Martedì 13 Ottobre 2015 - 522ª Seduta pubblica

(La seduta ha inizio alle ore 11:02)

Con 178 voti favorevoli l'Assemblea ha approvato con modifiche il ddl n. 1429-B, recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Costituzione. Il testo torna alla Camera dei deputati.

Nella seduta del 9 ottobre si è concluso l'esame degli articoli.

Nelle dichiarazioni di voto finali, i sen. Castaldi (M5S), Paolo Romani (FI-PdL), Calderoli (LN), Loredana De Petris (SEL), Campanella (Misto-l'Altra Europa con Tsipras), Cinzia Bonfrisco (CR) e Mario Mauro (GAL) hanno annunciato di non partecipare al voto per non legittimare una revisione costituzionale fondata su forzature, ricatti, mercimoni e trasformismi. Le opposizioni hanno posto l'accento sulle falsità che hanno accompagnato la riforma e hanno ricordato che il combinato disposto di Italicum e revisione costituzionale determina una concentrazione di potere enorme nella mani del premier, senza prevedere adeguati contrappesi. Un partito con il 25 per cento dei consensi, grazie al premio di maggioranza, controllerà il Parlamento ed eleggerà tutti gli organi di garanzia: Presidente della Repubblica, giudici della Corte costituzionale e componenti del CSM. Le modifica pasticciata e contraddittoria all'articolo 2, esito di un accordo tutto interno al PD, non risolve il problema dell'elettività del Senato, che viene trasformato in un dopolavoro di sindaci e consiglieri regionali. Nel processo di revisione è mancato ogni spirito costituente: sono state violate le norme regolamentari ed è stato impedito alle opposizioni di dare un contributo. In particolare, Movimento 5 Stelle ha ricordato le sue proposte: dimezzamento dei deputati, elettività dei senatori, maggiori garanzie per l'opposizione, eliminazione dell'immunità, decadenza per i parlamentari assenti, riduzione dell'indennità, soppressione dei vitalizi. Eminenti costituzionalisti hanno evidenziato i rischi di deriva autoritaria di una riforma che non serve a rendere più spedito il procedimento legislativo ma a concedere l'immunità alla classe politica più corrotta del Paese. Forza Italia ha ricordato che il patto del Nazareno, un accordo di metodo per varare le riforme istituzionali con spirito di condivisione, è stato tradito con l'approvazione della legge elettorale, l'elezione del Capo dello Stato e le distorsioni approvate nel passaggio alla Camera. Nella seconda lettura al Senato il Gruppo ha esercitato un'opposizione dura ma responsabile ad un testo contraddittorio, in cui la coerenza costituzionale è stata sacrificata in nome dell'unità del PD. La Lega Nord ha posto l'accento sugli imbrogli che hanno accompagnato una riforma varata con prepotenza e sostenuta da indicibili accordi massonici. SEL ha posto l'accento sulla dissoluzione dell'identità repubblicana nata dalla Resistenza e sul filo conduttore che lega la revisione costituzionale alle presunte riforme del lavoro, della scuola e della pubblica amministrazione. Da più di vent'anni la classe dirigente scarica i suoi fallimenti politici sulla Costituzione: il traguardo della revisione, voluta da Renzi e Verdini, è un assetto postdemocratico, retto dalla logica dell'uomo solo al comando, che sterilizza i principi fondamentali della Carta del '48. Secondo Conservatori e Riformisti il ddl è un feticcio per ottenere dai burocrati di Bruxelles il via libera ad un maggiore debito. Sarebbe stato preferibile abolire il Senato piuttosto che consegnarlo a una classe politica regionale che ha fatto esplodere la spesa pubblica. Un vero presidenzialismo, infine, avrebbe offerto maggiori garanzie. Secondo GAL la revisione costituzionale evidenzia una concezione proprietaria delle istituzioni, che aumenta la sfiducia dei cittadini, rendendo più fragile la democrazia e meno qualificato il processo decisionale. In dissenso dal Gruppo, hanno annunciato voto contrario i sen. Tocci (PD), Casson (PD) e Mineo (PD): il vero obiettivo della riforma è il cambiamento non dichiarato della forma di governo, con l'introduzione di un premierato assoluto privo di contrappesi. Il superamento del bicameralismo è pasticciato: il Senato non sarà né una Camera di garanzia né una Camera delle autonomie. La sen. Cattaneo (Aut), in dissenso dal Gruppo, ha annunciato l'astensione, dichiarandosi estranea ad un testo, elaborato in sede extraparlamentare e approvato per ragioni politiche contingenti, che trasforma il Senato in un ircocervo istituzionale. La sen. Bisinella (Misto-Fare), pur apprezzando le maggiori condizioni di autonomia per le Regioni virtuose, ha annunciato l'astensione, ritenendo che il coordinamento della finanza pubblica non possa essere di competenza esclusiva dello Stato. In dissenso dal Gruppo, i sen. Villari e Bocca (FI-PdL) hanno partecipato al voto.

Hanno annunciato voto favorevole i sen. Zanda (PD), Mazzoni (AL-A), Napolitano (Aut), Quagliarello (NCD) e la sen. Repetti (Misto-Insieme per l'Italia), che hanno ricordato i principali obiettivi del ddl: il superamento del bicameralismo perfetto e un riparto delle competenze che ponga fine al contenzioso tra Stato e Regioni. Secondo il Gruppo delle Autonomie occorre prestare attenzione alle preoccupazioni espresse in materia elettorale e sugli equilibri costituzionali. Secondo Area Popolare la seconda lettura in Senato ha sbiadito la logica della coalizione e l'equilibrio interno al PD è stato trovato a scapito dei contrappesi. Le garanzie non dipendono, infatti, dall'elettività del Senato, bensì dall'allargamento della platea degli elettori del Presidente della Repubblica, dall'istituzione di una Commissione di controllo sulla finanza pubblica, dal rapporto più stretto tra Parlamento e Authority. Pur ritenendo che la norma sull'elettività del Senato rappresenti una mediazione confusa e al ribasso, Alleanza Liberalpopolare considera un obbligo politico sostenere il Governo per evitare avventurismi e per essere coerenti con il patto del Nazareno. Secondo il PD il ddl attribuisce funzioni importanti al Senato, che dovrà occuparsi della questione meridionale a salvaguardia dell'unità del Paese. L'approvazione della riforma costituzionale dimostra alle cancellerie europee e ai mercati la serietà del Governo che otterrà margini di flessibilità sul bilancio. Secondo la sen. Bencini (Misto-IdV) le modifiche apportate consentono di superare criticità e incongruenze.

Prima della votazione finale, è stata approvata una proposta di coordinamento, presentata dalla sen. Finocchiaro (PD) che interviene sull'articolo 38, per specificare che il Presidente della Repubblica è eletto da ciascuna Camera e non dal Parlamento in seduta comune, e sull'articolo 39, per stabilire che entro 10 giorni dall'approvazione della legge elettorale per il Senato si può ricorrere al giudizio preventivo di legittimità costituzionale. Secondo i sen. D'Alì (FI-PdL), Crimi (M5S) e Loredana De Petris (SEL) la proposta di coordinamento, introducendo una modifica sostanziale, non avrebbe dovuto essere ammessa alla votazione.

La Conferenza dei Capigruppo ha approvato a maggioranza il nuovo calendario dei lavori fino al 22 ottobre. Domani alle ore 9,30 sarà svolta la relazione sull'andamento dei lavori della Commissione giustizia sulle unioni civili. Sarà discusso il testo base n. 2081 della sen. Cirinnà (PD). Alle ore 15,30 il Presidente del Consiglio renderà comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre. Martedì 20 ottobre inizierà la sessione di bilancio, alla cui conclusione saranno rinnovate le Commissioni.

Sono state respinte le proposte di modifica. Il sen. Giovanardi (AP) aveva proposto di sostituire il ddl sulle unioni civili con il ddl sulla prescrizione; il sen Gasparri (FI-PdL) di espungere dal calendario il ddl sulle unioni civili; i sen. Schifani (AP) e D'Ambrosio Lettieri (CR) di posticipare il ddl alla sessione di bilancio; il sen. Castaldi (M5S) di fissare l'approvazione del ddl entro il 15 ottobre.

(La seduta è terminata alle ore 20:12 )



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