bel paradosso. Per integrare, bisogna includere gli altri nella nostra cultura. Gli altri vengono da noi per godere dei benefici - politici, sociali, economici, giuridici - della nostra cultura. E noi ci rifiutiamo di riconoscere e apprezzare la nostra cultura!

Si dice: per integrare ci vuole la tolleranza con le culture altrui. Sembra un bel parlare e invece e una trappola. La tolleranza e una virtu debole, e una virtu passiva. Confina con l'indifferenza, la sopportazione, l'accondiscendenza. Si tollerano gli sciocchi, i molesti, gli inferiori. Non si tollerano quelli che si considerano uguali. Con gli uguali si usa un'altra virtu, ben piu importante e ben piu impegnativa. Si usa il rispetto. A differenza della tolleranza, il rispetto e la virtu dei forti ed e una virtu attiva, perche obbliga a mettere l'altro al nostro stesso livello. Del resto, se davvero ci ispirassimo alla tolleranza, perche non tollerare i predicatori d'odio? Perche non tollerare le classi scolastiche separate? Perche non tollerare le madrasse in cui si parla arabo, si insegna solo cultura araba, si semina risentimento? Perche non tollerare che sia tolto il crocefisso dalle scuole? Queste cose non solo non le tolleriamo, talvolta le consideriamo addirittura reati. E perche? Perche non tolleriamo chi non ci rispetta. Ecco perche la tolleranza vale poco e il rispetto vale tanto.

La politica del rispetto, naturalmente, e difficile, molto difficile, assai piu difficile di quella della mera indifferente tolleranza del multiculturalismo, la quale ha prodotto i ghetti nei quartieri delle capitali europee e i terroristi di seconda generazione. Perche comporta due obblighi: un atteggiamento di vera apertura verso gli altri, una considerazione di se. Non dimentichiamolo: il rispetto comincia in casa nostra. Comincia con l'attribuire valore a se stessi, alla propria tradizione.

Se si ragiona cosi - e soprattutto chi e stato educato nella cultura cristiana deve ragionare cosi - diventa chiaro perche dobbiamo essere liberali e conservatori. Liberali perche amiamo le liberta, per noi e per gli altri. Conservatori perche vogliamo conservare e rispettare la nostra identita, senza la quale quelle liberta non hanno senso e prospettiva. Non conservatori perche non dobbiamo fare le riforme: essendo liberali, dobbiamo farle. Non conservatori perche ci chiudiamo al futuro: essendo liberali, affrontiamo la modernita. Ma conservatori perche dobbiamo conservare i nostri costumi, la nostra cultura, i nostri valori, la nostra tradizione. Insomma, conservatori perche vogliamo custodire la nostra casa. Sembrava quasi che lo sapessimo, noi del centrodestra, quando ci siamo chiamati "Casa delle liberta": le liberta da introdurre, la casa da mantenere; le liberta come conquiste, la casa come luogo da cui trarre spirito e convinzione e forza per conquistarle.

C'e qualcuno nella Casa delle liberta che non la pensa cosi? Che voglia contrastare questo pensiero? O che abbia paura a dirlo e si lasci intimorire se lo dice? Oppure che ritenga che queste idee, con le politiche conseguenti, non interessino alla gente? Quanto all'intimorire, ricordatevi il referendum. Per quel che mi riguarda, tentare di intimorirmi e la cosa piu inutile e piu sbagliata per farmi cambiare idea. Quanto al consenso, i miei sondaggi dicono che si, la pensano come noi milioni di italiani, che oggi sono sconcertati da quel misto sentimentalista, buonista, retorico, gelatinoso, debole, cedevole, di chi non vuol farci dire chi siamo, ci suggerisce che non importa dirlo, o ci intima di non dirlo, se no offendiamo gli altri.

Ma davvero offendiamo gli altri se gli diciamo come siamo fatti e perche siamo fieri di essere fatti cosi? Certo non siamo perfetti, ma siamo migliori non solo di chi ci dichiara la guerra santa, ma anche di chi non riconosce la parita uomo-donna, non considera lo stato laico una conquista, non distingue la religione dalla politica, non ama la democrazia, non riconosce i diritti universali, non apprezza la distinzione morale-diritto, e cosi trasforma un peccato in un delitto.

4. Il partito unico

Concludo, e scendo un po' piu per terra. Anche perche, nonostante le amicizie e tante persone che mi dicono di ricordarmi nelle loro preghiere, non posso aspirare al cielo.

Dalla tensione politica di questi giorni dobbiamo uscire, perche, come ho cercato di mostrare, non c'e ragione per tenerla o aggravarla. Uno strumento per uscirne c'e, ed e il partito unico o unitario o dei moderati o, come ora potremmo anche chiamarlo, dei conservatori liberali.

Dico subito che considero un errore averlo rinviato al 2006, cioe alle calende greche. Le ragioni per cui avevo aderito a questa idea e per cui mi ero impegnato nel progetto le ho dette ad un convegno delle Fondazioni Magna Carta e Sussidiarieta a Milano con il Presidente Formigoni, ad un altro convegno di Magna Carta a Roma con il Presidente Casini, il segretario Follini, il coordinatore Bondi e Cicchitto, Urso e Mantovano, e molti altri, e le ho ridette nell'intervista a "Ideazione", oltre che in tanti incontri privati con i protagonisti e leader interessati. Do atto onestamente al Presidente Casini e all'Udc di aver lavorato a questi tentativi e di essersi impegnati.

Le ragioni per cui dobbiamo ancora impegnarci possono essere dette in breve. Primo, il partito unico rafforza il bipolarismo. Secondo, aumenta la condivisione del programma, perche diminuisce la cura del "particulare" da parte di ciascun alleato. Terzo, attenua la conflittualita interna alla coalizione. Quarto, trasforma una coalizione di partiti in un partito di coalizione e si rende piu credibile agli elettori.

Siccome, per me, il partito unico era una buona idea, lo resta. Avessimo proceduto subito a metterlo in cantiere, ci saremmo rispamiate tante discussioni sulla leadership, sulla discontinuita, sul centro, sul proporzionale, sulle intenzioni oblique. Non perche alcune di queste discussioni non abbiano fondamento, ma perche non avevano la casa comune entro cui svolgerle e dargli sbocco politico. Dentro la casa comune, si puo discutere di tutto, compreso tutto.

Ripeto: dobbiamo ancora insistere. E credo che sia necessario che Forza Italia riprenda l'iniziativa.

Siamo in tempo? Certo che siamo in tempo. Possiamo vincere le elezioni? Che domanda! Si vince se facciamo discorsi vincenti, e noi facciamo discorsi credibili. Bisogna crederci pero, e io, almeno nelle cose profane, sono un credente.



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