Discorso d'insediamento del Presidente Giacomo Suardo (23 marzo 1939-28 luglio 1943)

Senato del Regno, tornata del 17 aprile 1939

Presidenza del Presidente Suardo

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Discorso del Presidente.

Giacomo SuardoPRESIDENTE. Camerati senatori, designato della benevolenza del Duce a questo alto ufficio, al quale la Maestà del Re Imperatore si è degnata di elevarmi, non posso nascondervi la profonda commozione che suscitano in me il convincimento di non aver titoli adeguati a così insigne onore e la piena consapevolezza delle gravi difficoltà e responsabilità che la dignità conferitami comporta. E più arduo mi appare oggi questo ufficio, ricordando gli eminenti uomini che lo hanno tenuto, da Gaspare Coller a Luigi Federzoni, al quale mando il più fervido e cordiale saluto. (Applausi).

Tuttavia abituato, in guerra ed in pace, alla severa disciplina dell'obbedienza ed allo scrupoloso adempimento dei miei doveri, vi affermo con assoluta certezza che nell'esercizio delle mie funzioni saprò spiegare tutto lo zelo e tuta la passione di cui sono capace, perché rimanga immutato il prestigio di questa alta Assemblea, che nessuna ombra offuscò mai nel lungo volgere dei tempi e nel molteplice mutare degli eventi, e che anzi si circonfuse di sempre più vivo splendore nelle grandi ore della storia del nostro Paese. (Applausi)

Istituto fondamentale del nostro ordinamento costituzionale, rimasto immutato nella sua struttura originario, il Senato, dopo 91 anni di vita, nei quali si compendia la gloriosa ascesa della nostra Nazione, dal Risorgimento all'Impero, può ben riguardare il lungo cammino percorso con la sicura coscienza di aver degnamente assolto il suo compito.

Chiamato ad esercitare una funzione che non avrebbe potuto essere - e non fu mai - statica, animato da una fede incrollabile nelle fortune della Patria, sempre devoto alla gloriosa Monarchia Sabaudo che della Patria è il più alto presidio, ligio per convinzione e per tradizione ai principi dell'ordine nazionale e sociale, il Senato, attingendo ispirazione alle virtù più salde, più vive e più operose del popolo italiano, fu in ogni circostanza pari al prestigio della sua funzione. E quando la Rivoluzione delle Camicie Nere - guidata da un Capo di cui soltanto la storia potrà misurare la eccezionale statura, tanto essa, alla luce degli eventi, giganteggia ogni giorno più - riconduceva l'Italia verso un destino di grandezza e di potenza fino al fastigio dell'Impero, il Senato, intuendo nella sua affinata sensibilità politica tutto il significato del fatidico evento, si trovava spontaneamente al suo posto. Ed in 17 anni, fedelmente ed instancabilmente, offriva al Regime fascista una collaborazione operosa e feconda, nata dal felice connubio della esperienza e della tradizione con una profonda comprensione dei tempi nuovi e della necessità di dare allo Stato ed ai suoi fondamentali istituti quegli originali ordinamenti che solo le grandi e vitali rivoluzioni sanno instaurare stabilmente, precorrendo ed anticipando con geniale dottrina l'inarrestabile corso degli eventi.

Comincia oggi per il Senato un nuovo ciclo di attività. Esso si inizia con una innovazione assai singolare nel funzionamento del nostro istituto che rimane sempre uno degli organi più importanti del Regime. La legge istitutiva della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, che costituisce la prima e originale soluzione al difficile problema "di dare una reale ed effettiva consistenza all'istituto della rappresentanza politica, attraverso un'Assemblea che rispecchia nella sua struttura" - come fu acutamente notato dal nostro relatore di quella legge - "anziché casuali, effimeri e contingenti raggruppamenti di individui, una istituzionale e solida organizzazione sociale", chiama il Senato a collaborare col Governo nell'alta funzione della formazione delle leggi con un metodo rispondente alla necessità di una sollecita e cosciente opera legislativa.

Quest'opera il Senato svolgerà in perfetta e coordinata armonia con la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, alla quale, sicuro interprete del vostro sentimento, invio un cordiale cameratesco ed augurale saluto, che indirizzo all'eroico Presidente di essa Costanzo Ciano. (Applausi).

Istituti diversi nella loro composizione - l'uno che rispecchia le forze vive della Nazione operante, l'altro le esperienze e le tradizioni - essi sono accomunati dall'identità delle funzioni e degli scopi, ma sopra tutto dalla identità della fede che li stringe con un legame, che è il più sicuro auspicio di un'opera feconda.

E' in quest'armonia d'intenti con la nuova Camera che il Senato darà al Governo la sua collaborazione con la consueta solerzia, con la tradizionale saggezza, con il più disinteressato zelo per il pubblico bene, e sopra tutto con immutata fedeltà al Duce (Vivissimi Applausi), il cui comandamento di fede, di disciplina, di combattimento avrà in questo Consesso la più pronta e leale obbedienza.

Camerati Senatori!

L'Augusta parola del Sovrano, nel constatare la difficoltà dei tempi che l'Europa attraversa ci ha ricordato che sono i tempi difficili quelli che rivelano il carattere dei popoli. I recentissimi avvenimenti confermano la profonda saggezza di quel monito, e dimostrano luminosamente, ove ancora ce ne fosse bisogno, con qual tempra sia stato forgiato il carattere del popolo italiano da tre guerre vittoriose e da una Rivoluzione trionfante, a qual grado di perfezione il Duce abbia portato la sua opera titanica, a quali superbe vette, sotto l'impareggiabile guida di Lui, l'Italia abbia la forza e il diritto di assurgere.

Da così significativo esempio traendo monito e incitamento, inauguriamo i nostri lavori con un rito che riassume ad un tempo le nostre tradizioni, le nostre aspirazioni e la nostra fede:

Saluto al Re!

Saluto al Duce!

(Il Senato risponde con un grido unanime seguito da vivissimi e generali applausi).

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