Discorso del Presidente del Pakistan

Resoconto dell'incontro con il Presidente del Pakistan

29 settembre 2004

MUSHARRAF, Presidente del Pakistan. Presidente Pera, senatori, signore e signori, è per me un privilegio trovarmi qui a parlare, al Senato della Repubblica italiana che rimane a tutt'oggi il simbolo più rispettato della democrazia, un luogo assolutamente unico; ed è per me un grande onore trovarmi qui al cospetto di tanti intellettuali della società italiana. Non potrei immaginarmi luogo migliore per illustrare quella che è la realtà del Pakistan e parlare della nostra visione del mondo.

Vorrei affrontare una serie di tematiche importanti per tutta la comunità internazionale e sono felice di dar risposta ad eventuali domande, replicando ad eventuali interventi con la massima franchezza.

Signore e signori, oggi il mondo è diviso da conflitti, da disordini, da odio; odio che si è scatenato per questioni politiche, per conflitti di origine politica, ma tutti questi conflitti che affliggono oggi il mondo, purtroppo, riguardano dei musulmani. Di conseguenza, questi conflitti politici hanno assunto una connotazione religiosa e purtroppo in tutti questi conflitti i musulmani si trovano in una condizione particolarmente svantaggiata, sono quindi delle vittime. Qualunque siano le cause politiche, con connotazioni religiose, comunque sia, oggi come oggi la situazione è tale per cui ci troviamo di fronte a due percezioni errate che si sono venute a creare. Da una parte, l'Occidente ha una visione sbagliata dell'Islam, ritenendo che l'Islam sia una religione che predica la militanza, l'estremismo, il terrorismo; l'altra errata percezione, invece, si registra nel mondo musulmano, e questa errata visione riguarda l'Occidente, che viene considerato come colpevole di aver incominciato a considerare il mondo musulmano come un obiettivo.

Ora, entrambe queste sono visioni errate, comunque sia, qualunque sia la motivazione è indubbio che le masse musulmane, oggi come oggi, in tutto il mondo, in tutti i Paesi del mondo, provano un senso di alienazione e di mancata soddisfazione delle proprie esigenze e diritti e spesso subentra un senso di impotenza che a sua volta, poi, porta all'estremismo. Questo senso di alienazione e di estraniamento politico poi finisce per abbinarsi alla povertà e all'analfabetismo, cosa che accade oggi nel mondo musulmano, dove gli indicatori economici sono i meno favorevoli e quindi abbiamo a che fare con popolazioni tra le più povere, le più analfabete, private dei diritti politici; di conseguenza si arriva ad una combinazione a dir poco esplosiva. Ed è ciò che rappresenta una ricetta ideale per la militanza, l'estremismo e quindi il terrorismo.

Signore e signori, oggi il Pakistan si ritrova al centro di questa condizione, il mondo, come dicevamo, è lacerato. Il mondo musulmano, di cui il Pakistan è una parte importante, prova questo senso di estraniamento, di alienazione. Personalmente ritengo che il Pakistan sia in grado di contribuire alla pace e all'armonia mondiale, così come posso dire che il Pakistan è in grado di contribuire all'emancipazione del mondo musulmano, al tempo stesso, voglio aggiungere, il Pakistan desidera svolgere questo ruolo, vuole, da una parte, emancipare il mondo musulmano, e dall'altra, vuole contribuire alla pace e all'armonia nel mondo. Ed è, quindi, con questo spirito, signore e signori, che il Pakistan sta combattendo il terrorismo. Il Pakistan è uno Stato in prima linea, fa parte della coalizione contro il terrorismo; il Pakistan ha fatto il massimo possibile contro il terrorismo; il Pakistan è riuscito ad arrestare più di 600 terroristi estremisti, esponenti di Al Qaeda, che hanno portato, poi, alla scoperta di moltissime altre figure - appunto - di spicco del terrorismo, in varie altre parti del mondo.

Il Pakistan sta combattendo contro il terrorismo nelle proprie città, nei propri villaggi, siamo riusciti a trovare 600 membri di Al Qaeda, stiamo combattendo attivamente i terroristi lungo il nostro confine occidentale con l'Afghanistan, nelle montagne, siamo riusciti già ad intervenire con le nostre forze militari contro tre basi terroristiche che sono state così eliminate. E so che i membri di Al Qaeda, i talebani, secondo alcuni, non sarebbero nel nostro obiettivo, ma non è vero, la realtà della cosa è che nessuno sa quale sia il significato di "talebano" e quindi, per quanto riguarda il Pakistan, noi abbiamo una posizione chiarissima in merito. Noi interveniamo contro chiunque si renda colpevole di attività terroristiche in Pakistan, come in altre parti del mondo, sia che si tratti di Al Qaeda, di talebani, o di cittadini pakistani. Quindi, voglio sottolineare che noi stiamo agendo contro tutti i terroristi, per cui è inutile mettersi a distinguere tra talebani, piuttosto che esponenti di Al Qaeda.

Voglio solo dire che siamo riusciti a riportare successi nella nostra lotta in prima linea contro il terrorismo, questo a beneficio di tutta la comunità internazionale. Ma, signore e signori, permettetemi di aggiungere che ciò non basta. Personalmente ritengo che sia necessario andare oltre il contesto che ci vede impegnati nella lotta contro il terrorismo. Dobbiamo affrontare alla radice le cause del terrorismo, le motivazioni che portano attacchi suicidi, ciò che rende le persone così spietate da non fermarsi al punto tale da tagliare la gola agli altri.

Dobbiamo cercare di capire qual è il meccanismo alla base di questi attacchi, effettuati contro popolazioni innocenti con l'ausilio di autobombe. Quindi, dobbiamo cercare di inquadrare, nel contesto più ampio, queste problematiche, per cercare di affrontare alla base le motivazioni che possono condurre ad abbracciare il terrorismo. Personalmente, signore e signori, ritengo che la causa principale sia da ricercarsi in questi conflitti politici che producono questo senso di distacco dal resto del mondo, di alienazione, ovverosia la povertà e l'analfabetismo. Di conseguenza abbiamo proposto la strategia della moderazione illuminata che di per sé prevede una duplice tipologia d'azione: da una parte, il mondo musulmano deve per parte sua respingere il terrorismo, la militanza, il fondamentalismo, perché si tratta di attività non islamiche, anti-islamiche e, respingendo questo, dobbiamo invece abbracciare il cammino dello sviluppo socio-economico. Dall'altra parte, il secondo fronte di iniziative spetta all'Occidente; quando parlo dell'Occidente intendo sia gli Stati Uniti che l'Unione europea, che ormai rappresenta una forza molto importante, e, quindi, poiché l'Italia è un protagonista nell'ambito dell'Unione europea, nell'ambito del mondo occidentale, mi rivolgo, quindi, direttamente agli italiani qui presenti per sottolineare che l'Occidente deve cercare di assistere il mondo musulmano affrontando quindi il problema della povertà, dell'analfabetismo e della fame.

Noi dobbiamo mostrare la nostra volontà nell'agire sui due fronti, sapete forse che io sono un militare. Ebbene, noi parliamo nell'ambiente militare della strategia di un doppio accerchiamento e quindi si tratta di assicurare che vi sia una presa omogenea proveniente dai due lati. Se abbiamo un'azione alla quale non ne corrisponde un'altra che la bilanci, allora, non è possibile raggiungere un risultato e quindi è fondamentale che vi sia un'azione su due fronti, in modo che si possa agire «a tenaglia» e quindi affrontare alla radice questo problema.

E voglio dire a nome del mondo musulmano che noi abbiamo già accettato questa strategia della moderazione illuminata al vertice che si è tenuto a Kuala Lampur, l'anno scorso, e questa è una strategia che abbiamo poi elaborato ulteriormente. Noi abbiamo nominato un gruppo di dieci figure di spicco che devono ristrutturare il principale organismo che rappresenta i musulmani, l'OIC (Organization of the Islamic Conference), e questo al fine di poter emanare delle raccomandazioni per la ristrutturazione e l'emancipazione dei musulmani per riuscire quindi ad attuare le riforme socio-economiche alle quali facevo riferimento. Quindi, mentre il mondo musulmano ha compiuto un passo in questa direzione, temo di dover dire che il mondo sviluppato, l'Occidente, ancora non ha assunto questo impegno. Quando faccio riferimento all'esigenza di risolvere e superare i conflitti politici io ritengo che si debba operare in modo da chiudere i vari fronti e il primo fronte che va chiuso, e deve essere chiuso, è il fronte palestinese, in quanto ritengo che se riusciamo a risolvere la questione palestinese con giustizia ed equità allora possiamo veramente dire di essere riusciti a sradicare le basi del terrorismo. Senza essere troppo pessimista, vorrei, però, signore e signori, ricordare che non abbiamo molto tempo a disposizione. Io personalmente non credo nella cosiddetta teoria dello scontro tra le civiltà, credo anzi che non vi sia teoria più nociva di questa, ma ritengo che per come si stanno sviluppando gli eventi, per come si sono aperti più fronti, per i problemi a cui ho fatto riferimento all'inizio, vi è l'esigenza di abbracciare la moderazione illuminata prima che scenda la cortina di ferro tra il mondo islamico e l'Occidente. E in questo credo fermamente.

Vorrei anche aggiungere che quando parlo dello sviluppo socio-economico del mondo islamico e quando parlo dell'esigenza di combattere povertà, analfabetismo e fame, naturalmente, sottolineo che questo è necessario farlo in tutto il mondo, ma poiché sto parlando del mondo islamico devo dire che il mondo sviluppato deve dare il proprio apporto per affrontare il problema della povertà, dell'analfabetismo e della fame perché, personalmente, ritengo che questi problemi stiano aggravandosi. Fame, povertà, bisogni non fanno che aumentare. Di questo ho parlato nei miei discorsi alle Nazioni Unite, ho detto che è vero che ci sono delle isole di prosperità ma se noi non riusciamo a guardare in avanti, a proiettarci verso il futuro, queste isole di prosperità potranno in futuro essere sommerse da questo mare, questo oceano di povertà e di fame, quindi dobbiamo agire subito, risolvere i conflitti politici, promuovere lo sviluppo socio-economico. Dico questo perché gli obiettivi di sviluppo per il millennio, enunciati dalle Nazioni Unite, teoricamente sono giusti ma purtroppo manca la volontà, la disponibilità a raggiungere questi obiettivi. So che il mondo sviluppato si è impegnato ad arrivare allo 0,7 per cento del proprio PIL in aiuti pubblici allo sviluppo ma questo ancora non è avvenuto. Dobbiamo, quindi, affrontare l'impegno dello sviluppo socio-economico di tutto il mondo in via di sviluppo e del mondo musulmano, senza dimenticare però l'esigenza di affrontare il problema degli scontri e dei conflitti politici.

A questo punto vorrei soffermarmi su alcune questioni che riguardano in particolar modo il Pakistan. Signore e signori, il Pakistan è stato vittima di quattro percezioni assolutamente inesatte ed errate. La prima di queste: si ritiene che quello che sta accadendo tra India e Pakistan, nel Kashmir , sia dovuto ad azioni terroristiche che partono dal Pakistan, attraversano il confine con l'India. E poi lo stesso si sospetta che le azioni terroristiche che si registrano -appunto - oltre confine nascano da iniziative in Pakistan. Terzo malinteso nasce dall'impressione che tutta la proliferazione nucleare che è stata registrata ha le sue origini in Pakistan e poi ultimo punto, che è veramente, come dicevo, un equivoco grossissimo, ovvero, che la società pakistana sia una società di militanza, di estremismo, di scontro. Io ritengo che queste percezioni forse presentino un qualche elemento di verità, ma per lo più, come dicevo, si tratta di percezioni errate. Vorrei soffermarmi brevemente su ognuno di questi punti. Partiamo dal concetto secondo il quale lungo il confine con l'Afghanistan tutto quello che accade riguarda appunto interventi nati in Pakistan. Considerando l'intervento che abbiamo fatto contro Al Qaeda nelle nostre città è chiaro che ormai non dovrebbero esservi più dubbi circa quello che sta facendo il Pakistan. Ma vorrei in tale sede soffermarmi su quello che è il rapporto tra religione e terrorismo, e questo può essere un'informazione utile; forse è un fenomeno che si registra nella maggior parte delle Nazioni islamiche e mi soffermerò brevemente sulla nostra società.

La società pakistana, signore e signori, è ripartita come segue: vi è una forte maggioranza di persone religiose, ma moderate progressiste, poi vi è una frangia, che io - appunto - definisco una frangia fondamentalista e quando parlo di fondamentalista faccio riferimento ad una persona che è radicata nella prospettiva storica della nostra religione e che non è disposto ad applicare i veri e sani princìpi della nostra religione, che invece predica l'ammodernamento, predica l'Islam che la nostra religione deve essere in sintonia con l'epoca moderna. Loro invece respingono ciò, non desiderano che la nostra religione venga vissuta nella realtà contemporanea e non fanno che abbarbicarsi a queste posizioni storiche. Una gran parte di questi fondamentalisti, certo, se hanno queste opinioni hanno il diritto di poterle avere, ma vi è una frangia di questo gruppo che poi invece abbraccia l'estremismo e quando parlo di estremisti faccio riferimento a soggetti che vogliono imporre le proprie opinioni nei confronti degli altri.

Adesso se andiamo a vedere tutti i casi di terroristi che abbiamo potuto quindi scoprire, eventuali attacchi dinamitardi, attacchi contro il sottoscritto, vediamo che vi è uno schema che si ripete. Abbiamo i mandanti che sono in genere membri di Al Qaeda o talebani, sono degli stranieri che operano in Pakistan e prendono un pakistano che è un terrorista che è - diciamo - colui che pianifica l'azione terroristica che a sua volta si infiltra in una banda di estremisti trasformando questi estremisti in terroristi. Ed è così che il terrorismo ha finito per immischiarsi - diciamo - in questioni prettamente religiose e questo significa, naturalmente, creare una situazione a discapito dei moderati, per cui abbiamo questi mandanti, abbiamo questi esponenti di questi movimenti che a loro volta reclutano - appunto - questi estremisti trasformandoli in terroristi. E vorrei adesso passare ad illustrare quella che è la nostra politica per affrontare questo tema, ma prima vorrei parlare del nostro rapporto con l'India.

Abbiamo avviato un riavvicinamento con l'India che sta procedendo bene, stiamo adottando le cosiddette misure di confidence building e dall'altro canto il dialogo. Io sono ottimista, ritengo che vi sia sincerità su ambo i lati e siamo fiduciosi che sarà possibile, in futuro, risolvere i nostri conflitti con l'India, naturalmente al centro di questo è il Kashmir per il quale sono state combattute tre guerre. Quindi l'impressione appunto errata che tutto quanto nasca dal Pakistan, come dicevo, può essere così fugata affrontando le cause alla base di tutto ciò.

Per quanto riguarda il discorso sulla proliferazione nucleare, non voglio addentrarmi in questo argomento a meno che non vi sia una domanda specifica, ma devo dire che vi è stato un atto assolutamente irresponsabile di una persona, un eroe in Pakistan, che però ha dato prova di irresponsabilità, in quanto si è reso colpevole - appunto - di contribuire alla proliferazione delle armi nucleari. E dobbiamo quindi agire contro quest'uomo che pur essendo un "eroe", in ogni modo, si è macchiato di questa colpa. Ma vi posso assicurare che non vi sarà mai proliferazione in Pakistan, lo dico con certezza perché prima - appunto - che il Pakistan diventasse uno Stato nucleare dichiarato, la situazione era diversa; la situazione finanziaria e di ricerca era interamente nelle mani degli scienziati in quanto vi era l'esigenza di mantenere la segretezza ma dal test nucleare del 1998 in poi abbiamo introdotto dei controlli molto severi per garantire la sicurezza.

Abbiamo un'autorità che è presieduta dal Presidente, il vice è il Primo ministro, poi vi sono altri Ministri di spicco del Governo che affiancano il Primo ministro. Abbiamo creato un segretariato molto forte, la divisione di pianificazione strategica, che si occupa di tutti gli aspetti finanziari strategici e che si occupa dei programmi di sviluppo. Poi, vi è un comando Interforce che si occupa di tutte le risorse disponibili e di conseguenza posso dirvi con certezza che la situazione è assolutamente sotto il massimo controllo.

Poi, il quarto punto: il Pakistan viene accusato di essere un Paese con una società militante estremista. Voglio dire a questo pubblico che non è così, purtroppo questa è una percezione errata che andrebbe corretta. Noi stiamo affrontando il problema del terrorismo con le nostre risorse, anche militari, ma al tempo stesso stiamo avviando una riforma della società.

Chiedo a tutti i moderati di farsi avanti e usare la proprio influenza per reprimere questa minoranza di estremisti, in modo che il mondo non veda gli estremisti ma i moderati, che rappresentano la maggioranza della Nazione e sono pienamente fiducioso, signore e signori, che tutta la Nazione sostiene questa mia posizione. Non avrei potuto viaggiare come ho fatto, in lungo e in largo per il mondo, se non fossi fiducioso del fatto che posso contare sul sostegno di tutta la popolazione. Stiamo, quindi, cercando di modificare le mentalità tradizionali, stiamo cercando di avviare una trasformazione della società, promuovere la rinascita della nostra Nazione per poter veder prevalere pace e armonia e anche noi così possiamo sempre di più contribuire alla pace e all'armonia nel mondo islamico e nel mondo in senso lato.

E quindi nel cercare di correggere queste immagini sbagliate che si hanno nei nostri confronti e nel cercare di assicurare che possa prevalere l'armonia e l'equilibrio nell'Umma, nel mondo musulmano, nel contribuire all'armonia mondiale, devo dire che dobbiamo anche considerare la questione dell'armonia interreligiosa. Il Pakistan ha intrapreso un cammino di rinascita economica, cercando di affrontare il problema della scarsa crescita economica e si è cercato di combattere la povertà e l'analfabetismo, senza entrare nei dettagli devo dire che siamo riusciti in questo nostro sforzo. Il Pakistan era un Paese che stava, appunto, per essere ufficialmente dichiarato uno Stato in bancarotta mentre invece adesso possiamo dire con orgoglio che la nostra crescita economica è una delle migliori in Asia e la nostra economia ha conosciuto una vera e propria rinascita e sta rafforzandosi con una crescita del PIL del 6,4 per cento e tutti gli indicatori macroeconomici sono oggi positivi. Non intendo entrare nel dettaglio ma tant'è! Stiamo trasformando, quindi, le condizioni di vita per la popolazione, questi guadagni che abbiamo registrato sul fronte economico adesso li stiamo diffondendo e questo fa parte della nostra strategia. Abbiamo identificato le sacche di povertà nelle zone rurali, nelle città, abbiamo identificato i bisogni da affrontare e quindi il nostro impegno è quello, come dicevo, di assicurare lo sviluppo della Nazione, cosa che possiamo fare più agevolmente grazie al progresso che abbiamo conseguito dal punto di vista economico e quindi grazie a questi indicatori macroeconomici favorevoli possiamo intensificare il nostro impegno contro la povertà. Posso dire che siamo riusciti ad arrestare la crescita della povertà e siamo sicuri di poter invertire la tendenza grazie alla strategia e alla politica che noi abbiamo adottato. Al tempo stesso, stiamo agendo per migliorare la qualità dell'istruzione, la qualità dei servizi sanitari e tutto questo fa parte di una specifica precisa strategia. Siamo certi, quindi, di quello che è il nostro obiettivo e stiamo operando perché venga raggiunto e da ultimo vorrei soffermarmi sul tema della democrazia. È ironico forse che un uomo in divisa, un militare parli di democrazia al Senato di un Paese con una forte tradizione democratica. Ma la realtà è questa, signore e signori, ogni Nazione conosce una realtà diversa, ogni Nazione opera in un contesto molto diverso e assolutamente unico; l'errore più grossolano che può compiersi, è quello di guardare ad una Nazione con gli occhi degli altri. Non possiamo guardare al Pakistan con l'ottica italiana, bisogna invece cercare di vedere le cose dentro il Paese. Detto questo, signore e signori, posso dire che la democrazia in Pakistan non è mai riuscita a decollare e lo dico con una certa autorità in 55 anni per tre volte è stata applicata la legge marziale, nel periodo in cui, intorno al 1988-1989, i militari, come sappiamo, avevano rifiutato di continuare il loro lavoro, vediamo che vi sono state ben quattro volte delle Assemblee che sono state sciolte, da chi? Da coloro che erano stati eletti, quattro volte i capi di Governo, appunto, si sono succeduti, tre volte è successo per i capi di Governo in pectore, sono state sferzate delle operazioni per attaccare l'autorità e, come dicevo, in questi undici anni di cosiddetta democrazia siamo arrivati sull'orlo anche della bancarotta.

Forse sono un militare, ma credo fermamente nella democrazia perché credo che sia questa la strada giusta, però dobbiamo capire per quale motivo la democrazia non è riuscita ad operare in Pakistan. Credo che la ragione sia nel fatto che la popolazione non è stata dotata, appunto, della possibilità di assumere il potere, le responsabilità, l'empowerment è venuto meno e non siamo riusciti a garantire, appunto, il godimento della democrazia. Oggi abbiamo cambiato le cose, oggi, signore e signori, abbiamo garantito potere al popolo pakistano, oggi abbiamo dei Governi locali a livello amministrativo, politico e finanziario, ormai è il popolo che decide, abbiamo trasformato il sistema coloniale dopo 56 anni appunto, siamo riusciti a trasformare questo sistema di retaggio coloniale e per citare le parole della Banca mondiale in Pakistan si è avuta una "rivoluzione silenziosa". Abbiamo poi assicurato diritti alle donne in Pakistan, sono 40.000 le donne che rivestono qualche incarico politico, abbiamo il 33 per cento di donne a livello dell'amministrazione locale, vi sono 60 seggi nell'Assemblea nazionale destinati alle donne ma le donne possono anche presentarsi «fuori quota» e quindi presentarsi contro, appunto, dei candidati uomini. Adesso abbiamo 73 membri dell'Assemblea nazionale, ovverosia il 22 per cento del totale. Questo è quello che abbiamo ottenuto. Abbiamo quindi assicurato diritti anche agli esponenti delle minoranze, assicurando quindi rappresentatività parlamentare e abbiamo introdotto la democrazia, abbiamo introdotto con un sistema istituzionale, un metodo che è in grado di sostenere la democrazia, un sistema di pesi e contrappesi e questa è una democrazia che adesso potrà crescere e per la prima volta nella storia del Pakistan siamo certi di poter arrivare alla fine della legislatura e quindi, signore e signori, dovete credere in quello che vi dico. L'ambiente era diverso, c'era bisogno di un militare, di un uomo in divisa, per introdurre una democrazia solida ed è importante che vediate le cose dal nostro punto di vista.

Vorrei concludere dicendo che naturalmente dobbiamo anche ricordare la nostra cultura, dobbiamo anche ricordare il nostro impegno negli sport, nel turismo, stiamo cercando quindi di proiettare in maniera più decisiva e incisiva altri aspetti della nostra società, al di là di quelli ricordati poco innanzi.

Signore e signori, questa è la storia del Pakistan, questo è il nostro desiderio, quello di emanciparci, quello di riuscire a migliorare il livello di vita e di contribuire all'emancipazione e allo sviluppo del mondo musulmano e contribuire alla pace e all'armonia tra popolazioni di fede diversa e tra tutti i Paesi del mondo. Con questo ho concluso e vi ringrazio per la vostra cortese attenzione. (Applausi).

ANDREOTTI (Aut). ...prima vorrei ringraziarla per aver messo molto l'accento sulla distinzione tra Islam e fondamentalisti islamici. Presidente, forse lei è in grado di poter dare una risposta. Se è vero che al terrorismo contribuisse molto il narcotraffico.

I dati ufficiali delle Nazioni Unite ci attestano che i talebani avevano fatto delle cose terribili, ma avevano fatto una cosa buona: avevano ridotto molto le coltivazioni di oppio e ridotto molto il narcotraffico. Adesso, queste coltivazioni di oppio sono riprese in grande stile e il narcotraffico - ripeto, sono dati ufficiali delle Nazioni Unite - è molto aumentato. Questo è molto triste perché, allora, noi vediamo che molti che combattono il terrorismo, però, poi di fatto favoriscono questo tipo di aiuto al terrorismo, che è dato dal narcotraffico.

MUSHARRAF, Presidente del Pakistan. Sì, è verissimo quello che lei dice. I talebani sono riusciti a limitare notevolmente le coltivazioni di oppio. Perché? Perché non è che hanno molto contribuito sul fronte della democrazia dei diritti umani, quindi sono stati piuttosto spietati nei confronti di chiunque, compresi - appunto - i coltivatori di oppio.

Certo, non volevano che vi fosse una forte presenza di droga nella loro società; adesso che però stiamo cercando di avviare un sistema democratico in Afghanistan, introducendo la democrazia nel Paese, abbiamo bisogno che giunga l'impegno a favore della ricostruzione, che era stato promesso. Abbiamo bisogno di più risorse perché possa avviarsi questo processo di ricostruzione in modo che alla gente venga offerta l'alternativa, oltre a quella della coltivazione - appunto - dei papaveri, dell'oppio, quindi, perché altrimenti se non ci sono altre alternative, allora, che cosa succede? La gente, per forza di cose, si rimette a coltivare questi campi. Sono certo, quindi, che si capirà questa posizione; sono sicuro che il Governo si metterà con impegno ad affrontare chiunque agevoli i trafficanti.

E poi si parlava, appunto, dell'esigenza di distinguere, certo, tra le varie forme di terrorismo. Quando dicevo che non siamo sicuri dell'identità dei talebani, lo dico facendo riferimento al significato proprio della parola talebano. Ovverosia chiunque abbia studiato in una madras e voglio sottolineare che non tutti coloro che studiano nelle madras sono degli estremisti, dei fondamentalisti, lo dico con certezza. Quindi, cosa si intende per talebano? Tutti i pashtun? No, assolutamente. Non è possibile dire che tutti i pashtun siano dei talebani terroristi. Noi siamo sicuri di cosa si intenda con il termine talebano. Noi sappiamo che quando si usa il termine talebano nel senso che si intende in questo contesto è una cosa, mentre invece quando si parla di terrorismo è un'altra. Quindi, quando diciamo terroristi, diciamo coloro che hanno dato, appunto, sostegno al precedente regime; quindi noi affrontiamo chiunque, talebano o Al Qaeda che sia, sia ritenuto colpevole di terrorismo.

CENTARO (FI). Ho apprezzato molto ciò che lei ha detto sul processo di modernizzazione del suo Paese e sulla diffusione del potere anche in sede locale. Però uno dei motivi del fallimento del sistema di cooperazione è stato la presenza di sistemi feudali moderni in tanti Paesi che hanno impedito, non parlo ovviamente del suo, la possibilità di elevare il tono dell'economia, di elevare il livello economico dei cittadini e quindi di far venir meno quell'ostilità nei confronti dell'Occidente.

Che suggerimento ritiene di poter dare all'Occidente per superare questo impasse? E ancora. Quale ruolo ritiene possa svolgere l'Iran per la stabilizzazione politica dell'area mediorientale e quale ruolo può avere nel confronto tra religioni e tra civiltà, che diventa anch'esso importante per la stabilizzazione politica? Grazie.

MUSHARRAF, Presidente del Pakistan. Ha fatto riferimento alla società feudale. In Pakistan, abbiamo una realtà sia feudale che tribale. Quindi, in ognuna delle nostre Provincie, in Pakistan, c'è una realtà a sé stante. Ma io ritengo, personalmente, che con il progresso delle istituzioni democratiche, con il consolidamento della democrazia e con i progressi sul fronte anche dell'istruzione, gradualmente, con il passare del tempo, si vedrà ridurre questa componente feudale.

Per quanto riguarda la cultura tribale in due delle nostre Provincie questa permane. Il feudalesimo ancora si riscontra in una Provincia, mentre invece nella Provincia più grande, quella del Punjab, con il trascorrere di questi ultimi cinquant'anni, possiamo dire che tutto si basa sulla proprietà terriera e sappiamo che con il passare del tempo si è avuta la parcellizzazione della proprietà terriera. Quindi, possiamo dire che questa realtà feudale ormai sta riducendosi e questo verrà consolidato, come dicevo, con l'istruzione. Secondo alcuni, noi non dovremmo avviare riforme terriere in Pakistan - su questo si può discutere - credo che in passato, certo, si è avuto l'impegno di avviare delle riforme terriere per ridurre il feudalesimo ma posso dire che, per lo più, adesso è una questione di cambiare la società perché si cambino le mentalità ed è quello che vediamo accadere in Pakistan con l'istruzione e con una trasformazione della mentalità. Non credo che occorra fare altro.

Quando lei poi fa riferimento al Medioriente, non sono certo di aver ben colto quello che lei chiedeva, però, penso che comunque sia, dobbiamo affrontare in primis la questione palestinese, perché se riusciamo a risolvere questo conflitto personalmente ritengo che questo finirà per portare armonia al Medioriente. Non sono sicuro, appunto, di aver risposto bene a questa sua domanda, però, posso dire una cosa: stiamo assistendo ad una vera e propria trasformazione. C'è stato un momento in cui il concetto stesso di Israele era respinto dal mondo musulmano. Oggi, ormai, tutto il mondo musulmano accetta la realtà, che è Israele. E questa è una trasformazione straordinaria che dovrebbe poi portare pace e armonia. Si tratta, quindi, di cercare di trovare una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese, così facendo sono certo che tutto il mondo musulmano, a quel punto, potrà riconoscere Israele e, a quel punto, questo rappresenterà, di per sé, una garanzia per Israele. Certo che se Israele continua a costruire il muro e continua ad occupare territori palestinesi, beh, è chiaro che questo non può contribuire alla pace e all'armonia. Nessun Paese islamico accetterà che Israele continui ad occupare altri terreni, altre terre palestinesi.

Non so, appunto, se ho ben risposto a questo interrogativo. Ma comunque sia credo che questa sia la chiave per migliorare la situazione in tutta questa Regione e nel mondo intero. Bisogna per prima cosa affrontare il problema palestinese.

SPINI (DS-U). Signor Presidente, in questi giorni stiamo discutendo della possibilità di una conferenza internazionale sull'Iraq. Lei, che cosa ne pensa?

MUSHARRAF, Presidente del Pakistan. La situazione in Iraq è molto complessa, ma, diciamo che, la soluzione che si sta delineando è quella giusta. Vi sono due elementi insiti in questa strategia: da una parte, l'elemento politico, ed è quindi fondamentale lo svolgimento di elezioni per eleggere un Governo che risulti più accettabile per la popolazione. Il secondo punto riguarda la riduzione della visibilità delle forze straniere per portare poi al ritiro di tutte le forze, di tutte le truppe straniere dal Paese. Ad un certo punto si è chiesto ai Paesi musulmani di contribuire, appunto, con proprie truppe. Però questo risultava difficile per tutti i Paesi islamici, soprattutto per il Pakistan, al quale è stata fatta questa richiesta, perché noi non potevamo immaginare che i nostri uomini venissero percepiti come - diciamo - un ideale prolungamento delle forze di occupazione. Io ho detto che facendo questo avremmo finito per creare una situazione controproducente. Detto questo, all'epoca non vi era un Governo, adesso vi è un Governo provvisorio, la situazione è cambiata e con questo Governo provvisorio invece di cercare truppe straniere dobbiamo cercare invece di creare una forza di sicurezza, o di polizia, un esercito, una milizia, chiamiamola come credete, ma questo va fatto in tempi molto rapidi in modo che questa forza possa assumersi la responsabilità di garantire la sicurezza e quindi le forza straniere potranno ritirarsi e poi uscire del tutto dal Paese. E a quel punto, forse, i Paesi musulmani potranno riconsiderare la possibilità di contribuire con proprie forze alla ricostruzione e alla stabilità del Paese. Quindi, credo che sia importante che vi sia una forza irachena per la sicurezza, per l'ordine e, a questo punto, si potrà intraprendere quello che per noi è il cammino più giusto, quindi la ricostruzione.

TAROLLI (UDC). Grazie, signor Presidente. Io ho apprezzato la sua relazione perché lucida e franca. Però non ho colto una questione. Il Pakistan è un Paese islamico, ma non è un Paese arabo e gran parte della sua riflessione è stata, però, centrata come se il Pakistan fosse un Paese arabo e, quindi, fosse strategicamente, geograficamente, inserito in quell'area lì. E credo di aver capito qual è la posizione del Pakistan rispetto all'azione positiva di creare armonia, pace, in quell'area geografica; però il Pakistan è anche parte dell'Asia. E allora, la domanda che io volevo sottoporre è questa: in Asia c'è un Paese che si chiama Cina che sta crescendo, negli ultimi dieci anni, a ritmi di crescita del PIL del 7, dell'8, del 10 per cento, in maniera incredibile e c'è anche un altro Paese di poco inferiore che è l'India che sta crescendo altrettanto in maniera straordinaria. Qual è la posizione di un Paese più piccolo, di medie dimensioni, come il Pakistan, nell'equilibrio che si andrà a determinare in Asia? Quale spazio avrà, quindi, il Pakistan o quei Paesi di medie dimensioni rispetto alle due grandi Nazioni, qual è l'equilibrio che si potrà determinare negli anni futuri? Grazie.

MUSHARRAF, Presidente del Pakistan. Innanzitutto, sul fatto che il Pakistan non è un Paese arabo ma un Paese islamico, posso dire che io sono un grande sostenitore del panislamismo. Credo, infatti, nei valori comuni di tutto il mondo islamico appartenente all'OIC (Organization of the Islamic Conference). Quindi è il panislamismo quello che è sostenuto dal Pakistan e in questo contesto panislamico il mio Paese ha una posizione di primo piano e questo ruolo, questa nostra posizione, vorremmo utilizzarla all'interno del mondo islamico per creare maggiore armonia nel futuro del mondo islamico e attraverso questo in tutto il mondo. Quindi, non credo che ci sia un contrasto nel fatto che il Pakistan possa essere parte di questo mondo panislamico, che possa quindi svolgere un ruolo importante nell'intero mondo musulmano. Ma considerata la sua collocazione geostrategica, così vengo alla seconda parte della sua domanda, considerata questa sua posizione il Pakistan si trova al centro di questa Regione. Si trova nel punto di congiunzione del Golfo del mondo arabo, delle Repubbliche centro-asiatiche e dell'Asia meridionale. Nessuna di queste aree, Regioni, possono interagire tra di loro senza l'intermediazione del Pakistan. Quindi, dal punto di vista semplicemente, puramente geostrategico, il ruolo del Pakistan è essenziale per facilitare l'interazione tra queste Regioni. Se l'Asia centro-orientale cerca un maggiore scambio commerciale con il resto del mondo deve guardare a sud, verso il Pakistan. Se l'India oggi cerca gas, fonti energetiche, perché hanno bisogno di maggiori fonti di energia che possono avere dal Turkmenistan, dal Qatar e dall'Iran deve comunque rivolgersi al Pakistan. La Cina nel guardare le sue Regioni occidentali, a Sinkiang, deve attraversare le rotte nel Pakistan e in breve, quello che vorrei dire in conclusione, il Pakistan gode di un vantaggio geostrategico grazie alla sua collocazione e questa gli consente di sfruttare questo vantaggio geostrategico per poter promuovere gli interessi nazionali. Quindi, ritengo che la nostra funzione sia essenziale, estremamente importante nel portare armonia in tutta la Regione centrale e questo è importante nei confronti della Cina. Lei ha ricordato questa crescita strepitosa di più del 10 per cento del PIL negli ultimi dieci anni. Abbiamo ottimi rapporti con la Cina, stiamo sviluppando i nostri rapporti con le Repubbliche dell'Asia centrale, stiamo cercando di normalizzare i rapporti con l'India. Classicamente i nostri rapporti con il Golfo non sono stati sempre ottimi, quindi, noi abbiamo una posizione dal punto di vista geostrategico che ci pone in una posizione di forza nel poter promuovere i nostri interessi geostrategici.

MASTELLA (Misto. Popolari-Udeur). Signor Presidente, confesso che ero venuto in maniera un po' prevenuta, nel senso che non sempre i generali che fanno politica sono buoni generali e buoni politici. Però le faccio i complimenti per quello che ha detto e per le intenzioni che mi sono apparse evidenti nelle sue parole. Faccio però una domanda diversa. Qual è la funzione e il ruolo che le assegna l'Europa unita? E soprattutto. In vista di queste tensioni che a volte, assai spesso, ci sono, ritiene che l'ingresso di una potenza islamica, come la Turchia, l'ingresso della Turchia in Europa, possa contribuire a distendere e a favorire i rapporti tra l'Europa e il mondo islamico?

MUSHARRAF, Presidente del Pakistan. Grazie moltissime per aver ammesso, appunto, di essersi sbagliato forse nelle sue percezioni iniziali. Io sono sempre un militare che però sta cercando di imparare il mestiere della politica. E questo è molto difficile soprattutto per un uomo che indossa la divisa. Ma per giungere alla sua domanda, si parlava di quello che può fare l'Unione europea. L'Unione europea si sta rafforzando con l'allargamento, con l'Europa a 25, adesso l'Unione europea è un mercato fortissimo, è un produttore fortissimo e quindi cosa può fare l'Unione europea? Bene, io credo di poter dire che quando si parla di assicurare una maggiore armonia tra persone di fedi diverse, bene, l'Europa può contribuire cercando di usare la propria influenza per la soluzione del conflitto israelo-palestinese. In secondo luogo, in questo mondo quello che conta è lo sviluppo socio-economico dei Paesi, il commercio, gli interscambi e personalmente credo che l'Unione europea abbia un importantissimo ruolo da svolgere nel rafforzare i rapporti commerciali economici con il mondo islamico o con il mondo in via di sviluppo, in senso lato, perché ritengo che il commercio, l'interscambio, molto più che gli aiuti rappresentino la risposta per garantire lo sviluppo socio-economico. Per cui bisogna che vi sia un equilibrio nel commercio, nell'interscambio addirittura direi che quando parliamo dell'OMC, di tutti i regimi del sistema, appunto, dell'Organizzazione mondiale del commercio, non dobbiamo cercare di applicare condizioni eque, anzi, dobbiamo avere il cosiddetto campo di gioco che favorisca invece i Paesi meno avanzati perché non è possibile immaginare che scendano in campo con condizioni uguali. Dobbiamo, quindi, ricordare che però ci sono dei sussidi che vengono ancora dati, per esempio, nel mondo sviluppato ai propri agricoltori e lì finiamo per essere penalizzati addirittura nel settore nel quale siamo più forti. Dobbiamo cercare, quindi, di trovare delle soluzioni equilibrate per combattere la povertà e per aiutare lo sviluppo socio-economico del mondo in via di sviluppo. L'Unione europea può fare moltissimo in tal senso, può promuovere notevolmente l'interscambio con il mondo islamico, con il mondo in via di sviluppo. Poi, lei parlava della Turchia e dell'eventuale ingresso della Turchia nell'Unione europea. È vero la Turchia è una parte importante del mondo islamico, è membro della OIC (Organization of the Islamic Conference) e appunto, come sappiamo, la Turchia vorrebbe aderire all'Unione europea e questo rappresenterà per noi un ponte tra Occidente e Oriente. Credo che così si creerà un ponte tra il mondo islamico e l'Occidente, tra l'Unione europea e l'OIC, e quindi, personalmente, io sarei favorevole al loro ingresso nell'Unione europea. (Applausi).

PALLAVICINI, Imam. Grazie Presidente. Apprezziamo soprattutto la sua iniziativa di aver ricevuto una Delegazione di musulmani italiani moderati e apprezziamo, naturalmente, da parte del presidente Musharraf, l'esempio di un Paese moderato. Vorremmo soltanto specificare che un musulmano moderato è un musulmano tiepido, mentre noi pensiamo che sia proprio la forza della sua fede che possa portarlo ad un'accettazione anche della fede degli altri. Pensiamo che il presidente Musharraf ci possa confermare che il riconoscimento non della teologia ma della validità salvifica delle altre religioni sia effettivamente il punto di partenza per una pace non soltanto fra popoli, ma anche fra credenti nell'unico Dio di Abramo.

MUSHARRAF, Presidente del Pakistan. Vorrei dire una cosa. Lei ha fatto una bella dichiarazione, non c'era proprio una domanda in questa sua dichiarazione, questo suo commento, però vorrei aggiungere qualcosa, qualcosa che mi è venuto in mente in quanto lei ha detto della percezione del mondo islamico. Ho detto già che ho diviso la società pakistana in moderati, maggioranza, poi estremisti e fondamentalisti. Questo è qualcosa che riguarda la maggior parte dei Paesi musulmani: una grande maggioranza di moderati. Ma sono dei moderati silenziosi e l'idea che mi è venuta in mente mentre lei parlava: quando qualcuno che viene dall'Occidente esamina le nostre società coglie degli aspetti errati. Innanzitutto pensa che chiunque sia religioso sia un estremista o un integralista, cosa che non è vera. Al contrario, la maggior parte di noi è religioso ma siamo tutti, la maggior parte, anche moderati, non siamo degli estremisti ed in secondo luogo, qualsiasi figura di spicco, personalità religiose, ONG o personalità politiche che vengono in visita in Pakistan tendono ad interagire con una classe di fondamentalisti. Sono degli ultramodernisti in realtà, sono persone che vanno al di là della modernità della società, sono degli occidentalizzati, per così dire. Noi non vogliamo essere occidentalizzati, vogliamo mantenere la nostra cultura pur essendo moderni. Quindi quando vengono queste persone in visita, in genere, hanno come controparte questi ultramodernisti che a loro volta fomentano questa errata percezione del Pakistan e quindi all'estero si ha la sensazione che chiunque sia religioso sia anche integralista. Quindi tutta la società, la nostra società, una società di integralisti e vorrei dire a questo illustre consesso, chiunque venga nel nostro mondo, a chiunque viene a visitare il Paese per cortesia cercate di incontrare la gente del Paese, non limitatevi a parlare con gli ultramodernisti o con una piccola minoranza, perché non è vero che tutti sono integralisti perché sono religiosi. Cercate di capire, di vedere qual è il vero Pakistan, incontrate le masse, non incontrate soltanto le minoranze degli ultramodernisti o i fondamentalisti, cercate di vedere coloro che sono al centro.

D'ONOFRIO (UDC). Un'ultima questione, almeno per quanto riguarda l'interesse italiano in particolare. L'Italia è molto impegnata negli ultimi tempi sul tema della riforma delle Nazioni Unite e ha preso posizione contraria a nuovi membri permanenti delle Nazioni Unite, del Consiglio di sicurezza in particolare. Abbiamo molto apprezzato la sua dichiarazione che anche il Pakistan lei ritiene che debba essere contrario a nuovi membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Ma la domanda è questa: oltre ad una contrarietà lei ha anche un'idea su come potrebbe essere riorganizzato un Consiglio di sicurezza nel nuovo ordine internazionale?

MUSHARRAF, Presidente del Pakistan. Grazie per questa domanda. Il Pakistan non è favorevole ad un aumento nel numero dei seggi permanenti nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per due motivi: innanzitutto il Pakistan ritiene che questo sarebbe contrario alle norme democratiche di uguaglianza sovrana tra gli Stati. Un tale cambiamento finirebbe per creare Stati più uguali di altri e questo vìola le regole stesse dell'uguaglianza. Secondo motivo: noi non siamo a favore dell'aumento nel numero di Paesi con privilegi speciali o particolari. La creazione, quindi, di altri Paesi più uguali rispetto agli altri. Qual è la soluzione? Di soluzioni potranno esservene molte, francamente non le ho studiate tutte ma, per esempio, si potrebbe immaginare un aumento nei seggi non permanenti per assicurare una migliore e maggiore rappresentatività regionale in modo da assicurare la presenza di tutte le Regioni nel Consiglio di sicurezza senza creare una classe di privilegiati.

PERA, Presidente del Senato. Presidente Musharraf, l'unica cosa che vorrei dirle, è che lei è anche uno degli ambasciatori più persuasivi del suo Paese, nel nostro Paese, in Italia. La ringrazio per questo suo intervento che è stato di grande stimolo per tutti noi.



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