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Mercoledì 20 Gennaio 2010 alle ore 16:04

317ª Seduta pubblica

Comunicato di fine seduta

Il Senato ha approvato la Relazione sull'amministrazione della giustizia svolta dal Ministro Alfano, che ha aperto il suo intervento con un ringraziamento al Presidente della Repubblica per la saggezza dimostrata nei suoi interventi sulla materia e con la sottolineatura degli straordinari risultati conseguiti dal Ministero all'Aquila, in esito al terremoto del 6 aprile scorso. Tra le iniziative assunte per restituire efficienza al sistema giudiziario, il Ministro ha richiamato il Piano nazionale di diffusione delle Best Practices che consentirà di attenuare differenze di rendimento che producono inaccettabili disarmonie di trattamento tra i cittadini. Altre proposte legislative tendono ad esprimere una nuova cultura della dirigenza degli uffici giudiziari attraverso una formazione specifica per i magistrati che aspirano al conferimento degli incarichi direttivi e a garantire la privacy dei cittadini in tema di intercettazioni. Il Ministro ha poi ribadito la validità, in tema di sedi disagiate, del divieto di destinazione dei magistrati di prima nomina all'esercizio di funzioni monocratiche ed ha sottolineato l'importanza delle disposizioni introdotte per assicurare risparmi di spesa e l'abbattimento dei tempi del processo, grazie in particolare all'anticipazione dell'entrata in vigore del processo telematico che completa la digitalizzazione della giustizia. Il Fondo unico della giustizia consente finalmente di ottimizzare la gestione anche sotto il profilo finanziario e gli accordi sindacali intercorsi esaltano la grande professionalità del personale amministrativo. Il Ministro Alfano ha inoltre dato conto dell'intensa attività internazionale del Dicastero nel corso del 2009 ed ha ricordato le innovazioni legislative intervenute nel medesimo lasso di tempo, dalla cosiddetta riforma del processo civile al pacchetto sicurezza e agli altri penetranti interventi sulla giustizia penale, ambito nel quale il Governo Berlusconi ha varato il più efficace e rilevante pacchetto di norme antimafia dai tempi successivi alle stragi di Capaci e di via D'Amelio. Svanito l'illusorio effetto dell'indulto del 2006, il Governo ha dovuto dichiarare lo stato di emergenza nelle carceri ed ha deciso un Piano fondato sulla costruzione di 47 nuovi padiglioni e successivamente di 8 nuovi istituti, sulla possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua, sulla messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni che potranno svolgere lavori di pubblica utilità e infine sull'assunzione di 2.000 nuovi agenti di Polizia penitenziaria. Gli obiettivi per il 2010 possono essere così riassunti: piano di smaltimento dell'arretrato civile; soluzione del problema dei vuoti di organico nelle sedi sgradite ai magistrati; riforma della magistratura onoraria; riforma dell'Avvocatura; legge sulle intercettazioni; riforma del processo penale; ddl sulla ragionevole durata del processo penale; deleghe del processo civile, tra le quali la semplificazione dei riti e la previsione dell'atto pubblico informatico; Tribunale della famiglia; ddl in materia di adozioni internazionali; introduzione nel codice civile del contratto di fiducia e del contratto informatico, attuazione del principio di sussidiarietà mediante un'organica riforma degli enti giuridici; nuovo piano antimafia; riscrittura di alcune fondamentali e strategiche regole costituzionali che, ferma l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, attribuiscano al giudice il ruolo centrale nell'esercizio della giurisdizione e garantiscano ad un separato ordine dell'accusa piena autonomia nell'esercizio dell'azione penale nonché nello svolgimento delle indagini, nel contempo affermando il binomio potere-responsabilità anche nell'esercizio della giurisdizione e ripensando la struttura, la composizione e la funzione del CSM, superando ogni equivoco su una malintesa ed inesistente sua funzione rappresentativa. Il Ministro ha espresso parere favorevole sulla risoluzione dei sen. Gasparri (PdL), Bricolo (LNP) e altri e sulla risoluzione dei sen. Pistorio (MPA-AS) e altri, ad eccezione della richiesta di revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Contrario il parere sulle altre risoluzioni presentate.

Nel corso del dibattito e delle dichiarazioni di voto finali sulle risoluzioni, per l'opposizione sono intervenuti i sen. Della Monica, Maritati, Perduca, Galperti, Chiurazzi, Poretti, Carofiglio (PD), Lannutti, Bugnano, Pardi, Belisario, Li Gotti (IdV) e Bianchi (UDC-SVP-Aut) che hanno manifestato la loro insoddisfazione per la Relazione del Ministro della giustizia, priva di una visione strategica e incapace di sviluppare un progetto organico rispettoso dei principi costituzionali cui l'ordinamento giudiziario dovrebbe conformarsi. In particolare sono stati evidenziati i forti ritardi nel processo di informatizzazione del sistema, la mancata riorganizzazione degli uffici giudiziari, l'assenza di misure per la deflazione dei riti, l'esiguità delle risorse stanziate, la mancata assunzione di personale e l'incapacità di qualificare quello esistente. Proprio nel giorno in cui il Senato ha approvato il ddl sul processo breve che decreta l'estinzione di migliaia di processi, la Relazione sancisce la condizione di collasso della giustizia, conferma l'indisponibilità ad affrontare i problemi più rilevanti, lascia inalterata la drammatica condizione in cui versano le carceri e il triste fenomeno dei suicidi tra i detenuti.

A sostegno della Relazione sono intervenuti i sen. Mugnai, Vizzini, Quagliariello (PdL), Divina, Mazzatorta (LNP) e Pistorio (MPA-AS), che hanno manifestato grande apprezzamento per l'attività svolta dal Ministro Alfano ed evidenziato gli straordinari risultati conseguiti dal Governo nel comparto della giustizia e sul fronte della lotta alla mafia e della sicurezza. Sottolineate in particolare l'iniziativa annunciata per la stipula di accordi internazionali volti a consentire la detenzione nei rispettivi Paesi d'origine di cittadini stranieri condannati in Italia e la posizione intransigente ed ulteriormente restrittiva in tema di regime di carcere duro.

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