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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 75 (Nuova Serie), febbraio 2024

Conversazioni

Dialogando con Flavia Piccoli Nardelli, presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI)

Dopo le 'conversazioni' col mondo scientifico e associativo, la nostra rubrica si arricchisce del contributo di un'associazione non di singoli studiosi o professionisti, bensì di enti: gli istituti culturali privati rappresentati dall'Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI), costituita nel 1992 per «tutelare e valorizzare la funzione delle Istituzioni di cultura, nelle quali la Costituzione della Repubblica riconosce una componente essenziale della comunità nazionale» (art. 2 dello Statuto).

Ringraziamo per il testo l'attuale presidente AICI, l'on. Flavia Piccoli Nardelli, già attiva alla Camera dei deputati nelle legislature XVII e XVIII, in particolare nella Commissione Cultura, scienza e istruzione, di cui è stata presidente dal 21 luglio 2015 al 22 marzo 2018.

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1. Qual è lo stato di salute delle istituzioni culturali che l'Associazione rappresenta?

Se si considerano le grandi difficoltà del recente passato, oltre a quelle del presente, nel complesso si può affermare che gli istituti culturali italiani, soprattutto gli istituti privati, che sono quelli rappresentati all'AICI, godono di buona salute. Questo, malgrado gli shock subiti: la pandemia, in primo luogo, dato che le chiusure protrattesi per quasi due anni hanno penalizzato le fondazioni, le accademie e gli istituti, che sono essenzialmente luoghi di scambio e di confronto; luoghi che ospitano archivi e biblioteche di grande valore, aperti agli studiosi, dove si svolgono convegni, seminari e incontri di vario genere. In quei mesi, peraltro, gli istituti non si sono fermati: anzi, ciascuno di essi, secondo le proprie inclinazioni e le proprie risorse, ha continuato a lavorare, avvalendosi largamente delle tecnologie che consentono la comunicazione a distanza, e comunque non rinunciando a svolgere il ruolo di attori di reti sociali e culturali. Non va sottovalutata neanche l'altra grave criticità, dovuta all'aumento dei costi di gestione, connessi all'impennata dei prezzi dell'energia, conseguenza inevitabile dell'invasione russa dell'Ucraina. È stato un altro duro colpo per istituti, che, grazie alla generosità di chi ci lavora (e dei moltissimi volontari) realizzano una mole di attività di dimensioni e qualità molto superiori alle limitate risorse effettive di cui dispongono.

Anche in questo frangente, si è riusciti a fare fronte a queste criticità, ma non mancano preoccupazioni per il futuro, soprattutto per quello che riguarda, per l'appunto, i finanziamenti di parte pubblica. Al momento la tabella recante gli importi dei contributi statali erogati con cadenza triennale dal Ministero della cultura agli istituti culturali (art. 1 della legge n. 534 del 1996 [Nuove norme per l'erogazione di contributi statali alle istituzioni culturali, ndr]) è in fase di rinnovo e, come già è avvenuto in passato, l'incertezza sulle cifre e sui tempi di attuazione (è auspicabile che al momento della pubblicazione di queste considerazioni lo schema di tabella sia pervenuto all'esame delle Commissioni parlamentari competenti, per il prescritto parere) rende molto problematica la programmazione delle attività per gli anni a venire. Il raccordo con il Ministero della cultura, da sempre estremamente positivo, è fondamentale per gli istituti, che, nella stragrande maggioranza, svolgono funzioni di conservazione, tutela, promozione, catalogazione e inventariazione di un ricchissimo patrimonio bibliografico, archivistico, documentario e museale. Si tratta di funzioni di pubblico interesse, che costituiscono il presupposto del contributo dello Stato, delle Regioni e dei comuni, nonché dell'Unione europea, agli istituti culturali, indispensabile per assicurare la continuità della loro esistenza.

2. Quali sono le iniziative con cui l'Associazione, e l'attuale Comitato esecutivo in particolare, si propone di valorizzarle?

Più che valorizzare, occorre rappresentare gli istituti, che costituiscono un segmento importante di un 'sistema' cultura, un sistema nel quale non solo si incontrano pubblico e privato in un quadro di effettiva sussidiarietà, ma nel quale opera una pluralità di soggetti, con caratteristiche diverse e con diverse finalità, pur orientate alla realizzazione dell'unico scopo di tutelare, censire, promuovere, valorizzare lo straordinario patrimonio del nostro paese. L'importante è che a tutte le parti di questo complesso insieme vengano riconosciute pari dignità e pari diritti, presupposto di ogni collaborazione. E l'AICI è impegnata a valorizzare la peculiarità di una rete particolarmente estesa (oggi conta più di 160 soci) di istituzioni che costituiscono una vera ricchezza per il paese.

Oggi, in particolare, gli istituti di cultura si interrogano circa il rapporto con il Terzo Settore. Molti istituti hanno già formalizzato la loro adesione mediante l'iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS), mentre altri si interrogano sui vantaggi e sugli svantaggi di una simile scelta. L'AICI non ritiene di doversi pronunciare in un senso o nell'altro, poiché si tratta di un'opzione che riguarda i singoli istituti, ma è impegnata a fare sì che l'appartenenza al Terzo Settore non diventi un elemento discriminante, tale, ad esempio, da comportare l'esclusione dai bandi delle autorità pubbliche per gli enti che ne siano iscritti al RUNTS. A tal fine, abbiamo considerato con interesse la proposta, emersa a suo tempo anche in seno alla dirigenza del MiC, di un albo degli istituti culturali, istituito presso tale dicastero, che equiparasse gli iscritti agli enti del Terzo settore. Su questi temi svolgeremo un seminario a Torino, ospiti del Polo del '900, nel mese di febbraio. Un altro tema di riflessione sugli assetti dell'organizzazione della cultura nel nostro Paese e sul ruolo dei singoli attori riguarda l'industria culturale e creativa, oggetto di una recente legge [la legge 27 dicembre 2023 n. 206, Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy, che dedica a questo tipo di imprese gli artt. 25-26, ndr] la cui applicazione sarà attentamente monitorata dalla nostra associazione.

Poste queste premesse, sono molteplici le iniziative che l'AICI ha messo in campo, per la promozione e la valorizzazione degli istituti. Anzitutto, occorre sottolineare che una maggiore capacità di rappresentanza implica anche una crescita della capacità di elaborazione, di proposta e di iniziativa. Questo significa anche sviluppare sinergie e collaborazioni. A tale proposito, ricordo che, sulla base di una convenzione quadro siglata con il CNR nel luglio 2022, l'AICI partecipa al progetto "Portale delle fonti per la storia della Repubblica italiana", ormai in fase di avanzata realizzazione [cfr. Roberto Palaia, Portale per le fonti della Repubblica: un progetto di ricerca coordinato dal CNR, "Analysis", 2023, n. 2, pp. 18-21, ndr]. Sono finora quattordici gli istituti dell'AICI che, sulla base della convenzione quadro, hanno stipulato intese operative con il CNR, al quale fa capo il progetto (nel quale sono coinvolti l'Archivio storico del Quirinale, l'Archivio centrale dello Stato e le Biblioteche e gli Archivi storici di Camera e Senato), rendendo disponibili importanti fondi archivistici, che verranno digitalizzati e resi fruibili al pubblico.

A luglio dell'anno scorso abbiamo inoltre siglato un accordo con la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, al fine di realizzare percorsi formativi per il personale degli istituti. Si tratta di una iniziativa molto importante, poiché attualmente, come peraltro è emerso nella Conferenza nazionale che abbiamo svolto a Brescia a novembre 2023, gli istituti incontrano non poche difficoltà nel fare fronte alle sfide poste dall'innovazione tecnologica, in particolare per quanto riguarda la digitalizzazione del patrimonio. La formazione del personale svolge, per questo aspetto, un ruolo strategico: sia per quanto riguarda le professioni tradizionali (archivisti, bibliotecari, amministratori) sia per quanto riguarda le nuove professioni, legate al management, al digitale e e alla comunicazione, e che rappresentano spesso un territorio ancora in larga misura da esplorare.

L'AICI sta realizzando una ricerca sul fabbisogno formativo del personale degli istituti, che sarà la base per la messa a punto di diversi percorsi. È una ricerca che si svolge nel contesto di un più ampio lavoro di censimento anagrafico dei nostri istituti: ormai siamo molti, e, soprattutto, siamo molto eterogenei, per ambiti disciplinari, dimensioni, forma giuridica. Ma possiamo dire, non senza una punta di orgoglio, che la dimensione della rete e della collaborazione prevale sulle differenze che, a loro volta, lungi dal costituire un problema, sono una autentica ricchezza, proprio per quello che l'AICI è e si propone di essere: uno spazio di pluralismo, di libertà e di autonomia, secondo il dettato e lo spirito della Costituzione repubblicana.

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